Quando Barack Obama nel 2011 diede vita all’Open Government Partnership (OGP), l’organismo multilaterale e sovranazionale nato per promuovere politiche innovative in grado di rendere le istituzioni pubbliche più trasparenti e collaborative, l’ondata populista e la sfiducia nei confronti dei governi sembravano inarrestabili.
L’Italia, che va verso il suo quinto Piano d’azione, fu tra i primi Paesi ad aderire: fu l’allora ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta a sottoscrivere l’entrata di Roma nell’OGP. E forse non è casuale che sia sempre Brunetta, nel suo ruolo di ministro della Pubblica amministrazione questa volta di un governo tecnico (ma con un’ampia maggioranza politica), ad avere accettato una profonda revisione della piattaforma OGP italiana, che ha l’ambizione di diventare ancora più centrale nel modellare le politiche anticorruzione e partecipative nazionali, all’insegna di una più stretta collaborazione tra governo, pubbliche amministrazioni e società civile, in grado di superare le criticità emerse in particolar modo nei difficili mesi della pandemia, quando mancò del tutto la volontà di coinvolgere attivisti, esperti e terzo settore nella gestione trasparente dell’emergenza.
Open government, ecco l’attuazione del Quarto Piano d’azione nazionale
La partecipazione dell’Italia all’OGP
La partecipazione dell’Italia all’OGP è coordinata infatti dal Dipartimento per la Funzione Pubblica, che promuove a livello nazionale le politiche del governo aperto e si occupa dell’attuazione dei NAP, ovvero dei Piani d’Azione Nazionale. I NAP corrispondono a strategie di implementazione delle politiche di trasparenza, partecipazione, anticorruzione che vengono redatte dalla società civile, dalle amministrazioni pubbliche e facilitate dal Dipartimento della Funzione Pubblica.
Il primo NAP risale al 2012 quando si incominciò a lavorare sui temi della trasparenza, integrità, semplificazione e politiche di open data a sostegno della collaborazione e partecipazione dei cittadini all’attuazione delle politiche pubbliche. Nel corso degli anni gli attori coinvolti nell’OGP Forum italiano sono passati da una decina a oltre un centinaio se si contano tanto le amministrazioni pubbliche quanto le organizzazioni della società civile.
Come dicevamo, dopo anni dinamici in cui la piattaforma collaborativa ha prodotto qualche buon risultato – a cominciare dal FOIA, voluto da una coalizione della società civile e da alcuni politici volenterosi ma poi implementato anche grazie all’Open Government Partnership italiano – negli ultimi anni si era registrata una frenata, frutto anche di un disimpegno politico delle ministre Giulia Bongiorno e Fabiana Dadone. Disimpegno a cui si sono fortemente opposti alcuni dei rappresentanti delle organizzazioni della società civile aderenti all’OGP, che hanno denunciato la mancata convocazione del tavolo di confronto nel pieno della pandemia, quando sarebbero servite politiche di apertura dei dati pubblici, di massima trasparenza per alimentare la fiducia verso le istituzioni, di confronto serrato tra tutti gli stakeholder.
Le campagne su open data e trasparenza
Da lì sono nate campagne come Dati bene comune, che ha coinvolto più di 250 sigle e si avvia a essere la piattaforma nazionale della società civile sugli open data e sull’uso dei dati, e Ripartenza a porte aperte, un’iniziativa estemporanea nata per promuovere una gestione trasparente e inclusiva del post pandemia, a partire da un nuovo ruolo di OGP quale strumento di confronto tra pubblico e privato (nelle sue molteplici sfaccettature).
Verso il quinto piano d’azione
Grazie anche alle pressioni della società civile e all’impegno del Dipartimento per la Funzione Pubblica, i preparativi per il quinto piano d’azione (i piani hanno durata biennale) sembrano partiti sotto migliori auspici, con un grande sforzo di coinvolgimento di tutti gli attori nella co-creazione non solo del nuovo piano di azione che entrerà in vigore nel corso del 2022, ma anche per un pieno confronto sulle politiche nazionali del governo aperto.
