L’utilizzo degli incarichi, consulenze o collaborazioni conferiti dalle PA a soggetti esterni in assenza di presupposti normativi, è una delle forme più frequenti di cattiva gestione compresa nel “panorama delle fattispecie pervenute alla cognitio della Corte in sede di responsabilità amministrativa” citate, fra l’altro, dal Presidente della Corte dei Conti Martucci nella cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2017.
I costi
Qualche dato: per dare un’idea dei costi segnaliamo che dai dati della Relazione del Dipartimento della Funzione Pubblica al Parlamento, dicembre 2016, nonostante pare ci sia stato un decremento rispetto all’anno 2014 risulta che le pubbliche amministrazioni abbiano liquidato nell’anno 2015, 1,8 miliardi di euro (1.181.804.281,98) di compensi a collaboratori esterni. Il dato è sicuramente parziale e sottodimensionato perché molte amministrazioni non comunicano i dati, né è dato conoscere se tali ingenti investimenti di risorse siano stati produttivi. Le condanne della Corte dei Conti continuano comunque a fioccare numerose a testimoniare che per il rilancio della pubblica amministrazione non basta introdurre sic et simpliciter professionalità esterne.
I presupposti per il conferimento
È bene ricordare che i presupposti di legittimità per il conferimento degli incarichi sono dettati dall’art.7 comma 5 bis del d.lgs 165/2001 e appaiono molto stringenti, perché le amministrazioni possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, solo per specifiche esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, pena le responsabilità amministrativa del dirigente. In particolare: “a) l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente;
b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;
d) devono essere preventivamente determinati durata, oggetto e compenso della collaborazione;”
Si può prescindere dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell’arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell’attività informatica, fermo restando l’obbligo di accertare la professionalità.
In ogni caso occorre sempre esperire una preventiva procedura di interpello interno, perché le medesime professionalità richieste, soprattutto nelle grandi amministrazioni dove vi è un numero di personale molto elevato, potrebbero essere presenti all’interno della pubblica amministrazione, con risparmio di risorse.
È l’ispettorato per la Funzione Pubblica istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e che opera alle dirette dipendenze del Ministro deputato a vigilare sul corretto conferimento degli incarichi. L’ispettorato esercita le funzioni ispettive d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, e nell’ambito delle proprie verifiche può avvalersi anche della Guardia di Finanza.
Inoltre, al fine di corrispondere a segnalazioni da parte di cittadini o pubblici dipendenti circa presunte irregolarità, può richiedere chiarimenti in relazione ai quali l’amministrazione interessata ha l’obbligo di rispondere, anche per via telematica, entro 15 giorni. A conclusione degli accertamenti, gli esiti delle verifiche svolte costituiscono obbligo di valutazione, ai fini dell’individuazione delle responsabilità e delle eventuali sanzioni disciplinari. Gli ispettori, nell’esercizio delle loro funzioni, hanno piena autonomia funzionale ed hanno l’obbligo, ove ne ricorrano le condizioni, di denunciare alla Procura Generale della Corte dei Conti le irregolarità riscontrate.
L’Ispettorato vigila sul conferimento degli incarichi, avvalendosi dei dati comunicati dalle Amministrazioni.
L’obbligo delle PA di comunicazione dei dati
La amministrazioni infatti hanno l’obbligo di comunicare l’elenco degli incarichi esterni conferiti ai sensi dell’art. 53, comma 14 secondo periodo del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica che raccoglie i dati nella banca dati PERLAPA.
Dal 23 giugno 2017 il Dipartimento della funzione pubblica consente la consultazione, anche per nominativo, dei dati sul sito www.consulentipubblici.it ove è possibile prendere visione e scaricare i file degli incarichi conferiti a partire dal 1 gennaio 2016 inseriti nella banca dati Anagrafe delle prestazioni.
Sempre dal 23 giugno 2017 le amministrazioni pubbliche che hanno comunicato tali dati possono ottenere i link ipertestuali da inserire nella sezione di Amministrazione Trasparente dei propri siti web, sotto sezione “consulenti e collaboratori” ove però vanno pubblicati anche altri dati oggetto di pubblicazione obbligatoria che non rientrano negli obblighi della citata comunicazione, come ad esempio il curriculum dei consulenti incaricati.
Da ricordare inoltre che il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun anno, trasmette alla Corte dei Conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, gli elenchi dei propri consulenti indicandovi oggetto, durata, compenso e attestazione della verifica dell’insussistenza di situazioni anche potenziali di conflitto di interessi, in formato digitale standard aperto, e l’elenco delle Amministrazioni che abbiano omesso di effettuare la comunicazione dell’elenco dei consulenti esterni.
L’obbligo delle PA di pubblicazione
A parte gli obblighi di comunicazione, al fine di favorire il controllo diffuso dei cittadini, il decreto trasparenza d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, all’articolo 15 dispone che le pubbliche amministrazioni debbano pubblicare nella sezione “Amministrazione trasparente”, nella sotto-sezione di primo livello “Consulenti e collaboratori” entro 3 mesi dal conferimento dell’incarico e per i 3 anni successivi alla cessazione dello stesso e aggiornare le informazioni sui soggetti percettori degli incarichi di consulenza o collaborazione, ed in particolare a) gli estremi dell’atto di conferimento dell’incarico; b) il curriculum vitae; c) i dati relativi allo svolgimento di incarichi o la titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione o lo svolgimento di attività professionali; d) i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di consulenza o di collaborazione, con specifica evidenza delle eventuali componenti variabili o legate alla valutazione del risultato. I compensi sono da pubblicare al lordo di oneri sociali e fiscali a carico del collaboratore.
