Nel nuovo governo (del cambiamento) non c’è traccia di un ministro con delega al digitale, o meglio all’innovazione digitale, che possa trainare la trasformazione in atto e tramutarla in occasione politica o meglio in occasione per definire delle politiche sul digitale.
Sottosegretariati e politiche digitali
E non è la prima volta. Anche i governi precedenti potevano fare delle scelte più nette e non lo hanno fatto. Questa continuità (negativa) la dice lunga sulla lungimiranza di chi è chiamato a governare il paese e soprattutto a renderlo competitivo con le sfide che un millennio così complesso ci presenta.
L’ultima tornata di sottosegretari ha coinvolto qualche tecnico innovatore della cosiddetta ‘società civile’ come Fantinati o Giuliano, tanto per fare un paio di nomi fra quelli che masticano digitale.
Poco, tanto che sia, potranno occuparsi di politiche?
- Ovvero potrà Fantinati rivedere l’impianto Funzione Pubblica/Agid/Team digitale e renderlo oltre che snello anche operativo?
- Riuscirà Salvatore Giuliano a imporre non solo le tecnologie digitali già sperimentate ma soprattutto un approccio di metodo alla scuola dei millenials?
- E poi c’è il MISE con ben quattro sottosegretari che dovranno occuparsi del grande tema industriale (superiamo il nome Piano 4.0 e chiamiamolo Piano Industriale del Paese). Qui la sfida è terribile, da far tremare le vene e i polsi: energia, trasporti, riconversione industriale, banda ultra larga, eCommerce, digital content (tlc e tv), sharing economy, fintech, ecc. Insomma, il ministero che si occuperà di futuro.
Tutto il digitale del nuovo Governo: la delusione, le speranze, le priorità
Le scelte (e le nomine) per il futuro digitale
Per quanto attiene agli strumenti di governo, va anche considerato il pacchetto di nomine tecniche. Ovvero spetterà a questi signori influenzare scelte su Agenzie e Società di Stato che si occupano a vario titolo del tema digitale. Probabilmente sarà lo stesso Fantinati ad occuparsi del futuro di Agid e della sua eventuale riorganizzazione.
Agid, negli ultimi anni, ed il Team hanno (s)tentato di ricavarsi un ruolo anche fuori dal recinto della Pubblica Amministrazione, portando il Piano Triennale all’attenzione dei privati come opportunità di trasformazione digitale e di crescita anche per il settore produttivo.
Ma il vero problema non è cosa fare, ormai le idee sono chiare e sono condivise, ma come ed in quali tempi si fanno le cose. L’ultima fotografia del DESI ci inchioda ancora una volta in fondo alla classifica, quindi dobbiamo cominciare a vincere subito tutte le partite che restano, altrimenti sarà retrocessione secca, senza scorciatoia dei play-out. Possiamo permettercelo?
Persone giuste e velocità per trasformare la PA
La trasformazione digitale ha già cambiato le professioni, gli stili di vita, i mercati e le produzioni. Non ha ancora cambiato l’apparato pubblico, la scuola, la sanità e la giustizia (tanto per citare i principali rami della PA che non hanno completato lo switch-off al digitale).
Questi signori dovranno dunque metterci mano subito, scegliendo nuovi manager e dandogli obiettivi chiari di breve termine all’interno delle strategie definite sfruttando tutte le risorse che a livello centrale e regionale la programmazione 2014-2020 ha messo a disposizione.
Per la definizione di norme e strategie abbiamo già speso troppo tempo, sei versioni del CAD ed altrettante strategie nazionali (Piano di e-government, Piano paese, Crescita digitale, Piano triennale ICT, ecc.) sono sufficienti, non ne servono altre.
Evitiamo di ricominciare da capo, come se nulla fosse stato fatto prima, portiamo a compimento quanto già impostato ed in gran parte finanziato. Tutto è già stato detto, scritto e regolato. Ora bisogna solo darsi da fare, scegliendo le persone giuste e operando in velocità.