La PA digitale, quella che snellisce la burocrazia, azzera la corruzione e semplifica i rapporti tra i diversi enti e tra questi e i cittadini, sembra sempre a un passo dall’essere realizzata. Ma quanto siamo davvero vicini? Davvero in tutti questi anni non abbiamo fatto passi avanti?
Lasciando da parte le tendenze catastrofiste, proviamo piuttosto ad accendere i riflettori sui progetti da monitorare – quelli che davvero potranno fare la differenza tra teoria e pratica – nei mesi a venire, partendo dalla piattaforma digitale nazionale dati per finire col metaverso.
Perché le PA ignorano il principio “once only”? Ecco il vero problema
Interoperabilità (PDND)
La PDND (piattaforma digitale nazionale dati) dovrebbe essere il vero salto quantico della PA dei prossimi anni, realizzando finalmente il principio once only, di cui tanto si parla, ma di cui – fino ad ora – si vedono ridotti risultati rispetto al potenziale.
Oggi le basi dati della PA sono infatti divise tra loro, a meno di qualche eccezione (ANPR) o qualche accordo specifico che permette già l’interazione tra basi dati di enti centrali.
Ci aspettiamo che l’interoperabilità dei dati riguardi tutte le basi dati di interesse nazionale previste dal CAD, soprattutto ANPR, nella misura in cui – ad esempio – i Comuni non hanno ancora la possibilità di avere accesso alle anagrafi di altri Comuni per verificare dati personali, per procedimenti che non rientrino in quelli anagrafici, provocando ovviamente disagi e rallentamenti nel percorso di miglioramento e automatizzazione dei servizi.
In un domani (speriamo) poco lontano, grazie ad un registro manutenuto dalla PDND dovrebbe essere possibile sapere a che PA chiedere un determinato dato (attributo) in modo da poter completare la scheda di un cittadino che richiede un servizio, pur mantenendo le varie basi dati come governance tra loro separate (mantenendo quindi una governance distribuita e un accesso decentrato, per sicurezza, resilienza e riduzione dei rischi di abuso sia umano che tecnologico).
Un passo avanti enorme, proprio come la recente pubblicazione delle Linee Guida per i gestori di Attributi Qualificati. Il futuro dell’interoperabilità e la sua implementazione non sono mai stati così vicino?
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Pagamenti digitali
I pagamenti digitali sono un macro-trend mondiale e nazionale, non solo nella PA. Del resto, la presenza di una società come PagoPA rende il tema ancora più centrale nella PA, anche se nel tempo PagoPA ha esteso le sue competenze all’app IO, alla PDN (piattaforma delle notifiche) e alla PDND (piattaforma digitale nazionale dati). Guardando la dashboard pagoPA risulta evidente come il fenomeno della diffusione dei pagamenti digitali sia in crescita non lineare anche nel mercato degli enti pubblici e di pubblica utilità, e quanto questo tema rimanga centrale nell’agenda delle PAC e della PAL, oltre che dei gestori dei servizi pubblici.
Rendere disponibili tutti i servizi tramite PagoPA, a meno di quelli per cui non è ancora possibile (discorsi come F24, IMU, SDD …), diventa un passo fondamentale dei prossimi mesi/anni, rendendo i processi di pagamento il più possibile fluidi mediante integrazioni, riducendo al minimo l’intervento umano.
Per far acquisire una consapevolezza maggiore dell’utilità dei pagamenti online nelle Amministrazioni sarebbe anche fondamentale mettere a disposizione un tool di analisi che possa aiutare ciascun Ente nello studio dei pagamenti che ha ricevuto attraverso il nodo nazionale, evidenziando ad esempio:
- principali canali utilizzati (online, sportelli fisici, ecc.)
- fascia oraria in cui è stato eseguito il pagamento (per analisi delle abitudini delle persone)
- impatto dell’app IO come canale di avvio del pagamento.
Solo con un’analisi dettagliata si possono infatti comprendere le abitudini e i comportamenti dei cittadini, e quindi cercare di migliorare sempre di più l’esperienza nei confronti dei servizi digitali.
Digitalizzazione delle notifiche
La Piattaforma delle Notifiche (PDN) sarà oggetto del prossimo avviso, in arrivo dopo l’estate. La misura prevede 245 milioni di investimento e mira a risolvere l’annoso problema delle notifiche a valore legale inviate a cittadini e imprese, che hanno 2 principali problemi: la fase “investigativa” in cui si cerca di raggiungere il destinatario con esiti non sempre fortunati (il destinatario non vuole essere raggiunto, si è trasferito, non è presente al domicilio per vari motivi) e la fase di certezza del momento della notifica (ad esempio nel caso delle multe per poter cambiare l’importo associato allo IUV nel caso il pagamento avvenga dopo 5 giorni dalla notifica).
