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Open Data a Milano, “cosi daremo concretezza al piano Agid”

Per la PA e per un Comune come Milano, l’analisi dei dati rappresenta la base per orientare lo sviluppo di servizi migliori e per facilitare la vita quotidiana degli individui, delle organizzazioni e delle imprese. E’ questo il momento giusto per gettare le basi per un approccio che guardi sempre più ai linked open data

Pubblicato il 27 Lug 2017

Lorenzo Lipparini

Assessore a Partecipazione, Cittadinanza attiva e Open data, Comune di Milano

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Il piano triennale per l’informatica nella PA dedica al tema dei Dati Aperti un importante passaggio che riafferma la centralità della valorizzazione del patrimonio informativo pubblico come bene comune. Il problema identificato è reale e consiste nella frammentazione del patrimonio di dati in una quantità di produttori e detentori, anche all’interno dello stesso ente, che ne rende molto difficile l’accesso, la fruizione, la messa a sistema.

Questo ostacolo è in prima battuta di tipo organizzativo e culturale ed è un tratto che caratterizza tutti i processi di trasformazione. Oggi la PA è chiamata ad operare, a relazionarsi con i cittadini e con tutti i portatori di interesse in modo nuovo e circolare. Questa nuova modalità operativa richiede un cambio di passo.  Specialmente i grandi comuni, e quello di Milano non fa eccezione, continuano ad essere organizzati per silos, con bassi livelli di interazione e difficoltà a portare avanti progetti comuni o semplicemente a scambiare informazioni. Il livello di diffusione della cultura, e degli obblighi normativi, relativi all’apertura e alla disponibilità dei dati sono ugualmente disomogenei e raramente allineati intorno a linee guida e pratiche comuni, cosicché l’accessibilità dei dati può essere molto diversa da ufficio a ufficio. Soprattutto persistono poi infrastrutture di gestione e conservazione dei dati tendenzialmente obsolete e in ogni caso estremamente frazionate e alcune volte persino incompatibili. Se questo è vero a livello di un singolo ente possiamo immaginare quale sia la realtà se osserviamo in modo generale tutto il panorama delle amministrazioni pubbliche.

La sfida che stiamo provando a compiere a Milano è quella di superare queste criticità lavorando in modo sempre più trasversale tra le direzioni e le unità del Comune, promuovendo la cultura del dato ben oltre la logica dell’adempimento normativo e investendo in un ciclo di produzione, raccolta ed esposizione del dato che sia sempre più integrato. E’ questo il momento utile per gettare le basi per un approccio che guardi sempre più ai linked open data.

Dobbiamo poi lavorare con le altre amministrazioni per dare concretezza al piano pubblicato da Agid. Standard comuni per la qualità dei dati, che li rendano immediatamente confrontabili e interoperabili tra i diversi enti, e un ampliamento che arricchisca le basi di dati di interesse nazionale con un focus prioritario alla rendicontazione sullo stato delle finanze, della qualità dei servizi e delle performance delle amministrazioni. Il nostro portale dati dovrà essere strumento di conoscenza, interna come esterna.

Anche per la PA e per un Comune come quello di Milano, infatti, l’analisi dei dati rappresenta la base per orientare lo sviluppo di servizi migliori e per facilitare la vita quotidiana degli individui, delle organizzazioni e delle imprese. Non un trend da seguire ma parte di un percorso di trasformazione a cui l’Assessorato alla Partecipazione, Cittadinanza attiva e open data contribuisce creando le condizioni per una sempre più ampia diffusione della cultura del dato e per una più attenta rilevazione (ascolto) della qualità dei servizi.

Sappiamo da ricerche di settore (non ultimi i dati i dati distribuiti dalla Commissione Europea) che le Aziende fondano i propri processi decisionali sulla conoscenza generata dai dati con un incremento della propria produttività del 6-7%. Questo vale anche per l’Amministrazione. Infatti il risvolto pratico di un processo decisorio data driven sono non solo nuove policy ma anche una gestione della spesa pubblica ottimizzata (efficienza in prima battuta, risparmi in seconda).

Il nostro modo di pubblicare dati deve allontanarsi sempre più dalla logica del catalogo, e abbracciare una modalità che affianca al dato integrale e certificato una modalità di lettura e visualizzazione interattiva, personalizzabile e navigabile per livelli progressivi di approfondimento. Un lavoro di studio, schematizzazione, analisi e design che corrisponde a professionalità sempre più diffuse e formate appositamente per questo scopo, da inserire o affiancare alle nostre amministrazioni.

Un lavoro che potrà essere condotto anche con il ricorso a applicazioni mobile e servizi sviluppati da terze parti e create attraverso sfide e hackathon che incoraggino il riuso e la circolazione del nostro patrimonio informativo, la sua trasformazione in valore. Strategico è infine il rapporto con i fruitori, i cittadini, gli operatori, le comunità che, sempre più numerose, si servono direttamente o indirettamente dei dati liberati. A loro si deve formazione e aggiornamento sulle possibilità messe in campo, ma soprattutto ascolto per indirizzare l’attività, pur sempre onerosa, di predisposizione e sviluppo delle iniziative Open Data. Irrinunciabile relazionarsi con università, centri di ricerca, associazioni di categoria, start up, innovatori e gruppi di cittadini, senza dimenticare quelli ai margini delle innovazioni digitali per il governo e il monitoraggio delle nostre politiche.

Su queste direttrici ci stiamo muovendo come Comune di Milano, confortati dall’esistenza di un forte presidio nazionale che sostiene e alimenta le iniziative su trasparenza e dati aperti e in costante contatto con i comuni che hanno scelto di puntare su queste tematiche come priorità della propria azione amministrativa.

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