La PA ha bisogno di un modello operativo, attivato da una governance efficiente, per diventare digitale. Riorganizzarsi per innovarsi deve essere il nuovo motto.
La trasformazione non si fa aderendo in maniera acritica alle nuove norme o digitalizzando “a pioggia” i processi, anche quelli ormai inadatti a soddisfare le esigenze dei cittadini. Così facendo si rischia soltanto di trasmettere all’interno dei sistemi informativi una struttura operativa inadeguata alla società digitale. Cerchiamo di capire, allora, in che modo rendere i processi migliori, prima di digitalizzarli, partendo dai tre “must” che le PA devono tenere in considerazione per evolvere con il digitale.
Le tre C della trasformazione digitale
- “Convergenza”. La frammentazione delle organizzazioni, dei processi, delle soluzioni informatiche è ancora troppo elevata, e lo sforzo di semplificazione e convergenza che devono fare le PA deve accelerare. Per digitalizzarsi occorre quindi interrogarsi prima sui processi, metterli in discussione, e cercare – ove possibile – di sfruttare al massimo le sinergie con altri uffici ed altri enti.
- “Cittadino”, inteso in due modi. Innanzitutto, come punto di partenza per ripensare i processi interni della PA in ottica “service driven”, ovvero in termini di servizio che deve essere erogato all’utente finale; in secondo luogo come necessità di lavorare sulla “Citizen Experience”, la customer experience della PA, in modo da rendere veramente fruibili i servizi e facilitare il processo di adozione dei nuovi strumenti.
- “Competenze”. Una delle sfide più dure si gioca – come al solito – sul campo delle competenze. Oggi nei Sistemi Informativi sono richieste sempre più competenze manageriali (pianificazione, delega e controllo), di innovation (come creative resolution ed agility), orientate alla comprensione dei processi di business ed alla gestione dei dati: non più un IT “application-driven”, imbrigliato alle soluzioni tecnologiche in essere, ma una IT capace di governare processi e fornitori, aperto all’innovazione e capace di cogliere e gestire le nuove occasioni che si presentano.
Il primo passo per la trasformazione
Il primo passo di qualsiasi percorso di trasformazione digitale è quello di eseguire un’analisi critica dei processi che devono essere digitalizzati, adottando un approccio aperto ed essendo disposti, qualora fosse necessario, a mettere in discussione l’organizzazione per farla evolvere. Non serve aspettare una nuova norma che regolamenta un determinato aspetto per cominciare a semplificare, reingegnerizzare e rendere fluidi i processi della PA: cambiare per migliorare, quindi, e non (solo) per essere compliant.
Che vantaggio avremmo nel digitalizzare processi inadeguati? Da qui l’esigenza di interrogarsi su come rendere i processi migliori, prima di digitalizzarli.
I Cantieri della PA digitale Per aiutare le PA ad interrogarsi sulle soluzioni, nel 2016 FPA ha lanciato l’iniziativa “Cantieri della PA digitale”, laboratori permanenti dedicati ai temi dell’innovazione digitale della PA italiana, che guardano alla trasformazione digitale partendo proprio dalla prospettiva organizzativa. I Cantieri aggregano la community dei più autorevoli operatori pubblici e privati responsabili dell’attuazione del processo di innovazione e digitalizzazione della PA italiana, e si propongono di supportare i percorsi di attuazione della PA digitale attraverso analisi, networking, condivisione di best practice, comunicazione e advocacy. All’interno di questa iniziativa si colloca il Cantiere IT Governance che si propone di disegnare i percorsi di razionalizzazione ed evoluzione organizzativa e tecnologica della PA, anche alla luce delle previsioni del Piano triennale per l’ICT. |
Governare gli acquisti end-to-end
Il successo di un processo di approvvigionamento pubblico avviene se vengono gestiti tutti e 3 gli elementi della catena:
- La definizione delle strategie di digitalizzazione e di sourcing
- La gestione operativa degli approvvigionamenti (bando e selezione)
- La gestione dell’esecuzione dei lavori
Oggi la domanda di beni e servizi è ancora troppo frammentata da parte delle PA: non sono infrequenti casi in cui, pur avendo fabbisogni comuni, più enti si ritrovino a redigere le medesime relazioni di fungibilità. Le PA devono far leva su un network di enti coordinato, al fine di razionalizzare la domanda e le soluzioni adottate. Come fare? Un’idea è sfruttare di più e meglio gli ecosistemi di AgID, oggi usati soprattutto per creare accordi quadro sull’acquisto di competenze (spesso, di fatto, time&material) e per definire soluzioni infrastrutturali per sperimentare il cloud. Gli ecosistemi possono diventare veramente un luogo privilegiato in cui le PA convergano sui processi core per offrire servizi al cittadino più uniformi e integrate.