C’è anche il tema dei costi: le notifiche digitali costeranno meno, con un buon risparmio sia per i cittadini che per gli enti che fino ad ora se ne stanno occupando, in particolare i Comuni, sia in termini di spese vive e soprattutto sull’utilizzo di personale dedicato. Insomma, un bel cambiamento da monitorare che coinvolge una fase importante (la notifica) di numerosi processi della PA, dalla notifica di un atto a valore legale, al pagamento di una sanzione.
In un giardino pulito è più difficile buttare cartacce, allo stesso modo in un sistema completamente digitale è più difficile tornare all’analogico.
Cloud
L’Avviso per l’Investimento 1.2 “Abilitazione al cloud per le PA Locali” Comuni Aprile 2022” è chiaro: 500 milioni a disposizione per i comuni per passare al cloud.
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Il cloud diventa quindi un tema centrale per la PAC e la PAL, grazie alla Strategia Cloud, al Regolamento Cloud e al passaggio della governance da Agid al MITD (e al DTD). Andare in cloud può voler dire molte cose: maggiore sicurezza dei dati, meno datacenter (laddove si riesca ad eliminare del tutto il server dell’ente, percorso naturale dopo averlo vuotato dei dati importanti), maggiore raggiungibilità del dato, questo per iniziare.
L’avvio, d’altra parte, rischia anche di creare dei fornitori “too big to fail”, che in questo percorso di messa a terra dell’avviso ingloberanno un numero elevato di enti facendo diventare i loro datacenter delle specie di PSN di classe 2, ovvero dei punti nevralgici per il sistema Paese. Se è vero, infatti, che se si ferma un comune di 1000 abitanti il rischio Paese è basso, se si ferma un datacenter che ne contiene 1500 di comuni da 5 a 10.000 abitanti, allora la questione cambia.
Insomma, un tema caldo da tenere sott’occhio, considerando anche gli sviluppi del PSN vero e proprio da completare per fine anno.
Automazione (RPA)
La Robotic Process Automation è una tecnologia che potrebbe nel prossimo futuro diffondersi velocemente nella PA.
La Robotic Process Automation nella PA: cosa serve per avere vantaggi reali
L’RPA consente di automatizzare attività e processi ripetitivi (quindi a basso valore aggiunto) svolti quotidianamente nelle prassi della PA, ad oggi eseguite tramite intervento umano. Quali sono i suoi benefici? L’introduzione di automazione può agire sia in termini di aumento dell’efficienza (riduzione dei tempi e dei costi di esecuzione), sia in termini di efficacia (a regime, drastica riduzione degli errori di esecuzione). Una delle sue caratteristiche principali è l’essere una tecnologia “low code”, la cui introduzione non richiede particolari integrazioni, modifiche del processo esistente né particolari attività di sviluppo. Quanto appena descritto dovrebbe far comprendere il valore aggiunto del suo utilizzo in ambito pubblico: uno degli esempi migliori riguarda lo smistamento automatico delle e-mail PEC in ingresso. Grazie a un avanzato sistema di analisi semantica e di elaborazione del linguaggio naturale, un sistema automatizzato riesce ad analizzare nel dettaglio i testi delle e-mail e i documenti allegati in modo da inoltrare automaticamente la missiva elettronica al destinatario corretto, che potrà quindi gestire la pratica in meno tempo. Ciò consente di risparmiare molte ore, se non giorni, di smistamento manuale.
La RPA evita inoltre due delle principali barriere all’introduzione di digitalizzazione, cioè il change management e la necessità di integrazioni e può andare a lenire va a lenire le difficoltà derivanti dalla carenza di personale.
AI – Chatbot
La PA ancora non gioca il ruolo predominante che dovrebbe avere su questo tema centrale di innovazione. Infatti, il mondo pubblico è sia generatore di dati sui quali sviluppare applicazioni di AI, sia fruitore di queste per migliorare i servizi da erogare ai cittadini. In termini di erogazione di servizi uno degli ambiti di applicazione che ha avuto maggiore fortuna è quello degli assistenti virtuali.
