intelligenza artificiale

PA 2030: l’IA e la rivoluzione delle competenze e dei concorsi



Indirizzo copiato

L’intelligenza artificiale sta trasformando la pubblica amministrazione, richiedendo nuove competenze e ruoli. Entro il 2030, i concorsi pubblici dovranno adattarsi, integrando competenze digitali e problem-solving. Reskilling e formazione continua diventeranno essenziali per preparare i dipendenti pubblici alle sfide future

Pubblicato il 31 ott 2024

Giuseppe Storelli

Presidente di The OpenCyber Foundation, Digital Transformation Expert



intelligenza artificiale nella PA (2)

L’intelligenza artificiale sta rapidamente cambiando il modo in cui lavoriamo e viviamo, e la pubblica amministrazione (PA) non fa eccezione. Entro il 2030, l’AI promette di trasformare radicalmente il lavoro nella PA, dalle competenze richieste ai nuovi ruoli che emergeranno.

Il ruolo dell’intelligenza artificiale nella modernizzazione della PA

Il lancio di modelli vocali avanzati capaci di interloquire in modo naturale con gli esseri umani, spaziando su una pluralità praticamente infinita di argomenti, assieme alla omnicanalità di input e output da quelli visivi a quelli sonori, sta di fatto trasformando l’intelligenza artificiale da uno strumento per addetti ai lavori capace di operare in settori molto specifici (narrow AI) in una sorta di superpotere alla portata di tutti.

La pubblica amministrazione, come ogni settore dell’economia e della società civile, non fa eccezione, l’intelligenza artificiale (AI) promette di rivoluzionare la macchina dello stato rendendo i processi più efficienti e orientati al cittadino stravolgendo di fatto, in un orizzonte temporale brevissimo, l’asset di competenze e profili necessari.

Ad eccezione di aree specifiche della res publica ad alto tasso di specializzazione tecnica (es. reparti specializzati di forze dell’ordine, infrastrutture, ICT, ambiente e agricoltura) il 90% della popolazione lavorativa della PA è composta da profili di natura amministrativa e giurisprudenziale.

Le funzioni a rischio sostituzione nella PA

Tali conoscenze e competenze, appartenenti a una precipua sezione dello scibile umano, sono tuttavia, grazie all’avvento di sistemi di Large Language Model (LLM), soggetti ad un altissimo tasso di sostituzione a favore di strumenti AI e in parte residuale a profili ad alta connotazione tecnica e manageriale.

Le tecnologie disponibili oggi infatti sono in grado di sostituire a pieno buona parte delle attività di cui è composta una pubblica amministrazione locale o centrale che sia, tra queste:

  • l’interlocuzione con il pubblico di portatori di interessi dai chatbot ai voicebot telefonici
  • la redazione di atti amministrativi utilizzando LLM addestrati su tutta la normativa vigente nonché su ogni atto amministrativo prodotto dalla PA
  • l’istruttoria di pratiche tecniche e burocratiche attraverso l’individuazione di key evaluation metrics
  • le attività di protocollazione e assegnazione documentale utilizzando modelli di RPA e LLM addestrati utilizzando l’organigramma delle singole amministrazioni nonché sullo storico della corrispondenza in ingresso e uscita dell’ente

Il ritardo nell’implementazione e nell’automazione delle procedure all’interno della pubblica amministrazione è strettamente legato alla carenza di competenze tecniche e manageriali nell’attuale struttura decisionale politica e dirigenziale. Questa mancanza si manifesta soprattutto tra i dirigenti con formazione giurisprudenziale, il cui approccio è spesso incentrato sulla conservazione dello status quo e sulla minimizzazione dei rischi organizzativi.

Per intraprendere un percorso di digitalizzazione o automazione dei processi, è fondamentale effettuare un esercizio di scomposizione, analisi e reingegnerizzazione degli stessi. Questo processo richiede una comprensione profonda delle tecnologie emergenti, delle metodologie di gestione dell’innovazione e delle strategie di cambiamento organizzativo. Tuttavia, senza una base di competenze tecniche e una mentalità orientata all’innovazione, tali esercizi diventano quasi impossibili da realizzare efficacemente.

