Norme

Obbligo al Pos: i negozianti aumenteranno i costi ai clienti

Dal 30 giugno l’obbligo verrà esteso a tutti gli esercenti e per tutti i pagamenti, perché il Governo è in ritardo sui lavori per un decreto con cui avrebbe dovuto fissare alcune esenzioni. Ne verranno penalizzati i consumatori. In alcune categorie di prodotti i margini di guadagno sono inferiori ai costi di commissione bancaria, infatti

Pubblicato il 06 Mag 2014

Roberto Scano

già presidente Iwa, presidente commissione UNI e-accessibility

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Il tema di obbligo dei pagamenti con carta di debito anziché contante nell’ottica della riduzione dell’evasione è oramai croce e delizia di chi opera commercialmente a seguito del DL 179/2012 (decreto crescita 2). Ho già avuto modo di analizzare in queste pagine le motivazioni per cui l’uso del POS in taluni aspetti e per taluni importi comportasse un onere soprattutto per il tema dei micro-pagamenti, ricordando altresì che con gli attuali sistemi di pagamento vi sono sia dei costi fissi, sia dei costi in percentuale al valore del transato. In sintesi: chiunque effettui attività di vendita di prodotti e servizi ha – rispetto al contante – non solo un costo fisso ma anche un costo in percentuale al prodotto venduto.

L’allora Ministro dello sviluppo economico Flavio Zanonato, dopo svariate richieste tra cui quella dell’associazione IWA Italy, con il DM 20 gennaio 2014 “Definizioni e ambito di applicazione dei pagamenti mediante carte di debito”, ha evitato l’applicazione generalistica definendo un importo minimo (30 euro) sotto il quale non vi è obbligo di accettazione della transazione e un ambito di prima applicazione della normativa che limita l’obbligo del post sino al 30 giugno 2014 esclusivamente a coloro i quali hanno avuto un fatturato di oltre 200 mila euro nell’anno precedente. Il decreto ministeriale è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 gennaio 2014 ed è entrato in vigore il 28 marzo 2014.

Il problema però sorge dalla lettura combinata degli articoli 2 e 3 del DM citato. Difatti l’art. 3 al primo comma stabilisce che “Con successivo decreto, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto possono essere individuate nuove soglie e nuovi limiti minimi di fatturato rispetto a quelli individuati ai sensi dell’articolo 2 del presente decreto”. I 90 giorni scadono il 26 giugno 2014, ossia quattro giorni prima della scadenza della prima applicazione del DM 20 gennaio 2014 e ad oggi non ci sono notizie in merito di bozze di lavoro. Pertanto dal 30 giugno 2014 decadrà il termine di prima applicazione e il decreto sarà esteso a tutti gli operatori, con l’immediata conseguenza di costi fissi per tutti (che chiaramente saranno ricaricati nei prezzi di vendita generali, ossia sia verso coloro che pagheranno in contanti che quelli che pagheranno con carta di debito).

Recentemente vi è stato un ricorso al TAR del Lazio da parte dell’ordine degli Architetti per cui non è stata accettata la richiesta di sospensiva ma per il quale ora il TAR dovrà entrare nel merito. L’ordine degli architetti denuncia il fatto che il POS è una vera e propria gabella medioevale impropriamente e ingiustamente pagata a un soggetto privato terzo, le banche, che – oltretutto – non svolgono alcun ruolo, nel rapporto tra committente e professionista.

Per garantire la tracciabilità, infatti, vi sono altri strumenti tra cui il bonifico elettronico. È quindi nata la corsa alle offerte di POS alternativi, quelli per cui grazie ad accordi con compagnie telefoniche viene fornito un kit “mobile” per accettare pagamenti POS, ottimo e utile per le professionalità “itineranti” che però prevedono commissioni ancora più elevate rispetto a quelle solitamente fornite dalle banche. Ricordando che stante il divieto – ex articolo 15, comma 5, quater, Dl 179/2012 – di richiedere un sovraprezzo legato all’utilizzo di un determinato strumento di pagamento, non è possibile differenziare i prezzi al cliente, come giustamente fa presente il Consiglio Nazionale degli Architetti di fatto chiunque fornisce beni e servizi oltre a dover giustamente pagare le imposte, devono pagare anche un obolo agli istituti bancari sul loro fatturato, quello che all’epoca ho chiamato metaforicamente “pizzo digitale”.

Nel frattempo il 31 marzo 2014 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DM 14 febbraio 2014, n. 51, emanato dal MEF che detta regole sull’applicazione delle commissioni che gli esercizi commerciali pagano all’acquirer, per l’accettazione di pagamenti con carte di credito, debito e prepagate e che entrerà in vigore dal 29 luglio 2014 – ossia un mese dopo l’estensione dell’obbligo dei POS per tutti gli operatori economici. Il decreto prevede la trasparenza dei costi (con pubblicazione nei siti Web afferenti), suddivisi per singola tipologia di carta (credito, debito ecc.) nonché l’incentivazione all’abbattimento di commissioni per transazioni sotto i 30 euro. È ben chiaro che tale attività di trasparenza sarebbe stata preferenziale entro il 31 maggio 2014, al fine di consentire agli operatori economici una limpida valutazione dei diversi servizi in ottica di applicazione del DM relativo al POS nei termini di legge.

Con il nuovo DM il Governo Renzi potrebbe abbattere gran parte del “pizzo digitale” anticipando quanto richiesto dall’Unione Europea che il 24 luglio 2013 che ha stabilito un tetto alle commissioni per le transazioni con carta di debito e credito, definendo massimali per le commissioni interbancarie per impedirne l’esosità (0,2% per le carte di debito e 0,3% per le carte di credito). Nel nuovo DM bisognerebbe inoltre ricordarsi, come già segnalato all’epoca all’allora Ministro Zanonato, di tutte quelle attività che non hanno contatto diretto con il cliente (e-commerce, sviluppo di servizi a distanza, ecc.) per le quali l’obbligo di accettare il pagamento con carta di debito diventa inapplicabile.

Chiudo l’articolo con un fatto successo qualche giorno fa in un grosso negozio di una catena di articoli sportivi. Dopo la selezione dei prodotti, mi reco alle casse per effettuare il pagamento e vedo che sono tutte dotate di POS ma noto che nelle casse con cassiere compare la dicitura “pagamento solo in contanti”. Chiedo quindi informazioni ricordando il DM citato e mi rispondono che è consentito il pagamento con carta di debito ai sensi di legge, ma solo sulle casse “automatiche”, ossia quelle in cui non è presente l’operatore e dove il cliente fa tutto da solo – ossia le casse dove non va praticamente nessuno. Per la serie: fatta la legge trovato l’inganno.

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