Negli ultimi due anni abbiamo assistito alla realizzazione di diverse soluzioni volte a supportare i cittadini nell’ottenimento di informazioni e più in generale nella interlocuzione con l’ente di riferimento. Ma sono molte altre le opportunità ancora poco sfruttate di questa tecnologia, pensiamo ad esempio alle iniziative di computer vision, che analizzano il contenuto delle immagini, applicabili ad esempio in ottica di sicurezza dei luoghi pubblici, ma anche le soluzioni per estrarre e ottimizzare informazioni dai dati raccolti tramite sensoristica. In questo secondo caso, gli utilizzi potrebbero essere i più vari: uno su tutti, il supporto alle politiche di mobilità e ambientali.
Una tecnologia così potente necessità però di una governance chiara e trasparente. Su questo, accenniamo solamente al “Programma strategico per l’Intelligenza artificiale 2022-2024”, nella cornice del quale è stato istituito il gruppo di lavoro permanente sull’IA, incardinato nel Comitato Interministeriale per la Transizione Digitale, il quale avrà proprio il compito di garantire una governance efficace sulla realizzazione del piano, monitorandone l’attuazione e coordinandola con le ulteriori iniziative del Governo sul tema. La strategia, costruita in linea con quella europea in materia di intelligenza artificiale, intende essere la base per rilanciare programmi e investimenti, colmare i ritardi ed i gap dell’Italia nella ricerca e nell’utilizzo della tecnologia ed avviare il Paese verso la transizione digitale all’AI.
Domicilio digitale
Visto che la Piattaforma Notifiche (vedi punto 3) utilizzerà – non solo – il domicilio digitale come canale di recapito, è assolutamente fondamentale che si avvii al più presto INAD e parallelamente anche una forte campagna di comunicazione, al fine di sensibilizzare le persone sulle nuove modalità di recapito degli atti, e soprattutto sull’importanza di avere a disposizione un domicilio digitale personale, focalizzando l’attenzione soprattutto sui vantaggi, come ad esempio minori costi di recapito degli atti, e disponibilità in tempi più rapidi del documento digitale.
Il Domicilio Digitale esiste da tempo ed è obbligatorio per tutte le persone giuridiche e per i professionisti, deve diventare un concetto “assodato” anche per le persone fisiche: dopo SPID e CIE – quindi la gestione dell’identità digitale – può essere considerato come l’ultimo miglio per la trasformazione digitale dei rapporti tra PA e cittadini, affiancando ovviamente il tutto a percorsi di alfabetizzazione e/o assistenza per le fasce di popolazione più in difficoltà.
Sistema di gestione delle deleghe
Un altro tassello mancante – e di cui si parla da qualche tempo – è la necessità di poter gestire le deleghe per l’accesso con l’identità digitale, in particolare con SPID, in modo che persone – che siano o giuridicamente incapaci o in difficoltà per altri motivi – possano delegare formalmente altre persone a presentare istanze online in nome e per conto loro, risolvendo i problemi fino ad ora presenti per queste categorie di persone.
La disciplina di dettaglio del sistema di gestione delle deleghe (SDG) è attualmente in corso di definizione, con la predisposizione di un decreto e di un manuale operativo che indicheranno le procedure da seguire.
Metodologicamente è necessario distinguere tra “delega volontaria” e “delega legale”, nella misura in cui nel secondo caso il delegato è individuato con un provvedimento giudiziario (ES: nomina di un tutore): rispetto a questa eventualità si auspica in prospettiva un passaggio diretto di informazioni dall’istituzione che emette il provvedimento al sistema gestore delle deleghe, sempre nell’ottica dell’interoperabilità e della circolazione dei dati.
Attivazione Stato Civile digitale (con ANPR)
Dopo il completamento di ANPR con i dati anagrafici di tutti i Comuni italiani, ci si aspetta a breve che anche gli atti di stato civile possano essere finalmente digitali (tenendo presente che questo aspetto era già previsto dal DPR 396/2000, ma mai realizzato).
Gli atti di stato civile riguardano i momenti fondamentali della persona (nascita, matrimonio, cittadinanza e morte) e rappresentano i cardini dei diritti della persona; forse proprio per questo si è aspettato fino ad ora, ma è giunto il momento di dare una svolta anche in questo settore: gli attori in gioco sono non solo i Comuni, ma anche Ospedali, Tribunali, ecc.) e quindi ci si aspetta non solo che i dati e documenti siano nativamente digitali, ma che sia anche costituito un sistema “a rete” in cui si evitino le N-mila comunicazioni tra enti che circolano fino ad ora, con evidente automatizzazione del processo e quindi risparmio di personale.
