Il bilancio di fine anno 2018 può essere considerato positivo perché passi avanti verso un’Amministrazione Digitale sono stati fatti. Ma ancora tanti sono i passi da fare.
La sfida che occorre affrontare davvero ora e che finora non è stata affrontata in maniera considerevole è quella della rivisitazione dei processi interni delle PA che devono essere semplificati e “guidati” dal digitale, occorre cioè che le Pubbliche Amministrazioni comincino a rivedere il loro lavoro quotidiano nell’ottica del cittadino che usufruisce dei servizi online (cittadini e imprese al centro).
Non è più pensabile che i servizi online delle PA siano la vetrina dove si mettono i moduli cartacei e dove soprattutto si mette in mostra tutte la burocrazia interna dell’Ente con il risultato di complicare la vita al cittadino invece di semplificarla. Non è neanche più pensabile che si continuino a fare i servizi online senza rendere completamente interoperabili le banche dati e andando così a chiedere al cittadino o all’impresa le informazioni che già la PA possiede.
Innovazione dei processi, il nodo delle competenze
Il tema principale è quello delle competenze digitali legate all’innovazione dei processi interni agli Enti che non possono essere più rimandate: l’innovazione deve essere vista come mezzo non come fine e gli uffici devono essere coinvolti fin dall’inizio facendo capire loro che l’innovazione serve non solo per i cittadini ma semplifica, ottimizza e facilita anche il loro lavoro. Dobbiamo lavorare per innovare le filiere dei processi al fine di semplificare e facilitare sì la vita al cittadino ma anche il lavoro del dipendente pubblico che lavora nel Back Office e di quello che oggi sta allo sportello per il cittadino.
Forse finora si è parlato troppo solo di servizi digitali al cittadino. Questi ultimi vengono solo come risultato di una completa innovazione dei processi e quindi dei back-office.
Con una vera innovazione dei back-office poi si avranno dei veri front-office davvero efficienti ed efficaci con i quali si supera anche il problema delle competenze digitali dei cittadini: chi non ha le competenze o i mezzi per accedere da solo o chi ama andare comunque allo sportello ci potrà continuare ad andare trovando qualcuno in grado di dare una risposta celere e definitiva, in quanto l’operatore avrà a disposizione gli strumenti e tutte le informazioni necessarie. Ecco che non si parla più solo di servizi digitali al cittadino ma di innovazione di processi al fine di innovare (che poi si ripercuote positivamente anche sui servizi all’utente ovviamente).
Il ruolo di intermediazione tecnologica delle Regioni
Per poter raggiungere questo obiettivo non è pensabile però che le PA locali abbiano o possano avere tutte le competenze tecniche necessarie, visto che la maggior parte sono di medio-piccole dimensioni: per questo occorre un lavoro coordinato del Governo con i livelli intermedi come le Regioni che già agiscono come intermediari tecnologici su molti fronti ma che ora dovrebbero aiutare gli Enti territoriali anche sul tema dei processi. Quindi un lavoro di gruppo con una forte governance agile che consenta l’assunzione di decisioni riducendo al minimo il tempo necessario per le attività e che metta in campo le risorse e le competenze coordinandosi con le Regioni o altri aggregatori da utilizzare sui territori.
In questa logica il Centro, il livello nazionale, elabora strategia a livello di Paese, crea standard, condivide regole tecniche, le Regioni e Province Autonome implementano e attuano le politiche adattando alle peculiarità di ogni singolo territorio. Questo modello di governance, articolato ma chiaro, offre a tutti gli interlocutori nazionali uno “schema di gioco” riconosciuto e riconoscibile, stabile e che garantisce operatività tecnica e politica.
I cinque punti sui quali agire
Quali sono quindi i punti sui quali dovremmo agire:
- Riorganizzazione della PA intesa come riorganizzazione dei processi interni agli Enti. Non si può pensare di continuare a digitalizzare quelli che ad oggi sono i processi cartacei. Dobbiamo fare in modo che la PA cominci a ragionare, anche al proprio interno e nell’organizzazione dei propri processi, in termini di servizi ai cittadini, utilizzando anche meccanismi di partecipazione. Ad oggi molti servizi online mettono in vetrina i processi, talvolta anche molto complessi e spesso non completi, che portano il cittadino a non orientarsi e a non trovare o a non capire cosa deve fare. I servizi devono parlare il linguaggio comune del cittadino ed essere semplici da usare.
- Interoperabilità e standard: devono essere definiti e imposti sempre più gli standard di interoperabilità, istituendo un Centro Nazionale che certifichi anche le applicazioni che implementano questi standard. Ad oggi infatti ci troviamo spesso con Amministrazioni che non hanno i sistemi adeguati a colloquiare in modalità standard: spesso “colloquiare” con queste modalità diventa un eccezione e non una regola. Solo se si riescono ad attivare questi meccanismi che fanno dialogare i “back-office”, ed arrivare ad avere alcune banche dati di interesse comune centralizzate, si può riuscire a fornire servizi davvero efficienti ed efficaci per cittadini e imprese. Deve inoltre essere rafforzato il coordinamento tra la PA Locale e la PA Centrale: ad oggi manca un soggetto che faccia un coordinamento forte in questo senso, per cui diventa difficile attivare meccanismi di interoperabilità.
- Promuovere campagne di alfabetizzazione digitale della popolazione per far capire la possibilità/capacità di ogni cittadino di interagire e di sfruttare tutte le opportunità messe a disposizione dal web ma anche delle Istituzioni Territoriali; queste ultime devono poter comprendere sempre più le opportunità che l’innovazione tecnologica può offrire nella riorganizzazione e nel miglioramento dei processi interni. Su questo tema potrebbero essere utilizzati figure come i Digital Champions, che dovrebbero però lavorare all’interno di un quadro di intervento ben definito.
- Lavorare per far sì che cambi l’approccio che oggi hanno le PA di utilizzo estremamente vario ed eterogeneo di pacchetti software per fare le stesse funzioni, spesso seguendo la logica del mercato, ed utilizzare sempre più il paradigma del cloud per creare il “Cloud della PA” inteso come un unico catalogo di servizi per tutta la PA (eventualmente anche federato) che siano certificati secondo gli standard di cui sopra e integrati tra loro. Questo porterà automaticamente ad avere delle razionalizzazioni e dei risparmi oltre ad un accrescimento qualitativo dei servizi che si accreditano e diventano quindi più sicuri ed affidabili. Questi servizi dovranno essere integrati anche con tutte le piattaforme, quali il sistema di autenticazione SPID, il nodo pagamenti, la conservazione a norma, ecc. Devono sempre più essere estrapolati e messi a fattor comune le funzioni cosiddette trasversali, da implementare in piattaforme nazionali che ci permettono di realizzare economie di scala e quindi di risparmiare innalzando il livello dei servizi stessi. È con questa nuova logica di Cloud di servizi che si deve affrontare il tema della razionalizzazione dei CED e della loro convergenza ad un numero molto limitato. Non si deve cioè portare i CED in un posto solo ma si deve fare in modo che progressivamente i CED trasferiscano i servizi su un livello centralizzato.
- Lavorare per la creazione dei fascicoli dei cittadini, cercando di aprire un colloquio bidirezionale in modo che il cittadino interagisca con la PA in maniera attiva. La logica deve essere quella del “cittadino al centro” con il rafforzamento del concetto di cittadinanza digitale.