data governance

Open e Big Data per la Comunità: la “visione” di Bologna

Governare i dati ed estrarre valore da essi è il risultato di un processo iterativo ed incrementale. Richiede una specifica metodologia di lavoro a supporto e un’organizzazione interna a tempo pieno. Ecco come dagli open data si passa al governo dei dati per migliorare i servizi al cittadino e la qualità dello spazio urbano

Pubblicato il 21 Set 2017

Pina Civitella

responsabile U.I. Servizi Applicativi Comune di Bologna

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L’accesso e per certi aspetti la fruizione dello spazio pubblico, dei servizi e delle interazioni sociali della città, sempre più vengono mediati dalla sfera digitale. Senza più distinzione tra online e offline,  in forma più o meno consapevole, viviamo costantemente “onlife” accrescendo così la nostra impronta digitale e quella delle nostre città. La nuvola di dati che si determina e ci circonda impatta e condiziona i rapporti con noi stessi, gli altri e il mondo in cui viviamo.

Lo spazio digitale prende per così dire ‘forma’ sovrapponendosi a quello urbano, condizionando il presente le trasformazioni sociali. Tecniche sempre più sofisticate di analisi, come algoritmi di machine learning, cercano di estrarre valore da questo spazio digitale per promuovere nuovi servizi e anticipare bisogni.

Per prendere parte attiva a questa ‘nuova rivoluzione digitale’ delle città è necessario che ognuno (cittadino o gruppo, pubblica amministrazione, imprese, terzo settore, ecc) sviluppi competenze, acquisendo così il diritto di accesso civico allo spazio digitale. Allo stesso tempo capacità e curiosità nell’utilizzo delle tecnologie, che interpretano gli open e i big data sono qualità sempre più necessarie e determinanti per la PA, al fine di supportare le decisioni, analizzare le trasformazioni sociali e urbane.

Nel contesto del quadro appena descritto, la Pubblica Amministrazione deve essere pronta: deve avere una visione e un strategia operativa di governance che abiliti processi di inclusione e sviluppo basati sulla capacità di estrarre valore di conoscenza dai dati.

La visione

Nella nostra esperienza, diffondere e promuovere la cultura della conoscenza attraverso la condivisione, in forma aperta, del patrimonio informativo della PA e dello spazio pubblico digitale urbano in cui essa si colloca, é un atto fondamentale di fiducia e di stimolo verso i cittadini e la loro partecipazione civica e di promozione dello sviluppo economico e sociale.

Con il progetto “Dati e Big Data Analytics per la comunità”, l’Agenda Digitale di Bologna (2016-2020) intende dare nei prossimi anni un impulso significativo su tale versante, per mezzo del miglioramento della capacità di governo e di organizzazione dei dati “a valore pubblico” generati dalle istituzioni, cittadini e imprese.

Il 12 Maggio 2017 si è tenuto l’incontro di apertura, del percorso di collaborazione aperto alla città per dotare Bologna di un’Agenda Digitale condivisa e di una conseguente road map operativa. Dal confronto in corso e dalle azioni sin qui intraprese, sta cominciando ad emergere una strategia sull’asse dei dati, basata sui principi generali di accessibilità, interoperabilità, governo del dato e inclusione digitale.

Le conseguenti azioni da mettere in campo dovranno coordinarsi con lo sviluppo del Data & Analytics Framework (DAF), introdotto dal Piano triennale per l’informatica nella Pubblica amministrazione. Tale asse ha l’obiettivo di “di sviluppare e semplificare l’interoperabilità dei dati pubblici tra PA, standardizzare e promuovere la diffusione degli open data, ottimizzare i processi di analisi dati e generazione di conoscenza”.

 

Accessibilità

Il dato non ha valore se non è reso disponibile, trovabile, comprensibile e riusabile.

Questo assunto implica che il dato deve essere reso disponibile nelle forme adeguate ad essere compreso nello specifico contesto d’uso, garantendo gli opportuni livelli di protezione. Pensiamo al cittadino che trova disponibile il dato nel contesto informativo di una notizia o di un servizio online oppure all’intermediario che ha competenze per ri-utilizzare il dato accedendo al portale Open Data attraverso open services (API), per produrre nuovi infodata e servizi. Infine, pensiamo all’accessibilità per chi ha necessità (amministratori, imprese, ecc)  di prendere decisioni qualificate sulla base di reali bisogni e scenari urbani descritti in maniera oggettiva.

Inclusione digitale

Aumentare l’accessibilità dei dati significa sicuramente maggiore trasparenza e possibilità di monitoraggio civico ma, oltre questo, emerge che i dati possono rappresentare una palestra per far crescere le competenze digitali della città.