Accelerare l’adozione di tecnologie avanzae nella PA

La formazione giuridica tradizionale tende a enfatizzare la conformità alle normative esistenti e la prevenzione dei rischi legali, spesso a scapito dell’innovazione e dell’efficienza operativa. Questo può portare a una cultura organizzativa rigida, poco propensa a sperimentare nuove soluzioni o a rivedere processi consolidati. Inoltre, l’assenza di competenze manageriali moderne limita la capacità di pianificare e gestire progetti complessi di trasformazione digitale, che richiedono una visione strategica e abilità nel coordinare diverse risorse e competenze.

La conseguenza diretta è una lentezza nell’adottare tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale, i sistemi di automazione robotica dei processi (RPA) e i modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM). Questa lentezza non solo impedisce di beneficiare dei vantaggi in termini di efficienza e miglioramento dei servizi al cittadino, ma nel lungo termine rischia anche di aumentare il divario tecnologico rispetto ad altri settori più avanzati o a paesi che prima di noi sapranno innovare l’apparato statale.

La necessaria trasformazione culturale

Per affrontare questa sfida, è necessario promuovere una trasformazione culturale all’interno della pubblica amministrazione. Questo include l’introduzione di programmi di formazione mirati per sviluppare competenze tecniche e manageriali tra i dirigenti esistenti, nonché l’assunzione di nuovi talenti con background in tecnologia, ingegneria e gestione dell’innovazione.

Favorire la collaborazione intersettoriale inoltre potrebbe aiutare a integrare diverse prospettive e competenze, facilitando l’adozione di soluzioni innovative.

È anche importante sviluppare una mentalità più aperta al cambiamento e alla gestione del rischio.

Questo non significa ignorare le normative o la necessità di controllo, ma piuttosto bilanciare questi aspetti con l’esigenza di migliorare e modernizzare i processi. Adottare metodologie agili e approcci iterativi può aiutare a gestire meglio l’incertezza associata ai progetti di innovazione, permettendo di apportare aggiustamenti in corso d’opera e di apprendere dall’esperienza.

L’attuale modello AI

Esempi virtuosi di applicazione dell’AI alla Pubblica Amministrazione

Fatte queste doverose premesse non si può dire che ad oggi non vi siano casi virtuosi di applicazione dell’AI alla Pubblica Amministrazione, seppur in maniera “spot”, vi sono infatti esempi concreti di applicazione di tali soluzioni.

Le principali aree di applicazione sono afferenti ad ambiti quali:

  • Servizi al cittadino
  • Gestione delle risorse
  • Supporto ai processi decisionali

Nel dettaglio:

Servizi al cittadino

Le tecnologie AI vengono adottate per migliorare l’esperienza dell’utente nella fruizione dei servizi pubblici. Chatbot e assistenti virtuali, ad esempio, offrono supporto ai cittadini rispondendo a domande frequenti e guidandoli attraverso procedure burocratiche complesse. Questi strumenti non solo aumentano l’accessibilità, ma permettono anche di ridurre i tempi di attesa e le code agli sportelli. Inoltre, grazie all’analisi predittiva, l’AI può anticipare le esigenze dei cittadini e suggerire soluzioni preventive, migliorando ulteriormente la qualità del servizio.

Gestione delle risorse

L’AI consente una gestione più efficiente delle risorse pubbliche. Attraverso algoritmi avanzati di machine learning, è possibile ottimizzare la distribuzione del personale e delle risorse finanziarie, identificare sacche di inefficienza e proporre soluzioni correttive. Per esempio, i sistemi di manutenzione predittiva sono in grado di monitorare l’infrastruttura pubblica e segnalare quando è necessario un intervento di manutenzione, prevenendo così costosi guasti e migliorando la longevità delle strutture pubbliche.

Processo decisionale

L’AI sta rivoluzionando anche il processo decisionale all’interno della PA. Gli strumenti di data analytics permettono di analizzare grandi volumi di dati in tempi record, fornendo ai decisori informazioni dettagliate e tempestive. Questo rende possibile adottare decisioni più informate e basate su evidenze, migliorando l’efficacia delle politiche pubbliche. Ad esempio, l’uso di strumenti AI per l’analisi dei dati socioeconomici può aiutare a modellare politiche di welfare più mirate e sostenibili.

Questi esempi tuttavia, anche comparando il sistema paese con altre realtà europee e internazionali, non possono essere ritenuti sufficienti.

Un’innovazione a macchia di leopardo, merito spesso dell’esclusivo interesse, passione e sacrificio del singolo funzionario, team o dirigente non possono rappresentare la chiave di sviluppo della pubblica amministrazione italiana.

