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PA digitale, la “rivoluzione copernicana” che serve ora: best practice e soluzioni possibili

Siamo pronti a gestire al meglio una mole di risorse così elevata come quella del PNRR? Cosa ci dice che stavolta è quella buona per un vero efficientamento della macchina pubblica? Vediamo da cosa sarà determinata la chiave del successo

Pubblicato il 28 Giu 2021

Stefano Bruscoli

Responsabile U.O. Sistemi Informativi & Statistica, Comune di Pesaro

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Per l’ennesima volta il tema del digitale della Pubblica Amministrazione italiana sta tornando al centro dei dibattiti sulla riorganizzazione ed efficientamento del settore. Il tema nel passato è stato ripreso più volte, sia a livello normativo che con finanziamenti importanti.

A oggi il risultato non è entusiasmante e, nelle varie classifiche a livello europeo, ad esempio l’indice DESI 2020, l’Italia è ancora fanalino di coda su molti aspetti del digitale. Il PNRR prendendo atto di questa situazione destina circa 50 miliardi sui 235 totali del Piano medesimo. È una cifra impressionante, mai vista prima; a titolo esemplificativo si consideri che una manovra finanziaria in epoca pre-pandemia aveva un valore complessivo medio di circa 25 miliardi, per tutte le esigenze del Paese; si consideri inoltre che l’informatica di tutta la PA italiana costa circa 6 miliardi all’anno in spesa corrente.

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Siamo pronti a gestire al meglio una mole di risorse così elevata? La chiave di successo sarà determinata solamente da scelte informatiche oppure anche di organizzazione/strategia? Proveremo di seguito a dare alcune risposte partendo dalla situazione attuale.

PA digitale: il nodo della governance

A partire dal secondo Governo Conte, è stata ripristinata la figura di un Ministero per l’Innovazione come delega autonoma, seppure senza portafoglio, figura precedentemente accorpata in altre deleghe, dopo la notevole esperienza del MIT – Ministero per l’Innovazione e la Tecnologia a partire dal 2001 con Lucio Stanca. Altro episodio degno di rilievo è stata la creazione del Team Digitale con l’attività di Diego Piacentini, che a partire dall’agosto 2016 e fino a metà 2018 circa, diede un grande contributo all’evoluzione di alcune piattaforme nazionali quali pagoPA e ANPR.

La situazione, in generale, però appare tutt’altro che organizzata e non si sta andando nella direzione di creare una centralità gestionale sul tema del digitale. Questo a mio parere è un errore strategico fondamentale che se non corretto non ci porterà molto lontano.

Al momento, a livello di PAC – Pubblica Amministrazione Centrale si contano diversi soggetti che operano a vario titolo. Un elenco, sicuramente non esaustivo:

  • Ministero per l’Innovazione Tecnologia e Transizione al Digitale, Ministro senza portafoglio che fa riferimento alla Presidenza del Consiglio, avvalendosi del Dipartimento specifico
  • Il Dipartimento per la Trasformazione Digitale, un pezzo del Team Digitale diretto da Piacentini
  • La società partecipata PagoPa Spa che si occupa dei pagamenti digitali
  • L’AgID, Agenzia per l’Italia Digitale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri
  • Sogei spa, società di Information tecnology del Ministero delle Finanze

Aggiungo la neonata Agenzia per la cyber security nazionale, ulteriore organismo posto sotto la Presidenza del Consiglio.

Parola d’ordine: organizzazione

Solo questo fa pensare che la prima esigenza in assoluto non sia quella di definire cosa fare ma chi lo deve fare, ovvero organizzazione. L’articolazione sopra descritta, unitamente al fatto che ogni Ministro ha il proprio “Centro di Elaborazione Dati”, usando un termine arcaico ma chiarissimo, va a mio modesto parere rivista completamente. Ovvero il Ministero dell’Innovazione Tecnologica e/o Digitale oppure in qualsiasi modo lo si voglia chiamare (MIT sarebbe stupendo!) deve essere un Ministero “pesante” con un proprio bilancio e uffici, che riconduca a sintesi la situazione sopra descritta nella propria struttura che si dovrà occupare di tutti gli aspetti e le tematiche del digitale. Questo sia in termini di programmazione e strategia digitale per il Paese, con l’elaborazione di tutta la normativa su Innovazione digitale e tecnologia, sia anche come struttura operativa, ovvero l’unico “CED” per tutta la PA Centrale. In sintesi, il Centro Nazionale per l’Informatica della PA, dove dovranno convergere pagoPA, AgID, ecc.

Inoltre, viste le ultime notizie in merito alla creazione del Polo Strategico Nazionale per il Cloud della PA, con la modalità di partenariato pubblico-privato, sarebbe la struttura pubblica a cui affidare la governance pubblica del sistema.

