Usabilità

Noci (Polimi): “Perché è così difficile avere buoni siti della PA”

Lavorare in modo strutturato sull’usabilità di un sito richiede il coinvolgimento di utenti interni e/o esterni come sperimentatori, magari il ricorso a esperti in ergonomia cognitiva, e quindi uno sforzo organizzativo e tecnico non irrisorio. E costoso. Ma c’è un primo seme di cambiamento: l’iniziativa del Gruppo di Lavoro sull’Usabilità, con Pa, università e privati

Pubblicato il 27 Giu 2013

Giuliano Noci

Politecnico di Milano

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Secondo i dati dell’Osservatorio eGovernment 2011 del Politecnico di Milano, se tutti i 16,5 milioni di certificati anagrafici prodotti annualmente dalle PA fossero erogati online, la PA risparmierebbe 90 milioni di euro ogni anno. Siamo vicini all’obiettivo? Purtroppo no: se a livello di disponibilità di servizi online, ormai, l’Italia si sta avviando verso una digitalizzazione estensiva dei servizi di base, il livello di penetrazione dell’eGovernment nel nostro Paese è molto al di sotto della media europea. E’ un problema di distanza dalla rete e dalla tecnologia dei nostri connazionali? Non credo: abbiamo, ad esempio, circa la metà della popolazione iscritta a Facebook e il mondo guarda al nostro Paese come uno dei mercati mobile più evoluti al mondo. E, d’altro canto, l’acquisto di biglietti del treno o la consultazione di bollette elettriche online sono entrati nelle nostre consuetudini. Perché non dovrebbe accadere lo stesso con uno stato di famiglia o con il pagamento di una retta scolastica?

Se il problema non è dunque lato-domanda, è una questione di offerta: i siti della PA sono infatti spesso troppo difficili da consultare, o sono facili da usare, ma è difficile trovare il sito/servizio che interessa all’utente. Insomma, il problema è di usabilità, intesa come facilità di utilizzo di un sito/servizio: questa risponde a logiche complesse di ergonomia e psicologia cognitiva che, nel tempo, sono state sempre più codificate, almeno per sommi capi, portando a risultati molto interessanti. Un esempio: l’eccessivo ricorso ai banner per fini pubblicitari ha fatto sì che oggi l’utente medio non nota o ignora il contenuto dei banner; vi sono, a questo proposito, evidenze piuttosto interessanti: lavorando sugli analytics del sito, la Provincia di Brescia ha notato che il banner che promuoveva la guida ai servizi della sezione “caccia e pesca”, seppur molto evidente, non era cliccato. Trasformando il banner in link testuale, la pagina della guida ai servizi ha visto immediatamente la triplicazione delle visite e, contemporaneamente, l’abbattimento delle chiamate al call center provinciale per richiesta di informazioni sui servizi di caccia e pesca. Come a dire: con un po’ di sensibilità al comportamento dell’utente e piccoli interventi, si possono raggiungere risultati davvero notevoli.

Lavorare in modo strutturato sull’usabilità di un sito richiede, tuttavia il coinvolgimento di utenti interni e/o esterni come sperimentatori, magari il ricorso ad esperti in ergonomia cognitiva, e quindi uno sforzo organizzativo e tecnico non irrisorio, spesso accompagnato da costi di realizzazione non trascurabili. Non a caso, nel tempo, si sono sviluppate numerose metodologie di analisi dell’usabilità dei siti che mirano a minimizzare i costi. Ma, indipendentemente da ciò, nelle nostre PA, ottenere un budget anche molto limitato per lavorare sull’usabilità è ancora un’impresa ardua. Si dirà: la spending review. In realtà, il problema è più profondo, legato a una distanza culturale della dirigenza della PA dai temi dell’usabilità, perché i ritorni su un buon investimento in usabilità sono potenzialmente enormi: l’ASL Torino 2, introducendo analisi di usabilità nella progettazione dei servizi di refertazione virtuali, con 3.000€ di intervento una tantum ha creato un risparmio netto di circa 90.000€/anno nella gestione del processo (meno chiamate ai call center, minore necessità di presidio dell’URP, ecc.).

Ma a che punto siamo con l’usabilità nei siti della PA? In una recente indagine del Dipartimento della Funzione Pubblica, emerge come in un campione di oltre 300 PA, il 72% dei rispondenti ha affermato di aver avviato o di avere in programma di avviare un piano per l’usabilità dei propri siti. Un risultato apparentemente positivo, ma su cui è opportuno fare dei distinguo: se da un lato è incoraggiante che molti enti piccoli e piccolissimi, in tutta Italia, raccontino di esperienze di coinvolgimento degli utenti per il miglioramento dell’usabilità dei siti, dall’altro la maggior parte di questi interventi è piuttosto aspecifico e ad ampio (eccessivamente ampio) spettro, volto a un generico “miglioramento della presentazione dei contenuti” nelle pagine-chiave del sito, e, soprattutto, effettuato solo a fronte di modifiche funzionali profonde, e non come attività periodica volta al miglioramento continuo.

E, soprattutto, leggendo nel dettaglio le descrizione degli oltre 240 casi di intervento di usabilità raccolti, è possibile cogliere come il concetto di usabilità percepito dalle nostre PA sia molto spesso sovrapposto a (e quindi confuso con) quello di accessibilità, utilità del servizio o suo livello di utilizzo. E’ evidente, quindi come sia necessaria un’opera di sensibilizzazione culturale, di omogeneizzazione del lessico e degli approcci all’usabilità, e di condivisione di buone pratiche e risultati sul tema. A questo proposito, segnalo con piacere che il Dipartimento della Funzione Pubblica ha lanciato un Gruppo di Lavoro sull’Usabilità (GLU) cui partecipano decine di PA centrali e locali, università e privati, che ha sviluppato un protocollo esplorativo per aiutare le PA a individuare i problemi di usabilità dei propri siti, oltre all’indagine estensiva di cui si parlava in precedenza. Un’iniziativa interessante, anche perché volontaristica e senza budget, eppure in grado di produrre due risultati concreti, interessanti e utili. Nella speranza che questo seme possa portare a frutti all’altezza del potenziale, perché una PA più usabile è una PA più efficiente internamente e per i propri cittadini, un vero motore per la ripresa.

Per informazioni sul lavoro del GLU: http://www.funzionepubblica.gov.it/glu.aspx

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