Nello sport ho sempre apprezzato più la tecnica rispetto all’uso della forza. Forse perché immedesimandomi nel gioco delle parti, non avrei potuto fare altrimenti. Tra gli sport che mi hanno sempre affascinata ci sono le arti marziali. L’abilità di usare astuzia e tecnica per destabilizzare l’altro. E immagino quanto dia infinitamente fastidio trovarsi a terra in una frazione di attimi, senza capire perché.
Il FOIA che ha delineato questo Governo rischia di provocare lo stesso fastidio. Da una parte afferma un principio sacrosanto, quasi dal sapore salvifico per la nostra società troppo spesso immersa in scaldali. Parlo del principio secondo cui le scelte di chi amministra la cosa pubblica non devono essere insindacabili, oscure, arbitrarie e segrete. Viene quindi data ai cittadini la garanzia dell'”accesso universale” agli atti: la possibilità di prendere visione degli atti che la pubblica amministrazione produce senza anteporre un interesse legittimo. Questo incentiverebbe un civismo necessario, con cittadini che da semplici destinatari di servizi, possono più facilmente diventare anche controllori: un grosso aiuto per la lotta alla corruzione, all’abuso e allo spreco economico.
Proprio per questo la norma deve essere chiara e limitare al massimo l’arbitrio della pubblica amministrazione nel cedere documenti o negarli. Questo può avvenire escludendo la via più semplice che ha scelto il Governo: quella del silenzio diniego. Ecco il fastidioso colpo da KO di questo FOIA.
La necessità di riformulare il testo a partire da questo aspetto, riscontrata anche dall’ANAC nella recente audizione alla Camera, è a tutela del cittadino che fa richiesta, che deve essere consapevole della ragione di un eventuale diniego. Ed ha anche una ragione logica: come si può pensare di intentare un ricorso al Tar per l’impedimento nell’accesso a dati della PA se non si conosce nemmeno la probabilità che questo si concluda positivamente?
Auspico dunque, che in seguito a tutte le sollecitazioni che in questi giorni il governo sta ricevendo sul FOIA, ci sia un maggiore impegno da parte della ministra Madia a modificare la norma, delimitando in modo chiaro quali dati la pubblica amministrazione può concedere e quali no. Negare il rilascio di dati qualora si tratti “di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti” o “interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali” può voler dire potenzialmente tutto e niente.
Non vorremmo che, come avviene nello sport, ci sia un abuso di una posizione di forza (in questo caso negando un diritto), o peggio, con astuzia, si lasci intendere una rivoluzione, e si conceda solo un tonfo per terra.