Politiche per creare nuovi posti di lavoro, soprattutto per i giovani e per favorire la nascita di nuove imprese e politiche a favore dell’ambiente per invertire la tendenza verso la catastrofe ambientale del pianeta, le scommesse su economia del riciclo e mobilità green, una PA finalmente sburocratizzata, rapida ed efficiente, processi di formazione centrate sui nuovi saperi e sui lavori di domani.
Queste alcune delle priorità che io vedo per la crescita del nostro paese; facile farne una lista, più difficile metterle in atto.
C’è però un elemento unificante che rende la loro attuazione non certo facile ma sicuramente possibile: l’innovazione tecnologica.
Siamo alle soglie di una rivoluzione, innescata dallo sviluppo combinato di nuove tecnologie nel settore ICT: 5G, Intelligenza Artificiale e blockchain stanno già producendo effetti in tutti i settori economici e nella vita dei cittadini. Ma sarà la loro combinazione a dare il via ad un nuovo salto tecnologico che favorirà nuove opportunità di sviluppo.
La rete capillare 5G ha caratteristiche quali la bassa latenza, la larghezza di banda e la capacità di gestire milioni di apparati per km2, grazie alle quali saranno realizzati servizi ad oggi solo immaginabili; gli algoritmi basati sull’intelligenza artificiale consentiranno di gestire e sfruttare la grande quantità di dati prodotta dall’Internet delle cose (IoT); la sicurezza in termini di integrità e proprietà dei dati sarà garantita dalla blockchain.
Queste tecnologie sono in grado di rivoluzionare ogni aspetto economico e sociale e favorire uno sviluppo sostenibile, a patto però che non siano vissute come politiche settoriali.
L’esempio virtuoso del Piano Bul
C’è in questo senso l’esempio virtuoso del piano BUL. La Strategia Nazionale Banda Ultralarga nacque nel 2014 con lo scopo di dotare il paese di una rete pubblica in fibra ottica e capillare per recuperare il ritardo nelle infrastrutture digitali, condizione necessaria per qualsiasi politica digitale. Questo obiettivo fu assunto come prioritario e posto sotto il governo di una cabina di regia a Palazzo Chigi.
Un piano di investimento importante, 5 miliardi circa di investimenti pubblici previsti, che si è sviluppato grazie ad un patto fra lo Stato centrale e le Regioni, con il quale sono stati condivisi obiettivi e risorse, attingendo ai fondi nazionali FSC e ai fondi FESR e FEASR. Come accaduto negli anni passati, quindi, è necessaria una regia centralizzata a Palazzo Chigi e sono indispensabili politiche di coordinamento fra ministeri da un lato, fra stato centrale, regioni enti locali dall’altro.
Due iniziative strategiche per il sistema Paese
Le politiche digitali hanno un effetto positivo solo se riescono a coinvolgere tutti gli strati economici e sociali, tutti i territori, altrimenti rischiano solamente di essere azioni, magari virtuose, ma con effetti limitati.
E soprattutto le politiche digitali hanno veramente senso ed efficacia se appartengono non ad uno o ad un altro schieramento ma al sistema paese. Immaginare di ripartire daccapo ad ogni cambio di fase politica renderebbe il nostro paese privo di ogni visione strategica e inaffidabile nei processi di collaborazione europei ed internazionali.
Due iniziative, in termini strategici, mi sembrano quelle da cui partire, in questo nuovo inizio di legislatura, una del governo, l’altra del parlamento.
La prima è quella del varo da parte di un governo di un nuovo Digital Act, che aggiorni la strategia digitale, fissi i nuovi obiettivi nazionali nel contesto europeo, segni la strada per l’affermazione nella P.A. e nel mercato delle nuove tecnologie, stabilisca il ruolo dello Stato in termini di politiche, di risorse, di garanzia e la relazione virtuosa con il mercato.
La seconda è una iniziativa che, riprendendo l’approccio della Commissione Rodotà voluta da Laura Boldrini, affronti le trasformazioni etiche, culturali, giuridiche che l’innovazione tecnologica porta con sé. Potrebbe essere ancora la Presidenza della Camera, visto il precedente, ad avviare questa iniziativa che dovrebbe assumere un doppio registro, nazionale ma soprattutto europeo, cercando sintesi condivise che a sua volta l’Europa deve condividere sul piano internazionale almeno con gli USA.
Credo necessaria infine l’assunzione di una iniziativa di confronto, prima in ambito europeo e poi in termini più ampi, per ridefinire il principio di net neutrality che viene profondamente modificato dal 5G. Questa potrebbe essere probabilmente la sede opportuna per definire in modo organico, compiuto e condiviso il tema dei dati, della loro natura, della loro utilizzabilità, del loro valore e del loro trattamento.
Almeno in una prima fase, probabilmente, le authority europee ed Icann potrebbero essere i soggetti che si assumono l’onere di un lavoro condiviso.