La trasformazione digitale pone l’Italia di fronte a una sfida epocale, come abbiamo raccontato.
Cosa ci si aspetta quindi dal nuovo Governo, pur nella consapevolezza che la “pietra filosofale” non esista in realtà? Proviamo a evidenziare alcune misure necessarie.
Nuovo Governo alle prese con la trasformazione digitale: tutte le sfide
Una delega al digitale sotto Luigi di Maio
Sarebbe auspicabile, intanto, che il nuovo Governo metta all’interno del Ministero dello sviluppo economico (o direttamente a Palazzo Chigi) un sottosegretariato al digitale, autorevole e riconoscibile, partendo dalla lezione derivante dall’esperienza recente costituita dalla convergenza tra Palazzo Chigi e il MISE sui temi della banda ultralarga e dell’industria 4.0. Ci sarebbe così un interlocutore unico capace di avere una strategia sul digitale, e di essere un punto di riferimento per l’industria, i mercati e le professioni: non si può delegare sempre e tutto alle Autorità garanti e poi lamentarsene.
Tavoli di consultazione e confronto
Contemporaneamente occorrerebbe attivare tavoli permanenti di consultazione di esperti – solo i migliori, veri, ed a titolo gratuito – che si parlino e confrontino sui temi dell’Intelligenza Artificiale, dell’uso dei dati, dei diritti, dei doveri e dell’etica dei servizi e dei prodotti del digitale e che forniscano generosamente a Governo e Parlamento prospettive, pongano problemi e trovino soluzioni. Sarà che sono reduce da una audizione parlamentare, come detto prima, innanzi alla Commissione Speciale dove ho riferito sulla bozza di decreto legislativo di armonizzazione dell’ordinamento nazionale al GDPR, e che ho trovato questa esperienza di confronto con il legislatore fonte di fiducia rinnovata nelle istituzioni, ma sono ancora più convinto della necessità che tutti, nella misura possibile e proporzionata ai propri mezzi, debbano contribuire al successo dell’azione del Governo dell’Italia, di qualunque colore esso sia. Lasciamo la contrapposizione e la dialettica politica ai politici, ai militanti e a tutti noi durante le campagne elettorali, ma poi torniamo tutti a servire lo Stato.
Un forte presidio a Bruxelles
Fondamentale è poi il presidio a Bruxelles. Qui la partita da giocare deve essere, come è ovvio, ai massimi livelli. L’Italia è Paese fondatore dell’Ue e sui temi delle telecomunicazioni, della privacy e del digitale ha sempre avuto un ruolo guida, appannato però dai modesti risultati economici del Paese. Abbiamo a Bruxelles uomini chiave come Roberto Viola, Giovanni Buttarelli e Bruno Gencarelli che non devono essere lasciati soli. Solo qualche settimana fa, invece, nel limbo del cambio di Governo siamo rimasti fuori dal gruppo europeo che ha stabilito una partnership per lo sviluppo della Blockchain, a cui hanno aderito 23 Paesi membri. Cose del genere non dovrebbero accadere mai.
Difendere il ruolo chiave dell’Italia
Una quindicina di anni fa, quando lavoravo per l’Autorità Garante per la privacy e spesso per lavoro mi trovato a Bruxelles, dovevo subire sistematicamente le battute dei colleghi nord e centroeuropei sull’allora Presidente del Consiglio Berlusconi. Indipendentemente dal mio orientamento politico e dal voto espresso negli anni, ho sempre pensato che chi offendeva il Primo Ministro dell’Italia di fatto offendeva il mio Paese e 60 milioni di miei concittadini, me compreso. L’Italia è un grande Paese con molti problemi, taluni atavici e sclerotizzati, ma è comunque un forte Paese produttore e consumatore al tempo stesso ed il nostro futuro e quello dei nostri figli dipende anzitutto dalle politiche che mettiamo in campo in questo delicato momento di cambiamento. Solo la conoscenza e l’esperienza delle persone di buona volontà possono contribuire al contrasto del logoramento e del deterioramento delle istituzioni che si riverbera poi nella gestione della cosa pubblica e delle imprese private. O si fa cosi, oppure dobbiamo dichiarare fallita l’esperienza di questo grande Paese che è l’Italia e rassegnarci a vedere emigrare molti di noi ancora all’estero.