C’è un’espressione che descrive molto bene un atteggiamento fin troppo comune tra i nostri dirigenti pubblici. Quell’espressione è “burocrazia difensiva” e richiama tutti quei comportamenti che, impedendo di passare all’azione, limitano il rischio di commettere un errore ma bloccano, allo stesso tempo, ogni tipo di innovazione. Un esempio? Quando non si interfacciano le basi di dati e si chiedono ai cittadini informazioni che la PA dovrebbe già possedere; o quando si pretende un doppio canale – digitale, ma anche cartaceo – per i documenti, perché “non si sa mai”.
Confusione legislativa e bulimia regolatoria sono tra le cause principali di questa mala pianta: se non è chiaro cosa fare meglio stare fermi, agendo solo nel caso in cui le novità diventino obbligatorie e ne sia sanzionata la negligenza. Come uscire da questo circolo vizioso? Evitando di sfornare nuove leggi, spesso poco comprensibili, e introducendo invece delle linee guida chiare e condivise, che rassicurino i funzionari spingendoli ad agire perchè rassicurati dal fatto che, rispettando queste indicazioni, non potranno essere chiamati in giudizio.
Anche nel nuovo CAD, che pure fa dei decisi passi avanti, manca questo salto decisivo: indicare con la legge solo i principi fondamentali e passare poi la mano a “istruzioni per l’uso” che accompagnino i funzionari sulla strada dell’innovazione.