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Open government: così trasparenza e partecipazione rafforzano la democrazia

Trasparenza e partecipazione sono i pilastri dell’open government, ma per portare benefici ai cittadini la trasparenza deve essere fruibile oltre che tempestiva e la partecipazione deve essere intesa non solo come consultazione ma come co-progettazione. Solo così evolve davvero la democrazia

Pubblicato il 27 Set 2018

Vincenzo Patruno

Data Manager e Open Data Expert - Istat

open government

Qualche settimana fa una mia cara amica, mentre era in attesa del suo volo in aeroporto, ha postato su Facebook una profonda riflessione sul clima politico che stiamo attraversando. Lei parlava della democrazia, della situazione politica attuale e di come possa essere relativamente semplice perdere velocemente le imperfette istituzioni democratiche in cui “viviamo sereni”.

La nostra, come anche le altre democrazie del mondo, resta infatti una delle più grandi e importanti conquiste fatte dal popolo, oggi diremmo “dai cittadini”. Conquiste queste, non dimentichiamolo, ottenute molto spesso a caro prezzo. E’ questa una delle eredità di cui beneficiamo durante la nostra vita e che lasceremo a nostra volta in eredità alle generazioni future. Il tentativo che tutti dovremmo fare è quello di lasciare a chi verrà dopo di noi una democrazia “migliorata”, una democrazia “corretta” e un po’ meno imperfetta di quella attuale e che sappia fare da solida infrastruttura e dare risposte ai continui mutamenti culturali, sociali ed economici che ci attendono.

L’importanza dell’Open Government

L’Open Government resta al momento il più importante e concreto tentativo di correggere e migliorare a livello globale i sistemi democratici così come li conosciamo oggi. Ricordo che Open Government si basa sull’idea che chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica debba farlo in modo aperto, “open” appunto, dando in questo modo ai cittadini non solo gli elementi necessari a valutare l’azione di quella PA e le politiche pubbliche messe in campo, ma anche la possibilità di farle assieme quelle politiche. Cittadini che diventano quindi un nuovo interlocutore con cui interagire per poter fare buona amministrazione e buone politiche, in una logica di scambio reciproco.

In Italia i governi che si sono alternati negli anni passati, grazie anche alle continue spinte dal basso di movimenti, civic hacker e civil servant hanno provato ad avvicinarsi alle tematiche dell’Open Government. Possiamo dire con orgoglio che siamo uno dei Paesi in cui si è tentato, a volte con un po’ più di convinzione, a volte meno, di capire come l’Open Government possa essere realizzato concretamente (una importante iniziativa attualmente in corso in cui mi auguro continui ad impegnarsi il governo italiano è l’Open Government Partnership).  

Open Government e trasparenza della PA

Uno dei pilastri su cui si basa l’Open Government è la Trasparenza. Sappiamo anche come negli ultimi anni si sia lavorato per rendere trasparente la Pubblica Amministrazione. Pensiamo a tutta la normativa in merito sviluppata negli ultimi anni e ai conseguenti obblighi di trasparenza a cui attualmente sono soggetti gli enti pubblici. Obblighi di trasparenza che, lo ricordo, sono necessari ma non sufficienti per una PA veramente trasparente. Gli obblighi, si sa, possono innanzitutto essere disattesi. O ancora possono essere ottemperati in modo blando, così da “depotenziare” la trasparenza. Per un progetto di ricerca di cui tra le altre cose mi sto occupando per Istat in questo periodo, ho avuto necessità di utilizzare i dati aggiornati sui beni confiscati di un comune italiano. Sono dati che il comune è tenuto a pubblicare sul proprio sito istituzionale (ricordo qui il dl 159/2011, da aggiungere a quanto previsto dal dl 33/2013 e successive modifiche), cosa che quel comune fa ma con i dati saldamente inchiodati al 2016.  Ovviamente nessuna risposta dall’ufficio responsabile alle mie continue richieste e sollecitazioni. Proverò a breve con un accesso FOIA. Vedremo come andrà a finire.

Quello che emerge è una trasparenza che va spesso strappata con i denti, che va bene se è innocua e se si può fare possibilmente senza troppo sforzo e che va meno bene in caso contrario.

Trasparenza tempestiva, ma anche fruibile

E poiché la trasparenza si avvale anche degli open data, vale in questo caso anche tutto quanto ho avuto modo di dire in più occasioni sull’argomento (ad esempio qui: Open Data Pubblici, la strategia perché siano (davvero) utili all’Italia). Accade infatti che anche quando una PA adempie correttamente agli obblighi di trasparenza, ogni PA pubblica per sé, lo fa in modo autonomo, nei modi e nei tempi in cui riesce a farlo. Diventa pertanto molto complesso ricomporre i dati di pubbliche amministrazioni diverse, armonizzandone i metadati e automatizzando la fase di raccolta.

Bisogna fare in modo che la trasparenza sia non solo per ovvie ragioni tempestiva, ma che sia fruibile in modo semplice ed omogeneo su tutto il territorio nazionale. Come ha fatto ad esempio Synapta, azienda torinese “data driven” che raccogliendo e ingegnerizzando dati pubblicati dalle singole PA, consente attraverso contrattipubblici.org di analizzare 9 milioni di contratti pubblici che 16.500 Pubbliche Amministrazioni hanno siglato con più di 1 milione di fornitori” o come hanno fatto qualche tempo fa Agid e Banca d’Italia con soldipubblici.gov.it

Open Government e partecipazione

Ma veniamo all’altro pilastro dell’Open Government, che dovrebbe essere la Partecipazione. Dico “dovrebbe” perché i processi partecipativi sono di fatto ancora degli esperimenti e non sono a mio avviso mai riusciti a decollare. Quello che ha funzionato meglio sono probabilmente i bilanci partecipativi. I risultati del bilancio partecipativo del comune di Milano, di quello di Bologna ma anche di altri comuni sono piccoli passi incoraggianti.  Il motivo va ricercato in un format e ad una metodologia strutturata e ben definita. Ci sono fasi chiare, dalla fase di proposta a quella di progettazione e infine al voto, implementate tutte in un’unica piattaforma tecnologica. Questo è un modello che tende a generare sempre un qualche risultato, anche se spesso i numeri di chi partecipa non sono elevati (ma forse dovremmo accettare che al momento è così).

Questo aspetto è importante in quanto poter generare “impatto” diventa l’elemento chiave su cui va costruito un processo partecipativo. La partecipazione, quando fatta bene, ha un costo. Per chi la propone, che utilizza il proprio “tempo lavoro” ma soprattutto per chi la fa e che usa invece il proprio “tempo vita”. Troppo spesso i processi partecipativi sono stati costruiti in modo approssimativo, più con lo scopo di generare approvazione e consenso che altro e che per questo motivo o non hanno generato impatto o, quando lo hanno fatto, hanno generato un impatto debole e su aspetti del tutto marginali. La PA, quando lo fa, offre infatti essenzialmente consultazione, mentre la società civile chiede co-progettazione.

Open data, che fine ha fatto l’attivismo civico

Trasparenza e Partecipazione sono due elementi chiave che vanno indubbiamente rafforzati e che consentono di far evolvere la Democrazia.

Per non retrocedere su quanto faticosamente tanti di noi hanno fatto fino ad oggi.  Abbiamo tutti il dovere di farlo. Anche semplicemente leggendo e partecipando alla realizzazione del libro bianco sull’innovazione della PA, iniziativa lanciata da FPA in consultazione pubblica fino al prossimo 15 Settembre. Per dare un contributo al nuovo governo sul punto da cui ripartire.

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