Un buon segnale è contenuto nel recente DL 36/2022 (convertito in L. 79/2022) che prevede una modifica all’art. 62 del CAD, inserendo un paragrafo che rinvia ad uno dei decreti previsti dal comma 6bis la definizione delle modalità e dei tempi di adesione da parte dei Comuni all’Archivio nazionale informatizzato dei registri di stato civile, con conseguente dismissione della versione analogica dei registri di stato civile.
Digitalizzazione dei documenti cartacei
La digitalizzazione del patrimonio documentale della pubblica amministrazione è un “non tema”, ovvero è sempre sul tavolo ma sempre più ai bordi.
Parlare di digitalizzare i documenti sembra quasi “antico” laddove i temi più cool sono ad oggi il metaverso, la blockchain, i droni.
Spesso, inoltre, i vantaggi di questo processo sono intangibili (minore tempo di ricerca, digitalizzazione di tutto il processo di gestione della pratica grazie alla possibilità di avere documenti digitali, scambio di dati e verifica di dati molto più immediato) e non si vedono (meglio una bella strada asfaltata, insomma), ma il potenziale di cambiamento è disruptive.
Immaginiamo per un momento di avere tutti i dati di tutte le PA digitalizzati: si potrebbero fare letteralmente miracoli incrociandoli, ricercandoli (immaginiamo un motore di ricerca che permette di trovare un dato in questo enorme database che potremmo chiamare WebPA), analizzandoli (PA-nalytics).
Il problema è molto sentito nei Comuni per un particolare settore, cioè i documenti delle pratiche edilizie, che sono molto frequentemente oggetto di accesso agli atti – da parte di professionisti e cittadini – e che in quest’ultimo periodo hanno avuto un’impennata, grazie alla possibilità del “Superbonus”.
L’accesso ai documenti “cartacei” comporta gravi ritardi e notevole impegno di personale, dovuto alla necessità di recuperare il materiale presso archivi fisici (spesso non ordinati e dislocati in posti lontani dalla sede comunale), e quindi un intervento di digitalizzazione massiva in questo ambito sarebbe di notevole importanza.
Spendere qualche euro dei soldi ricevuti mediante gli avvisi di padigitale2026.gov.it anche in questa direzione poco “cool” ma molto utile, potrebbe essere un’opzione interessante.
Blockchain
Negli anni le iniziative implementative di blockchain sono aumentate sensibilmente, soprattutto in ambito enterprise, ma anche la PA ha provato a sperimentare con questa tecnologia. In ambito pubblico possono trovare interessanti applicazioni i progetti volti a sperimentare la verificabilità dei dati, piuttosto che il coordinamento dei dati. Nel primo caso, si fa riferimento alla funzionalità di notarizzazione della blockchain, utilizzando le caratteristiche di immutabilità e trasparenza offerte dalla tecnologia è possibile, ad esempio verificare la data di creazione di un documento e che esso non sia stato modificato nel tempo. In merito al coordinamento dei dati, si aggiunge alla caratteristica di notarizzazione sopra descritta anche la possibilità di portare on chain anche lo scambio di dati attraverso gli smart contract consentendo un coordinamento efficace ed efficiente tra gli attori coinvolti nel processo. Per consentire di sperimentare e promuovere servizi su blockchain, Agid ha pubblicato le linee guida del progetto IBSI (Italian Blockchain Service infrastructure), al quale hanno aderito alcuni Enti, tra cui Poste Italiane, Inail, Inps, CSI Piemonte, Sogei, Enea, per citarne alcuni.
Blockchain: così le aziende si avvicinano alla tecnologia (cinque esempi concreti)
XR e Metaverso
Da quando Mark Zuckerberg ha deciso di cambiare il nome della sua holding da Facebook a Meta, non si parla di altro. Non che prima non se ne parlasse, ma il cambiamento ha reso mainstream il concetto di metaverso.
Il metaverso ad oggi non è niente altro che una delle tecnologie XR disponibili, che vanno dalla VR (virtual reality, dove l’esperienza è completamente immersiva), passando per l’AR (realtà aumentata, in cui alla realtà viene sovrapposto un layer informativo aggiuntivo informativamente correlato a quello che si vede nel mondo reale, ma ad esso non collegato) e la MR (mixed reality, in cui mondo virtuale e reale si sommano, come ad esempio quando posiziono un mobile nella mia casa prima di comprarlo e posso vederlo da tutte le angolazioni). Questi mondi sono poco utilizzati nella PA, del resto probabilmente la MR e la AR saranno sempre più diffusi nei prossimi anni. Sperimentare queste tecnologie nella PA potrebbe essere interessante e lo spazio per le idee è molto ampio (ad esempio per la formazione in sanità o nella scuola in generale).