Per capire come la rivoluzione digitale nella Pa possa andare storta, nonostante i buoni propositi, basterebbe studiare l’esempio dello Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP). E da qui capire che non è possibile cambiare la Pa senza una strategia centralizzata a livello nazionale e regionali.
Il SUAP nasce sotto i migliori auspici nel 1998. L’idea era semplice e corretta: creare un procedimento e interlocutore unico per le istanze portate avanti dalle imprese.
Purtroppo, a quasi 15 anni dalla sua introduzione (e numerose revisioni dell’impianto originario), i risultati non sono stati all’altezza delle aspettative. Gli enti locali – non solo quelli di piccole dimensioni – si sono, infatti, trovati spaesati e impreparati rispetto al cambiamento. A conferma, pochi giorni fa Unioncamere ha chiesto di monitorare l’effettivo funzionamento del SUAP.
Tra le principali difficoltà riscontrate, si possono citare:
· La difficoltà quasi unanime di integrazione tra il front e il back office del SUAP. La normativa ha, infatti, indotto i comuni a digitalizzare il front end mentre i sistemi di back end non si sono evoluti con il risultato che in molti casi è addirittura aumentato il costo di gestione della singola istanza, a causa della necessità di gestire due fasi: quella digitale e cartacea;
· L’impreparazione del personale addetto al SUAP rispetto alle tecnologie informatiche;
· L’assenza di procedure e modulistica standard, in grado di facilitare la fase di progettazione del sistema di interazione con l’utenza con riferimento ai numerosissimi procedimenti che caratterizzano l’attività del SUAP;
· La difficile gestione dei rapporti con le rappresentanze locali di enti centrali (coinvolti nel procedimento), che spesso hanno ostacolato la condivisione di dati con i comuni nel timore di perdere identità e ruolo.
Peraltro anche il legislatore ha fatto del suo meglio per rendere ancora più difficile l’esercizio del SUAP da parte dei comuni: in alcuni casi, sono state, infatti, approvate norme che escludono o intralciano l’attività dello Sportello Unico delle Attività Produttive; in altri, il Governo ha varato provvedimenti complessi senza tenere conto delle implicazioni organizzative e gestionali per gli enti locali e pubbliche amministrazioni coinvolte nel SUAP.
Lo stesso mondo dell’utenza non ha agevolato le attività di SUAP. Le imprese si sono trovate in difficoltà, soprattutto a causa della loro ben nota ridotta familiarità con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Un dato per tutti: molti call center attivati dagli enti locali si sono trovati a gestire problematiche sollevate dagli utenti del tipo “La firma digitale non funziona”! D’altro canto, non sono stati infrequenti i casi in cui gli intermediari – professionisti incaricati di supportare le imprese dal punto di vista tecnico – hanno cercato di ostacolare l’introduzione e/o la piena affermazione del SUAP per il timore di perdere il loro ruolo: della serie, la complessità giustifica la nostra presenza e qualunque azione che vada nella direzione della semplificazione deve essere ostacolata.
È chiaro che questa situazione non appare più sostenibile. È assolutamente necessaria un’inversione di rotta soprattutto per un Paese che ambisce a rimanere nel cosiddetto G7. Una prima consapevolezza da cui partire è che tali difficoltà non possono essere affrontate semplicemente con atti legislativi. È invece necessario, per non dire indispensabile, un “progetto Paese” di supporto al cambiamento – direbbero i tecnici di change management -. A questo proposito, è opportuno intervenire su piani diversi. A livello nazionale, per definire modelli operativi di interazione tra comuni e sedi locali di enti centrali così da facilitarne la relazione nella gestione del procedimento e rendere chiaro e univoco il da farsi. A livello regionale, per la standardizzazione dei procedimenti, definendo quindi linee guida operative chiare per i comuni, che fino ad oggi sono stati lasciati liberi di individuare le modalità di gestione del singolo procedimento, con il risultato che la stessa istanza in due comuni limitrofi poteva seguire percorsi anche molto diversi e ottenere un riscontro dal SUAP differente. Sarebbe, infine, molto importante che venissero definite delle linee guida rivolte ai comuni per l’introduzione di sistemi informativi finalizzati alla dematerializzazione dei processi interni; in questo modo, si faciliterebbe di molto il processo di integrazione tra back e front office.
Insomma, a differenza del passato, comuni e rappresentanze locali di enti centrali non possono essere lasciati soli nella fase di attuazione di un progetto importante e complesso come il SUAP. Guardando al prossimo futuro, dobbiamo, ad esempio, sperare che la costituenda Agenzia Digitale giochi un ruolo importante in questo importante processo. Le imprese e il sistema socio-economico italiano hanno bisogno di un SUAP efficiente ed efficace: anche da qui, passa il progetto di rilancio di un Paese che deve a tutti i costi di ridurre il peso della burocrazia nei confronti delle imprese e di fornire risposte chiare in tempi certi. Altrimenti saremmo di fronte all’ennesimo caso emblematico, che condensa effetto annuncio, indifferenza alle procedure di attuazione e messa al regime del provvedimento, ma non lo voglio proprio sperare…