Il Forum multistakeholder
In particolare, si è lavorato da una parte per far conoscere le potenzialità di OGP raccogliendo le manifestazioni di interesse da parte di pubbliche amministrazioni e organizzazioni del terzo settore non ancora aderenti, e dall’altra si è impegnati a dotare la nascente community dell’Open Government di una governance – il Forum multistakeholder – pariteticamente formata da esponenti della società civile e della pubblica amministrazione e che sia in grado di dare impulso non solo ai lavori della community, ma più in generale alle politiche nazionali del governo aperto.
Le regole del Forum, che sono ora sottoposte a uno scrutinio pubblico attraverso una consultazione a cui tutti possono partecipare sulla piattaforma ParteciPa (e che si chiuderà il 16 giugno), porrebbero l’Italia ai vertici internazionali di OGP, che vanta ancora pochi Paesi disponibili a concedere una co-governance paritetica pubblico-privato. Questi almeno sono gli auspici, che dovranno essere poi confermati nella seconda metà dell’anno, quando il Forum diventerà operativo.
I macro-temi del piano d’azione
I processi di co-creazione nel frattempo stanno contribuendo anche all’elaborazione dei pilastri del nuovo piano d’azione dell’open government nazionale, che verterà attorno a cinque macro-temi:
- Governance e strategia per il governo aperto (il già menzionato forum multistakeholder);
- prevenzione della corruzione e cultura dell’integrità;
- rafforzamento della partecipazione della società civile;
- promozione e difesa dello spazio civico;
- trasformazione digitale e inclusione.
Una rete di responsabili anticorruzione per la salvaguardia del PNRR
La salvaguardia e il monitoraggio del PNRR sono centrali nella seconda area di intervento del piano d’azione. L’impegno che si sta elaborando mira a dar vita a una rete di responsabili anticorruzione, supportati da ANAC, da altre amministrazioni pubbliche e dalle organizzazioni del terzo settore, per rafforzare le strategie di prevenzione della corruzione nel corso dell’attuazione del PNRR. Si intende partire dalle buone pratiche internazionali sulla trasparenza per attivare meccanismi antifrode e antiriciclaggio. Centrali per combattere la corruzione e salvare il PNRR dovranno anche essere i whistleblower, per la cui piena salvaguardia si sta peraltro ancora attendendo il recepimento da parte italiana della Direttiva europea volta ad alzare gli standard di protezione in tutti gli Stati membri.
L’Italia è purtroppo in grave ritardo nella trasposizione della Direttiva e rischia la procedura d’infrazione.
Nella terza area si sta lavorando alla creazione di un hub nazionale per la partecipazione e la promozione del dibattito pubblico. In breve, si tratterebbe di un punto d’incontro tra società civile e pubblica amministrazione in cui scambiarsi conoscenze e competenze per promuovere azioni e pratiche partecipative nei processi decisionali pubblici. L’obiettivo, oltre a quello di rendere più democratici i processi decisionali, è di aumentare il livello della fiducia verso le istituzioni pubbliche. Il medesimo obiettivo se lo pone il gruppo di lavoro impegnato a rafforzare lo spazio civico per implementare politiche sulla parità di genere e avvicinare i giovani alle scelte pubbliche e collettive.
L’ultima area d’azione ha come obiettivo una serie di interventi per recuperare il divario digitale diffuso in alcune fasce della popolazione come gli anziani e le persone inattive. Questo ha come scopo successivo di fornire loro gli strumenti per monitorare come vengono spese le risorse del PNRR e dare quindi un contributo importante al lavoro della società civile. Era stata proprio la società civile a chiedere a gran voce che un nuovo OGP, più forte e partecipativo, avesse al centro la trasparenza del PNRR e gli strumenti e i mezzi per poterlo monitorare. Questa potrebbe essere la volta buona.