L’adozione dell’AI nella PA richiede un totale un cambiamento sia culturale che strutturale.

È necessaria la formazione continua del personale per garantire un uso consapevole e efficace delle nuove tecnologie e per promuovere un ambiente lavorativo che favorisca l’innovazione. Infine, è cruciale l’adozione di normative che garantiscano l’etica e la trasparenza nell’uso dell’AI, evitando bias e proteggendo i dati personali dei cittadini.

Appare dunque evidente che il futuro della PA e quindi del paese è fortemente interconnesso alla capacità delle amministrazioni di integrare l’AI nei propri processi.

Nuove competenze e formazione continua: il futuro dei concorsi pubblici

Entro il 2030, l’evoluzione delle competenze richieste per i ruoli nella pubblica amministrazione (PA) e la trasformazione dei concorsi pubblici saranno elementi chiave per adattarsi a un mondo sempre più dominato dall’intelligenza artificiale (AI).

Non solo le competenze digitali dovranno essere un requisito fondamentale ma anche il background accademico e culturale richiesto dovrà mutare in maniera sostanziale.

Gli impiegati pubblici dovranno avere una solida comprensione delle tecnologie emergenti, dalla gestione dei dati alla ridefinizione dei processi, per essere in grado di collaborare efficacemente con strumenti basati su AI.

L’alfabetizzazione digitale e la capacità di utilizzare strumenti di analisi dei dati saranno essenziali. In questo contesto, i concorsi pubblici tradizionali non potranno più basarsi unicamente sui criteri classici come le conoscenze nozionistiche del diritto amministrativo o la capacità di redigere atti bensì sarà indispensabile integrare prove pratiche che valutino la capacità dei candidati di utilizzare e interagire con le nuove tecnologie o alla risoluzione dinamica dei problemi.

In questo nuovo scenario, la formazione continua diventerà una parte integrale del percorso professionale. I programmi di reskilling e upskilling saranno cruciali per garantire che i dipendenti pubblici possano evolversi insieme alla tecnologia. Corsi su AI, cybersecurity, e gestione delle informazioni dovranno essere parte del curriculum standard offerto dagli enti formativi della PA.

In parallelo, le soft skills come il pensiero critico, la risoluzione dei problemi complessi e la capacità di adattamento diventeranno sempre più preziose.

La selezione dei candidati dovrà quindi includere valutazioni che tengano conto di queste competenze, attraverso metodologie come i role-playing, la risoluzione di case study e le interviste comportamentali.

Il cambiamento delle competenze porterà anche alla creazione di nuovi ruoli e professionalità, che rivoluzioneranno l’organizzazione e la gestione dei processi nella PA.

La riduzione di forza di lavoro “di massa”, di carattere umanistico, nozionistico e giurisprudenziale sostituita dai sistemi di LLM potrà liberare risorse da investire in profili di alto livello, specializzati, capaci di ridefinire gli assetti organizzativi di una intera amministrazione pubblica accompagnandola nei suoi contesti evolutivi.

I concorsi pubblici dovranno quindi evolversi, abbracciando test innovativi che misurino le capacità digitali e le attitudini al problem-solving con l’AI. Saranno necessari nuovi criteri di valutazione, basati non solo sulla conoscenza teorica, ma soprattutto sulla capacità di mettere in pratica tali conoscenze in contesti operativi reali.

Con l’adozione di strumenti e metodologie di intelligenza artificiale, sarà possibile anche automatizzare alcune delle fasi di selezione e recruitment, garantendo trasparenza e riducendo il margine di errore e bias umano. Tuttavia, sarà imperativo mantenere un equilibrio tra automazione e giudizio umano per assicurare equità e inclusività.

In sintesi, la PA del 2030 non dovrà sostituire la popolazione in quiescenza con profili e professionalità dalle medesime caratteristiche, generalmente di tipo amministrativo e giurisprudenziale, bensì potrà liberare risorse acquisendo e premiando un minor numero di professionalità nuove capaci di ridefinire i modelli organizzativi e traghettare il paese verso una nuova rivoluzione industriale basata sull’intelligenza artificiale.

Tale assetto richiederà nuovi set di competenze e un approccio radicalmente diverso alla formazione e selezione dei dipendenti. La capacità di adattarsi ai rapidi cambiamenti tecnologici e un forte impegno nella formazione continua saranno le chiavi per navigare con successo in questo nuovo panorama lavorativo.

