dl semplificazione

Nuova governance digitale, vecchio caos: qualche spunto per innovare davvero la PA

Nonostante sia positiva l’iniziativa di affidare la gestione dell’Agenda digitale a una struttura inquadrata nella Presidenza del Consiglio, il DL semplificazioni non risolve il caos della governance. Ecco qualche spunto, mutuato anche dal campo dell’ingegneria, per realizzare gli obiettivi di digitalizzazione della PA

Pubblicato il 26 Feb 2019

Alessandro Osnaghi

Università di Pavia

digital-governance

Sembra che ci si sia resi conto che (come ho sempre pensato) la gestione dell’Agenda Digitale richieda l’esistenza di una struttura di competenza permanente inquadrata nella Presidenza del Consiglio. Come descritto nel Dl Semplificazioni.

Anche se le modalità con cui oggi viene creata, per trasferimento di attività, risorse e compiti preesistenti, elude la necessità di definirne i compiti. Se si crea una nuova funzione mi sembra necessario sapere per fare che cosa. In Italia tutti coordinano o osservano e nessuno fa.

Nel modello di governance che auspico, tale struttura ha un preciso compito che consiste nell’individuare i progetti da sviluppare per realizzare gli obiettivi politici dell’Agenda.

Come in altri campi dell’ingegneria anche in quello informatico lo strumento con cui è possibile individuare e istituzionalizzare un progetto innovativo valutando le alternative implementative e predisponendo gli interventi normativi e finanziari necessari ha un nome: si chiama Studio di fattibilità.

Il compito della struttura creata presso la PCM dovrebbe essere esclusivamente quello di produrre gli Studi di fattibilità dei progetti dell’Agenda digitale e per poterlo eseguire deve essere dotata delle competenze e delle risorse necessarie per produrli eventualmente anche avvalendosi di terzi. Grazie alle conclusioni dello studio il Governo sarà in grado di assegnare progetti ai soggetti incaricati della implementazione.

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Per governare il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione servono infatti strumenti e modalità operative che, pur presentando aspetti peculiari dovuti alla specificità delle tecnologie informatiche e alla natura pubblica e istituzionale dei soggetti coinvolti, per molti versi sono comuni a tutti i progetti di ingegneria.

Da quando 20 anni fa anche in Italia si cominciò a parlare di amministrazione digitale i governi che si sono succeduti non hanno saputo darsi adeguati strumenti per governare questa complessa trasformazione. Si è sempre provveduto con interventi episodici non inseriti in un disegno complessivo generando la situazione caotica attuale, definita da alcuni una governance da manicomio. In pratica una totale assenza di governance con la conseguenza che, come sappiamo, il Paese continua ad occupare stabilmente in questo campo posizioni da terzo mondo.

Strumenti di governance diversi per progetti diversi

I progetti attuativi dell’Agenda digitale sono accomunati dal fatto che si tratta di progetti innovativi che impiegano tecnologie nuove e che non sono mai stati realizzati prima (un aspetto mai abbastanza considerato nelle sue implicazioni) ma non hanno tutti gli stessi requisiti di governance: alcuni comportano infatti sviluppi a carico di singole amministrazioni centrali o locali, altri comportano sviluppi a carico di tutte le amministrazioni centrali e locali coinvolte nella stessa tipologia di servizi, altri ancora richiedono la realizzazione di servizi di piattaforma a beneficio di tutte le amministrazioni.

Gli strumenti di governance sono con tutta evidenza diversi per i progetti delle diverse categorie. Nel caso dei progetti single-agency (che non hanno dipendenze implementative da altre amministrazioni) ciascuna è in teoria responsabile della realizzazione. Si tratta tipicamente di progetti di adeguamento a nuove norme che non richiedono una governance esterna, anche se prima o poi dovrà essere affrontato il tema della ineguale capacità progettuale e realizzativa di molte amministrazioni locali.

Il tema della responsabilità nei progetti multi-agency

Nel quadro istituzionale vigente, in mancanza di un modello di governance e di strumenti di coordinamento efficaci tra le amministrazioni, i progetti multi-agency non hanno speranza di successo. E infatti possiamo considerare falliti tutti quelli finora attivati.

Per questi progetti è necessario e fondamentale introdurre un modello di governance che presupponga in primo luogo che il Governo individui tra le amministrazioni coinvolte quella cui sarà attribuita la integrale responsabilità del progetto esecutivo a partire dal coordinamento delle attività delle altre amministrazioni in tutte le successive fasi progettuali: implementazione, dispiegamento e come ho proposto in precedenti scritti anche l’esercizio a tempo indeterminato. Personalmente non vedo altra possibilità che assegnare la totale titolarità di questi progetti alla amministrazione centrale di riferimento dotata di portafoglio e così successi e insuccessi potranno avere nome e cognome.

Ruolo e competenze di Agid

La realizzazione di piattaforme universali, invece, non implica il coinvolgimento delle amministrazioni nello sviluppo e nell’esercizio ma solo nelle fasi di integrazione e la decisione di attribuire lo sviluppo e l’esercizio di queste piattaforme ad una società che fa capo alla Presidenza del Consiglio e costituita a questo fine appare una soluzione praticabile purché non si replichino inutilmente piattaforme analoghe di uso comune per i servizi privati, ma ci si domanda perché non la si applichi a tutte le piattaforme e ad esempio SPID resti di competenza di AgID.

Il decreto Semplificazione sottrae competenze a AgID il cui ruolo resta confuso e deve essere ridefinito e consolidato. Una struttura di supporto con compiti di natura tecnica, che non sia coinvolta in responsabilità di progettazione e di esercizio, è imprescindibile e di fondamentale importanza.

In conclusione, nonostante qualche buona intenzione il caos resta: sarà per un’altra volta!

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