Una soluzione per avere norme semplici, efficaci e soprattutto applicabili

Sarebbe una rivoluzione “copernicana”, una vera governance dell’Informatica pubblica che potrà determinare la strategia digitale a livello nazionale per utilizzare al meglio i fondi del PNRR. Esercitare nella stessa struttura sia funzioni gestionali che normative/stategiche potrebbe essere di grande aiuto alla scrittura di norme semplici, efficaci e soprattutto applicabili veramente.

Si potrebbe così evitare di scrivere norme irrealistiche, come ad esempio il comma 515 della L. 208/2015 secondo il quale la spesa per l’informatica doveva essere ridotta del 50% nel triennio 2016-18, quando altre normative spingevano l’acceleratore per l’incremento di digitale nella PA italiana. È ben chiaro che questo non è possibile!

Il Ministero dovrebbe avere poteri di coordinamento dell’attività della PAL – Pubblica Amministrazione Locale, con una cabina di regia con le Regioni, che a loro volta dovranno relazionarsi con gli Enti Territoriali minori, in una sorta di piramide/network. Così facendo si potrebbe fare molto meglio in diversi settori delegati alla competenza regionale; un solo esempio: utilizzare la logica della cooperazione applicativa per rendere interoperabili gli archivi dei dati sulle vaccinazioni Covid fra le varie Regioni consentendo così il raggiungimento di un obbiettivo di gestire le vaccinazioni su scala nazionale.

Un approccio bottom-up: best practice avviate negli enti locali

Quanto sopra scritto rappresenta un approccio top-down della governance/strategia. Esiste anche un approccio bottom-up, rappresentato da numerose best practice avviate in molti enti locali.

In primis l’esperienza di molte unioni di Comuni che hanno conferito all’Unione medesima lo svolgimento delle funzioni di informatica. Questa è una scelta strategica, determinante per tutti i successivi conferimenti di ulteriori funzioni all’Unione da parte dei Comuni componenti.

Vorrei citare l’esempio che ritengo virtuoso di Pesaro con l’Unione del Pian del Bruscolo che riunisce i Comuni di Pesaro (Moteciccardo dal luglio 2020 è stato fuso con Pesaro), Gabicce Mare, Gradara, Tavullia e Vallefoglia. Un comprensorio di circa 130 mila abitanti che rappresenta la metà della Provincia di Pesaro e Urbino. A partire già dal 2015 con una prima Unione, confluita poi in quella attuale, i Sistemi Informativi e Statistica di Pesaro sono stati conferiti in Unione e avviata la trasformazione informatica giunta oggi in fase molto avanzata.

Il progetto, che amo definire “Il Sistema Operativo della Bassa Valle del Foglia” ha portato all’unificazione applicativa/metodologica dei sistemi informativi dei vari enti, mediante l’utilizzo di software che gestiscono configurazioni multi Ente in una unica installazione, ovvero con un solo DB server multiistanza e un unico application server. La parte “core” del sistema, ovvero la gestione documentale, la finanziaria, il personale e l’anagrafe, è gestita con un software modulare prodotto da un’unica software house. I cosiddetti “verticali” ovvero specifici applicative per la gestione di tematiche molto tecniche, es. SUAP/SUE, Servizi Sociali, ecc. sono applicativi di altre software house che con la logica delle API / Web Services scambiano le informazioni con la parte “core”. I vantaggi di questa architettura sono evidenti, uno per tutti: le informazioni dei soggetti registrati in anagrafe sono disponibili, con un set limitato di informazioni, anche al Protocollo per l’invio di comunicazioni utilizzando ad esempio l’indirizzo registrato in anagrafe.

L’utilizzo di questo sistema in una Unione di Comuni, oltre a favorire il conferimento di altri servizi all’Unione medesima comparta già innumerevoli vantaggi. Due per tutti:

  • Intercambiabilità di operatori di back-office fra i vari enti, cosa utilissima soprattutto per quelli più piccoli che possono avvalersi della disponibilità di quelli del Comune più grande senza alcuno problema di tipo operativo
  • Disponibilità di servizi online per tutto il bacino di utenza; il professionista che presenta una pratica online a Pesaro ha lo stesso sistema negli altri Comuni associati. È evidente la riduzione di complessità e il possibile risparmio di tempi di lavorazione. Stessa cosa anche per i cittadini

Quindi concludendo, approccio top-down e bottom-up, nella logica sopra descritta. Non dobbiamo fallire l’obbiettivo di utilizzare al meglio le risorse del PNRR. Queste sono come il Pianeta in cui viviamo: non ne avremo altre così consistenti a disposizione.

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