Sulla gestione operativa degli approvvigionamenti, Consip negli ultimi anni sta mettendo a disposizione delle PA degli strumenti per l’acquisto di tecnologie digitali (ad es. Accordi quadro/convenzioni/contratti quadro, SDAPA e MEPA) con lo scopo di rendere più standardizzato e veloce il processo di acquisto. Si tratta, in ogni caso, di strumenti che non indirizzano gli enti verso soluzioni target da adottare: lasciano, infatti, ampio margine di liberta nelle scelte di acquisto, rendendo necessario un lavoro preliminare di analisi e progettazione che, purtroppo, la maggioranza degli enti non hanno le risorse di fare
Processi di demand: anello di congiunzione tra idee ed execution
La Funzione IT ha l’occasione di uscire dal suo ruolo tradizionale che la vedeva quasi esclusivamente relegata a sviluppo applicativo, assistenza agli utenti e gestione di reti e sistemi, per assumere un ruolo strategico: essere partner delle direzioni per aiutarle ad evolvere.
Parliamo di Demand Management: l’insieme di processi che aiutano a creare un dialogo efficace tra Uffici/Unità Organizzative ed IT, al fine di gestire l’innovazione come un portafoglio di iniziative armonizzato ed allineato al piano strategico.
I processi di Demand includono:
- Business Relationship management,
- Portfolio Management,
- Enterprise Architecture,
- Requirement Engineering e
- Resource Management.
L’allineamento tra le unità organizzative della PA e la Direzione Sistemi Informativi va oggi rafforzato e sostenuto: non più un IT che risponde in modo reattivo alle richieste delle direzioni, ma una IT proattiva, che va incontro alle direzioni per aiutarle ad interpretare i loro bisogni e a metterli a terra in modo ordinato. Se è vero che il digitale è diventato pervasivo sia nei processi interni all’organizzazione che nei servizi al cittadino, la naturale conseguenza è l’aumento esponenziale di scambi tra direzioni e Sistemi Informativi.
Il primo supporto che può dare l’IT
A fronte di un numero sempre maggiore di iniziative di digitalizzazione, l’IT può aiutare gli organi di governo ad armonizzare le iniziative in un portafoglio di programmi e progetti allineato a strategia e risorse disponibili. Dare visibilità continua dell’andamento del portafoglio abilita gli organi di governo a prendere decisioni critiche, in base alle reali priorità.
Un altro mantra è sfruttare gli approcci agili (ormai non più) emergenti. Agile e DevOps non sono appannaggio di quell’elite di aziende private ed iper-innovative “alla Netflix”: sono metodologie che vanno gradualmente introdotte anche nelle PA. Come? A partire da alcune unità organizzative più mature o dai programmi di trasformazione più innovativi, per poi essere estesi a tutta l’organizzazione.
Infine, in questo scenario, dove business ed organizzazione cambiano continuamente, una gestione dell’Enterprise Architecture strutturata è ciò che consente alla PA di mantenere la capacità di cambiare. La visione armonizzata di processi, flussi dati, applicazioni e tecnologie, costituisce le solide fondamenta su cui la domanda di innovazione digitale può evolvere continuamente.
Occorre costruire un processo solido di demand management. Si tratta naturalmente di un percorso lungo, che va affrontato un passo alla volta e ci vogliono sicuramente degli anni per portarlo a termine. In questo percorso l’IT, in quanto funzione trasversale abituata a lavorare per progetti, può essere davvero il motore del cambiamento.
Data driven innovation e performance management
Da ormai diversi anni, grazie alla numerosità dei processi che si appoggiano ai sistemi informativi, le organizzazioni hanno in mano una grandissima quantità di dati che, tuttavia, spesso considerano solo un costo da gestire, piuttosto che una miniera da dove poter estrarre informazioni utili per migliorarsi. L’immagine della miniera è stata ripresa dagli ideatori delle discipline di Data & Process Mining: un approccio innovativo all’analisi dei processi basato sui dati, diffuso soprattutto in altre parti del mondo (in particolare USA, nord Europa ed Australia) che sfrutta i dati presenti nei sistemi informativi per “estrapolare” e rappresentare i processi di business per come vengono realmente agiti, evidenziandone colli di bottiglia, comportamenti anomali e permettendo di cogliere insights per migliorare i processi.
Valorizzare i dati disponibili è dunque un altro passo concreto che possono fare le PA per “scoprirsi” e migliorarsi, con uno sforzo decisamente ridotto rispetto agli approcci classici di analisi dei processi che, a partire da lunghi cicli di interviste ai Process Owner, spesso non riescono a cogliere la realtà per com’è veramente.
Sfruttare i dati significa anche sapersi porre degli obiettivi e misurarsi continuamente, gestire le performance dell’organizzazione non solo per essere compliant, ma per mettere al centro ciò che veramente è importante: il servizio al cittadino e l’efficienza operativa.
Il percorso è lungo. Premia la costanza.