I nuovi ruoli della Pubblica Amministrazione

L’emergere dell’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione non solo ridisegnerà le competenze necessarie nei concorsi pubblici, ma darà anche vita a nuovi ruoli fondamentali per gestire e ottimizzare l’uso di queste tecnologie avanzate. Tra le figure professionali che vedremo proliferare nei prossimi anni, quelle dei data analyst saranno cruciali.

Questi esperti saranno incaricati di raccogliere, analizzare e interpretare grandi volumi di dati prodotti dalle attività governative e dai cittadini. La loro abilità nel tradurre i dati in informazioni utili permetterà di prendere decisioni basate su evidenze concrete, migliorando l’efficienza dei servizi pubblici.

L’importanza della cybersecurity nella PA

Parallelamente, l’importanza della cybersecurity nella PA diventerà sempre più evidente con l’aumento delle minacce digitali.

Gli specialisti di sicurezza informatica avranno il compito di proteggere le infrastrutture critiche e i dati sensibili da attacchi e intrusioni, garantendo la continuità operativa dei servizi pubblici.

I contesti di lavoro quotidiano, dai servizi sanitari ai sistemi di gestione tributaria, stanno infatti diventando sempre di più bersagli potenziali per attacchi informatici, e una robusta difesa sarà essenziale per garantire la tutela di cittadini, imprese, pazienti e in generali tutti i portatori di interesse coinvolti.

In aggiunta a ruoli meramente tecnici sarà necessario acquisire anche professionalità inerenti le questioni etiche di rilevante importanza, particolarmente connesse ai sistemi automatici e algoritmici di economia pubblica.

Il compito degli esperti di etica dell’intelligenza artificiale

Gli esperti di etica dell’intelligenza artificiale avranno il compito di monitorare e garantire che l’uso dell’AI rispetti principi etici e normativi, fondamentali per affrontare le tematiche di trasparenza, bias algoritmici e impatti socio-economici dei sistemi automatizzati.

Saranno coinvolti nella definizione di linee guida etiche e normative, lavorando a stretto contatto con le altre figure professionali per garantire che l’adozione dell’AI avvenga in modo responsabile e equo.

Il ruolo cruciale di analisti funzionali e ingegneri di processo

Gli analisti funzionali e gli ingegneri di processo avranno un ruolo cruciale, poiché saranno responsabili non solo di analizzare e scomporre i processi esistenti, ma anche di identificarne in maniera dettagliata tutte le componenti chiave, incluse le tempistiche, gli obiettivi, i flussi operativi e i vari attori coinvolti.

Solo grazie a una comprensione profonda e accurata di queste dinamiche, sarà possibile individuare le inefficienze e progettare soluzioni di automazione basate sull’intelligenza artificiale, garantendo una transizione efficace verso una gestione più automatizzata.

Il lavoro di questi professionisti non si limiterà a una semplice riorganizzazione dei flussi operativi: essi dovranno integrare strumenti di valutazione che tengano conto dei bisogni e delle aspettative dei portatori di interesse, così da garantire che l’implementazione dell’AI non solo risponda alle necessità amministrative, ma contribuisca a migliorare l’esperienza del cittadino e l’efficienza dei servizi pubblici.

Il primo passo cruciale sarà la mappatura completa dei processi attuali.

Gli analisti funzionali e gli ingegneri di processo dovranno scomporre ogni attività in singoli flussi operativi, identificando esattamente quali compiti vengano svolti da quali figure, quali siano le interazioni tra i vari dipartimenti e quali siano i tempi e le risorse richiesti per ciascuna fase del processo.

Tale lavoro di disaggregazione sarà essenziale per determinare quali operazioni possano essere automatizzate completamente e quali, invece, necessitino ancora di supervisione umana.

Una volta eseguita questa mappatura, sarà possibile valutare con maggiore precisione il potenziale dell’AI di sostituire o integrare determinate funzioni, con l’obiettivo finale di ottimizzare non solo la produttività, ma anche la qualità del servizio erogato.

Parallelamente all’analisi operativa, gli ingegneri di processo dovranno ridisegnare le procedure in modo da renderle flessibili e adattabili all’evoluzione tecnologica, ponendo particolare attenzione agli strumenti di automazione già esistenti e ai nuovi sviluppi in ambito AI.

