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PA digitale, Tartari: “Rafforzare le risorse nazionali e la governance”

Dopo aver posto le basi per una infrastruttura a banda ultra larga nazionale e impostato la creazione di un sistema operativo del Paese, per il territorio comincia la vera sfida: soddisfare i bisogni degli utenti. Ma per non disperdere quanto fatto finora servono risorse finanziarie nazionali

Pubblicato il 07 Giu 2018

Dimitri Tartari

Coordinatore tecnico Commissione Agenda Digitale Conferenza delle Regioni e Province Autonome

PNRR

Abbiamo fatto le infrastrutture (Piano Nazionale Banda Ultra Larga), o perlomeno abbiamo impostato le cose e abbiamo messo le risorse, ora si tratta solo di fare e di fare in fretta e di non buttare gambe all’aria quanto fin qui impostato (dentro ci sta anche l’indispensabile intervento sulle aree grigie per garantire un Paese che abbia omogeneità territoriale e non a macchia di leopardo al contrario). Si tratta di un intervento di politica economica che abilita le imprese a competere ma allo stesso tempo apre i mercati territoriali ad una nuova concorrenza che non va ostacolata ma cavalcata favorendo lo sviluppo di competenze digitali che portino le nostre piccole e medie imprese ad offrire beni e servizi attraverso il Web e secondo nuove logiche di produzione e delivery.

Il sistema operativo del Paese

Il sistema operativo è disponibile, il Team Digitale di Piacentini ha rivisto in modo rilevante molte impostazioni, ha strattonato il sistema pubblico, in alcuni casi con successo, in altri dovendo prendere atto della complessità e del fatto che i problemi a volte non sono di tipo tecnico/tecnologico e quindi non hanno soluzioni predeterminate. È stata in sostanza ripulita la scrivania e sono state date le chiavi del sistema in mano ad esperti, stiamo lentamente migliorando ma le basi sono gettate. Se riusciremo a far si che d’ora in poi si lavori in modo qualitativamente adeguato, utilizzando approcci e soluzioni tecnologiche “contemporanei” avremo centrato l’obiettivo.

Come valorizzare il sistema operativo

Quando ero bambino, ero molto affascinato dalla tecnologia, non ho avuto il Commodore64 (sono un pelo più giovane) e però ho vissuto tutto lo sviluppo e diffusione del Personal Computer (PC), e ovviamente del gaming su PC. Ricordo con chiarezza una cosa… il mio primo PC (diciamo il secondo perché il primo aveva lo schermo al fosforo verde e i floppy grandi e flessibili). Il mio secondo PC (386 con processore matematico e schermo a colori) montava già un sistema operativo (nello specifico Windows 3.11 credo…). Il sistema operativo permetteva di fare molte cose, qualcuno avrebbe potuto dire che permetteva di fare tutto, ma serviva comprendere questa enorme potenzialità per sfruttarla. Io per esempio volevo giocare e “campo minato” dopo un poco (dopo molto poco) rendeva il “sistema operativo” che avevi davanti meno interessante. Il sistema operativo può essere valorizzato solo se si ha uno scopo, un obiettivo da raggiungere. Altrimenti viene dimenticato a favore di sistemi specifici che fanno poche cose ma molto molto bene e i video games ne erano un esempio.

La vera sfida comincia ora

Poco dopo (un anno direi) fu il momento di Internet (l’infrastruttura), ero l’utente Nettuno ISP n.27, modem analogico e connessione Internet. Ricordo bene la prima volta che riuscii ad essere on line: la delusione fu enorme. Pochissimi contenuti, tutti in inglese, e più che altro cose poco divertenti e molto di servizio, per me però completamente inutili. Forse l’esempio non è completamente calzante ma vorrei evidenziare che non è sufficiente una infrastruttura ed un completo sistema operativo per soddisfare le esigenze degli utenti, sono fattori necessari come si dice ma non sufficienti.

Infrastrutture e sistema operativo sono la base su cui vanno poggiate politiche e strategie, relazioni con gli utenti finali, collaborazioni con tessuto imprenditoriale e artigianato, cooperazione con terzo settore e volontariato. Inizia qui ed ora quindi la sfida che sta tutta in mano al territorio (alle Regioni e ai Comuni oltre che ai soggetti privati profit e non che agiscono sui territori).