Ci piace immaginare un laboratorio digitale diffuso, presente in ogni Quartiere della città, che si basi sulla rete dei luoghi della rigenerazione urbana allo scopo di abilitare iniziative creative prodotte dal basso. Innescare meccanismi di inclusione ed empowerment delle nuove generazioni, sfruttando per esempio i giochi come strumento di engagement, per stimolare processi di creatività e di innovazione nell’apprendimento, fino ad arrivare ad esperienze interattive e immersive per mezzo dei dati.

Il ruolo dell’Agenda Digitale della città è dunque quello di facilitatore:

  • nella costruzione delle rete dei luoghi;
  • nel rafforzamento delle relazioni tra i soggetti già attivi sul territorio, sia civici che istituzionali;
  • nell’ideazione di bandi di innovazione per l’assegnazione di risorse, per la produzione di nuovi servizi digitali civici, all’interno del laboratorio diffuso.

 

Interoperabilità

Interoperabilità significa percepire i dati come bene pubblico che genera valore se messo a fattor comune ed è condiviso per facilitare:

  • lo sviluppo di nuove applicazioni, anche da parte di soggetti terzi;
  • lo scambio di informazioni all’interno della Amministrazioni e tra le istituzioni a livello metropolitano e oltre;
  • la realizzazione di indicatori socio-urbani (p.es https://composite-indicators.jrc.ec.europa.eu/cultural-creative-cities-monitor/) a supporto delle decisioni, basati sui flussi informativi che sono generati dai bisogni e dalle aspettative dei diversi stakeholder, partendo da modelli condivisi, per arrivare alla creazione di visualizzazioni estese della città, (p.es facendo riferimento al BES o agli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile

Per garantire l’interoperabilità occorre aderire a standard semantici per la creazione e il mantenimento di linked data e lo sviluppo della API come indicato dalle linee del DAF. Ciò aumenta esponenzialmente il valore dei dataset reciprocamente correlati, consentendo il passaggio dal livello dei dati a quello dell’informazione e quindi a quello della conoscenza e fornendo così un quadro di contesto strutturato a partire dalla correlazione di informazioni provenienti da fonti diverse.

 

Data governance

Governare i dati ed estrarre valore da essi è il risultato di un processo iterativo ed incrementale. Richiede una specifica metodologia di lavoro a supporto e un’organizzazione interna, che si dedichi a tempo pieno alla sua implementazione. Estrarre valore dai dati richiede, in altre parole, la messa in opera di una filiera organizzativa emergente e trasversale rispetto alla tradizionale filiera impegnata nello sviluppo e nella governance di servizi digitali nella Pubblica Amministrazione. Si tratta di qualcosa che si distingue dai processi che alimentano il ciclo di vita delle applicazioni gestionali, già presenti e formalizzati all’interno delle aziende. La funzione di governo e di analisi dei dati richiede nuovi metodi e competenze da portare alla luce e sviluppare.

In particolare, si fa notare che se i processi aziendali hanno una loro variabilità e di conseguenza richiedono con certa continuità negli interventi di adeguamento delle procedure informatiche che li supportano; i dati, che da essi sono generati, hanno una variabilità e una velocità di accumulo molto superiore, poiché nel momento in cui i sistemi informatici vengono messi in produzione, registrano e trattengono quotidianamente una gran mole di informazioni della vita aziendale. Inoltre, una volta che i requisiti utente e normativi vengono analizzati, il software gestionale può essere sviluppato e restare invariato per anni mentre le domande, le implicazioni e con esse le analisi a cui potenzialmente si può predisporre partendo dai dati prodotti sono tendenzialmente illimitate; per cui non c’è un momento in cui con un unico cruscotto direzionale si diventa capaci di rispondere a tutti i bisogni in maniera esaustiva.

E’ necessario, invece, dotarsi di processi che siano in grado di acquisire progressivamente nuove fonti dati; di definire nuovi modelli di analisi e di arricchire quelli esistenti di nuove dimensioni; di fare azioni volte al miglioramento costante della qualità delle informazioni e produrre nuove visualizzazioni infografiche per la comunicazione dei risultati.

Occorrono modelli di analisi, aperti e condivisi, per mettere a fattor comune la capacità di lettura del dato, che sia riutilizzabile in contesti progettuali differenti, a partire da chiavi di lettura trasversali e centrali quali i bisogni espressi dal cittadino e dal territorio.

In questo scenario la disponibilità di un data team multidisciplinare è determinante nell’evoluzione dei processi informativi, predittivi e descrittivi, nell’amministrazione e sul territorio circostante di riferimento.

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