Verso una revisione delle interazioni tra gli utenti e la PA

L’introduzione di chatbot, sistemi di gestione automatizzata dei documenti, voicebot e altre forme di AI necessiterà di una revisione delle interazioni tra gli utenti e la PA, con l’obiettivo di semplificare i percorsi amministrativi e ridurre i tempi di risposta.

Non si tratta solamente di replicare ciò che viene fatto oggi con l’ausilio di tecnologie avanzate, ma di ripensare l’intero ecosistema dei processi pubblici, eliminando passaggi ridondanti e costruendo un framework in cui le decisioni automatiche basate su AI possano essere integrate in modo trasparente e sicuro.

In questo contesto, gli analisti funzionali e gli ingegneri di processo avranno il compito di collaborare strettamente con i team di sviluppo tecnologico per implementare modelli di automazione che rispondano alle specifiche esigenze della pubblica amministrazione.

Questi professionisti dovranno anche interagire con i fornitori di soluzioni AI per garantire che i sistemi implementati siano in grado di evolvere nel tempo e di rispondere a eventuali nuove normative, senza interrompere la continuità dei servizi.

Tali professionalità di altissimo livello potranno anche essere condivise tra più amministrazioni con modelli di sviluppo e condivisione simili a quelle poste in essere oggi da organismi intermedi come AgiD o Dipartimento per la Funzione Pubblica.

Con l’introduzione di questi nuovi ruoli, sarà inevitabile una trasformazione anche dei tradizionali profili professionali presenti nella PA, le competenze digitali e l’alfabetizzazione tecnologica infatti diventeranno prerequisiti imprescindibili per una vasta gamma di ruoli, sia nuovi che già esistenti.

La capacità di collaborare con specialisti dell’AI e di implementare soluzioni innovative dovrà pertanto essere fortemente valorizzata e incentivata.

Questi nuovi ruoli non sostituiranno completamente le figure tradizionali della pubblica amministrazione ma le completeranno, creando un ecosistema professionale più robusto e versatile.

Indubbiamente tuttavia alcune professionalità “tradizionali”, grazie all’invecchiamento della popolazione lavorativa e alla conseguente quiescenza del personale, non saranno necessariamente sostituite in un rapporto 1:1.

La collaborazione fra diverse specializzazioni permetterà di sfruttare pienamente il potenziale dell’intelligenza artificiale per migliorare l’efficacia dei servizi pubblici e l’esperienza dei cittadini.

Il processo di adattamento a questi cambiamenti, tema affrontato nel prossimo paragrafo, richiederà una forte attenzione al reskilling e all’upskilling, preparandosi a un mondo lavorativo in cui la conoscenza e l’uso dell’AI diventeranno centrali.

Reskilling e upskilling: preparare i dipendenti pubblici alle nuove sfide

Nel panorama in rapida evoluzione della pubblica amministrazione, il reskilling e l’upskilling diventano strumenti indispensabili per preparare i dipendenti pubblici alle sfide poste dall’adozione dell’intelligenza artificiale. Il reskilling, ovvero l’apprendimento di nuove competenze, e l’upskilling, l’aggiornamento delle competenze attuali, non sono solo strategie per rafforzare il capitale umano, ma anche necessità per sostenere una PA sempre più digitale e connessa.

L’introduzione dell’AI all’interno della PA non si limita infatti a creare nuove opportunità lavorative ma richiede un cambiamento radicale nelle competenze richieste per i ruoli già esistenti. I programmi di formazione innovativi, integrati con tecnologie avanzate come simulazioni VR e piattaforme di e-learning interattive, potranno fornire ai funzionari pubblici gli strumenti necessari per padroneggiare il nuovo arsenale tecnologico.

Una direzione strategica sarà il potenziamento delle competenze digitali, includendo la comprensione degli algoritmi di AI, la gestione dei big data e la cybersecurity. Non si tratta solo di tecnicismi; comprendere il funzionamento dell’AI permetterà ai dipendenti di sfruttarla efficacemente, migliorando l’efficienza e la qualità dei servizi offerti ai cittadini.

Le competenze trasversali diventeranno altrettanto cruciali. Ad esempio, la capacità di analisi critica e l’alfabetizzazione etica dovranno essere rafforzate per consentire una valutazione ponderata delle soluzioni offerte dall’AI. Questo non solo per evitare bias algoritmici e garantire l’equità dei servizi, ma anche per mantenere la fiducia dei cittadini nella trasparenza e nell’integrità della PA.

