Indico qui qualche considerazione su alcuni punti specifici del nuovo CAD senza pretese di esaustività. D’altronde la vastità del CAD, oltre 100 articoli, rende questo obiettivo troppo ambizioso. Mi limito quindi a queste poche considerazioni.
Prima considerazione: la introduzione dello SPID (Sistema Pubblico per la gestione della Identità Digitale) può avere un positivo impatto anche sull’esercizio dei diritti politici dei cittadini.
Infatti la introduzione, nel nuovo CAD, dello SPID prevista nelle modifiche dell’Art.64 combinato con le prescrizioni dell’articolo 9 dalla rubrica eloquente “Partecipazione democratica elettronica” apre chiaramente all’utilizzo della modalità elettronica nell’esercizio dei diritti politici. Questa possibilità non tanto per un futuro voto elettronico ma per altre possibilità quali la sottoscrizione di leggi di iniziativa popolare piuttosto che referendum su temi per i quali la PA ritiene necessario il coinvolgimento popolare.
E’ proprio questo quanto poi esplicitamente indica l’art.10 del nuovo CAD che, cito testualmente, riporta: “l’utilizzo,ove previsto e nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, di forme di consultazione preventiva per via telematica sugli schemi di atto da adottare”.
In questo periodo di allontanamento dei cittadini dalle Istituzioni che si verifica con l’aumento dell’assenteismo alle urne aggiungere la possibilità di partecipare con lo strumento informatico da remoto ma con le identiche garanzie della firma cartacea può essere di reale aiuto alla nostra Democrazia.
Seconda osservazione: Le nuove disposizioni dell’articolo 3 ampliano e rafforzano i diritti di tutti di poter usare quanto previsto in questo CAD nei rapporti con le PA indicandone esplicitamente anche il procedimento amminstrativo e il suo relativo monitoraggio in modalità elettronica.
La precedente formulazione dell’articolo 3 limitava i diritti solo alle comunicazioni con le PA.
Mi sembra una vera inversione di tendenza e introduce l’obbligo, la definisco arditamente, dell’“inversione della prova”: se il cittadino vuole usare uno strumento previsto nel CAD e la PA non è pronta allora è la PA che si deve adeguare.
E’ immaginabile che queste disposizioni hanno avuto e continueranno ad avere profonde resistenze da parte delle varie PA. Non credo per mere difficoltà tecniche (che pure ci potranno essere in alcuni casi) ma per ritardi culturali presenti nelle PA e anche per l’impatto economico che tutto questo potrà avere. E’ ovvio , per esempio, che mantenere il classico canale comunicativo e informativo con l’utenza legato allo sportello fisico a cui aggiungere quello informatico rappresenta un maggior costo che per ora era limitato alle comunicazioni. Molte aziende private hanno optato per l’unico sportello informatico e telefonico facendo scomparire lo sportello fisico proprio per ridurre i costi. Le PA penso che non possano assolutamente farlo. Almeno per ora.
Una ultima osservazione: sarebbe stato necessario maggiore dettaglio almeno a livello di criteri guida sul tema della conservazione dei documenti e sulla loro sicurezza. Mi riferisco all’articolo 44 dove pure sono stati aumentati i punti elencati che rappresentano gli obblighi che le PA hanno nel mantenere questi dati. Non si è però affrontato il tema del loro immagazzinamento fisico. Con lo storage nel cloud, che garantisce la loro continua disponibilità, questa opzione è allettante. E’ però garanzia sufficiente sulla loro riservatezza se questa soluzione di storage si basa su server presenti fisicamente fuori dal territorio nazionale? I dati delle PA e degli utenti delle PA sono veri e propri Big Data e la loro diffusione è un tema sensibile per la vita di tutti noi.
A dire il vero vi è un rimando a norme tecniche di cui all’articolo 71 che verranno quindi definite col contributo di Ministeri e dell’AgID. Ci saremmo però sentiti tutti più garantiti se alcuni aspetti (e ne ho citato solo uno) fossero esplicitamente indicati in una legge dello Stato quale questo decreto legislativo n.179 del 26 agosto 2016.