Le risorse per accelerare la trasformazione digitale

Parole chiave: concretezza, utilità, competenze, comunità. Elemento abilitante: risorse economiche, che in parte sono già nelle policy di settore e che in parte, se si vuole accelerare, vanno previste. Lo ripeto in quanto per diversi anni sono stato un sostenitore del budget zero come fattore di igiene in un ambito di policy in cui le troppe risorse disponibili in passato hanno fatto più male che bene. Oggi, anche grazie a questo momento prolungato di carenza di risorse, si è, spero in modo irreversibile, abbracciato un modello di sviluppo tecnologico che parte da standard, piattaforme comuni e servizi condivisi. Ora non si vogliono creare disparità tra territori, aree del paese ricche e quelle più povere, c’è la necessità di mettere in campo risorse nazionali che accelerino la trasformazione digitale della PA.

Gli interventi della Regione Emilia Romagna

Come Regione Emilia-Romagna, oltre a seguire il percorso di sviluppo del Piano Triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione e del Piano Nazionale Banda Ultra Larga, nell’ambito dell’Agenda Digitale dell’Emilia-Romagna (ADER) si stanno sviluppando e completando interventi su:

  • BUL per le scuole: oltre 1000 scuole collegate alla rete Lepida e quindi ad 1 Giga;
  • la Rete come diritto, oltre 3500 punti wifi ad accesso libero e gratuito sul territorio, con un solo SSID, obiettivo 1 ogni 1000 abitanti;
  • semplificazione ed integrazione di servizi: accesso unitario ai servizi alle imprese, integrazione tra sportello unico attività produttive, edilizia, autorizzazioni ambientali e altro;
  • costruzione di comunità nella PA: 10 (presto 11) comunità tematiche attive, gruppi di lavoro di operatori della PA, oltre 1000 aderenti nominati dalle amministrazioni territoriali per confrontarsi, definire e pianificare interventi che sono già oggi parte dell’attuazione dell’Agenda Digitale dell’Emilia-Romagna;
  • costruzione di comunità con i cittadini e le imprese: 10 Laboratori Aperti, con POR-FESR Asse 6, spazi in cui PA e cittadini fanno co-progettazione e co-design di applicazioni per vivere meglio la città e fruire dei suoi spazi e servizi.
  • costruzione di policy territoriali: Modello di Agende Digitali Locali che prevede supporto, linee guida, vademecum, percorsi per la definizione di una strategia di agenda digitale a livello locale, la definizione di patti per l’innovazione con i soggetti del territorio (pubblici e privati), la realizzazione di percorsi di consultazione e partecipazione, la stesura di piani operativi con progettualità;
  • governo della strategia ADER: creazione Cabina di Regia “digitale” all’interno della Regione per coordinare e armonizzare approcci tra Direzioni Generali, Istituti, Agenzie, In-house del perimetro di Regione;
  • competenze digitali: avvio nuova edizione Pane e Internet, forte orientamento a trasferire competenze finalizzate a fruizione sevizi si utilità, accordi con Agenzia Entrate, Forze dell’Ordine, ecc… per fornire pacchetto conoscenze base ma anche consapevolezza servizi.
  • dati come nuovo bene pubblico: avvio lavori per definizione Banca Regionale del Dato, approfondimenti e studio di fattibilità per la gestione, manipolazione e utilizzo dei dati detenuti dalle PA (non solo Open Data).

Le azioni che servono alle Regioni per la governance 2.0

Alla luce delle considerazioni fatte e dell’esperienza maturata a livello locale nell’Emilia-Romagna credo che il sistema delle Regioni, con la collaborazione ed il sostegno del livello nazionale, dovrebbe:

  • Individuare due progetti strategici interregionali su settori fortemente rilevanti in termini di impatto sui cittadini (turismo, mobilità, welfare, sociale, ambiente);
  • Individuare e definire un nucleo stabile di coordinamento tecnico/strategico che dialoghi con il livello nazionale (AgID, Team, ecc…). Molto bene la Commissione Agenda Digitale della Conferenza delle Regioni, bene anche il Cisis ma forse è venuto il momento di passare alla versione 2.0 del modello di governance avendo oramai maturato esperienza per 3 anni.

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