In aggiunta, la spinta verso nuove modalità di lavoro collaborativo richiederà un focus particolare sull’interdisciplinarità. I dipendenti pubblici dovranno essere preparati a lavorare in team eterogenei, combinando competenze diverse per affrontare problematiche complesse. Qui, la formazione su soft skills come comunicazione, negoziazione e problem-solving collaborativo diventerà indispensabile.

Innovare i concorsi pubblici sarà un passo inevitabile. Le selezioni dovrebbero includere non solo prove tecniche ma anche valutazioni delle competenze digitali e delle capacità di apprendimento continuo. Inoltre, dovrebbero essere previste prove pratiche in ambienti simulati che riflettano le realtà operative future.

Modelli di apprendimento continuo, supportati da mentorship e coaching, aiuteranno a mantenere alta la motivazione e a garantire che le competenze rimangano aggiornate. Qui, le partnership con università e aziende tech possono arricchire l’offerta formativa e fornire accesso a risorse avanzate.

Trasformare la cultura organizzativa nella PA: necessaria la collaborazione con le università

Preparare i dipendenti pubblici alle nuove sfide non sarà solo una questione di aggiornamento tecnologico, ma di cultura organizzativa. Le amministrazioni dovranno incentivare un atteggiamento proattivo e aperto al cambiamento, dove la formazione continua diventa parte integrante della carriera di ogni funzionario pubblico.

Questa trasformazione non avverrà senza ostacoli, ma con una visione chiara e un impegno concreto verso il reskilling e l’upskilling, la pubblica amministrazione sarà pronta a sfruttare pienamente le potenzialità dell’intelligenza artificiale, a beneficio dei cittadini e della società.

La collaborazione tra università, enti di formazione e pubblica amministrazione sarà cruciale per sviluppare percorsi formativi adeguati che possano preparare efficientemente il personale alla gestione e all’utilizzo delle nuove tecnologie. Inoltre, nuove forme di governance basate sull’intelligenza artificiale potranno migliorare la trasparenza e l’efficacia delle politiche pubbliche.

Tale scenario futuro, sebbene ambizioso, è supportato da tendenze globali che vedono sempre più governi investire nel potenziale dell’AI.

Come cambierà la PA al 2030

In conclusione, l’intelligenza artificiale rappresenta un motore di trasformazione radicale per la pubblica amministrazione, capace di ottimizzare risorse e migliorare la qualità dei servizi offerti.

Delegando molte attività operative ai sistemi AI multimodali e LLM, sarà possibile ridistribuire le risorse verso professionalità altamente qualificate, come tecnici, ingegneri dei processi e innovatori, capaci di guidare il cambiamento.

Le nuove classi dirigenti dovranno essere composte da esperti in grado di affrontare le sfide tecnologiche, andando oltre il tradizionale profilo di giuristi ed esperti del diritto caratterizzati da un approccio meramente amministrativo e conservativista.

In questo contesto, l’esubero di personale per quiescenza previsto per il prossimo futuro sarà un’occasione per ridefinire gli skillset presenti, riducendo il numero di dipendenti e favorendo l’acquisizione di competenze specialistiche che possano davvero contribuire a ridefinire i modelli organizzativi della PA.

Anche i concorsi pubblici dovranno evolvere, passando dalla selezione basata su conoscenze tradizionali e nozionistiche alla valutazione di competenze tecniche, digitali e di problem-solving, essenziali per collaborare efficacemente con strumenti basati su intelligenza artificiale. La formazione continua e il reskilling saranno centrali per assicurare che i dipendenti della PA possano crescere insieme alle tecnologie, mantenendo la loro rilevanza in un ambiente sempre più automatizzato e innovativo.

Guardando al 2030 la pubblica amministrazione sarà quindi caratterizzata da un equilibrio tra tecnologia e capitale umano qualificato, dove l’intelligenza artificiale non sarà solo uno strumento di efficienza, ma un motore di trasformazione che permetterà all’intera macchina pubblica di operare in maniera più agile, inclusiva e orientata al cittadino.

Il futuro richiede una nuova classe di dirigenti e un’amministrazione più agile, fondata sull’innovazione e su professionalità che sappiano sfruttare appieno il potenziale dell’AI, creando un sistema pubblico capace di rispondere rapidamente e con efficienza alle esigenze di cittadini e paese.

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Analisi
Video
Iniziative
Social
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati

Articolo 1 di 4