Alla categoria degli incarichi di consulenza oggetto di pubblicazione obbligatoria l’ANAC nella delibera 1310 già chiarito che siano ricondotti quelli conferiti ai commissari esterni membri di commissioni concorsuali, quelli di componenti del Collegio sindacale e quelli di componenti del Collegio dei revisori dei conti.
Inoltre fra gli incarichi da pubblicare perché inquadrati come incarichi di consulenza vanno annoverati gli incarichi di patrocinio legale attribuiti ai professionisti per la difesa e la rappresentanza dell’ente in relazione a singole controversie. Qualora invece siano riconducibili alla nozione di appalto di servizio l’amministrazione dovrà pubblicarli sempre all’interno della sezione “Amministrazione trasparente”, ma nella sotto-sezione di primo livello “Bandi di gara e contratti”.
I dati sono da pubblicare sia a titolo oneroso sia a titolo gratuito.
Rischi e sanzioni in caso di omessa pubblicazione
La pubblicazione degli estremi degli atti di conferimento di incarichi dirigenziali di collaborazione o di consulenza a soggetti esterni a qualsiasi titolo per i quali è previsto un compenso, completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell’incarico e dell’ammontare erogato nonché la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica dei relativi dati ai sensi dell’articolo 53, comma 14, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, sono condizioni per l’acquisizione dell’efficacia dell’atto e per la liquidazione dei relativi compensi.
In caso di omessa pubblicazione il pagamento del corrispettivo determina la responsabilità del dirigente che l’ha disposto, accertata all’esito del procedimento disciplinare, e comporta il pagamento di una sanzione pari alla somma corrisposta al consulente fatto salvo il risarcimento del danno del destinatario.
Chiunque, può vigilare sul corretto conferimento degli incarichi cittadini, associazioni, sindacati
Riepilogando il controllo diffuso può essere esercitato attraverso la verifica diretta su entrambi i siti, il sito della pubblica amministrazione che ha conferito l’incarico e il sito www.consulentipubblici.it, proprio perché non vi è coincidenza tra i dati da comunicare al Dipartimento di cui lo stesso rilascia il link per la pubblicazione e i dati da pubblicare nella sezione Amministrazione Trasparente a prescindere a completamento dei primi.
L’obiettivo di semplificazione prefissato dal legislatore all’art. 9-bis del d.lgs 33 del 2013, introdotto dal d.lgs 97 del 2016, con la previsione per le PA di poter adempiere all’obbligo di pubblicazione con la comunicazione dei dati all’amministrazione titolare della banca dati, nel caso degli incarichi non risulta raggiunto perché i dati da comunicare e che saranno contenuti nella Banca dati non sono esattamente coincidenti con quelli oggetto di pubblicazione.
Di positivo c’è che tutti i dati saranno o dovrebbero essere comunque ancora raggiungibili direttamente dai siti web delle Amministrazioni conferenti gli incarichi.
In caso di omissione di pubblicazione i cittadini possono richiederne la pubblicazione con una semplice istanza di accesso civico ai sensi dell’art. 5 comma 1 del decreto 33/2013, da inoltrare al Responsabile della Trasparenza dell’Amministrazione che ha conferito l’incarico o indirizzata al Responsabile della Trasparenza del Ministero della Funzione Pubblica titolare della Banca dati nel caso dei dati oggetto di comunicazione.
L’istanza è gratuita, non necessita di motivazione e comporta per la PA l’obbligo di rispondere entro 30 giorni indicando al cittadino anche il collegamento ipertestuale.
Se le Amministrazioni non rispondono è possibile inviare una segnalazione utilizzando l’apposito modulo predisposto dall’ANAC o inoltrare ricorso al TAR competente.
Un esempio di azione civica che mira al controllo diffuso su altra importante tipologia di incarichi è stata intrapresa da cittadini membri della community facebook trasparenza siti web pa.
A marzo 2017 secondo la consueta formula dell’accesso civico partecipato avevamo presentato al Responsabile anticorruzione e della trasparenza del Ministero della giustizia la richiesta di pubblicare i dati previsti dall’art. 15 ter del decreto trasparenza relativi a incarichi e compensi degli amministratori giudiziari nominati dalle Procure come responsabili della custodia, della conservazione e della amministrazione di beni e aziende confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata.
Alla richiesta notificata anche all’Autorità anticorruzione, non era stata data alcuna risposta.
A fronte dell’inerzia del Ministero ci siamo rivolti al TAR Lazio e i giudici con la sentenza n. 09076/2017 hanno ordinato al Ministero di provvedere e di pubblicare entro 30 giorni, gli incarichi summenzionati, con i dati richiesti: la precisazione dell’autorità conferente, la relativa data di attribuzione e di cessazione dell’incarico, gli acconti ed il compenso finale liquidati.
“La novità della fattispecie” per la quale i giudici hanno deciso di compensare le spese del ricorso, nonostante la violazione dell’obbligo di pubblicazione dagli stessi affermato, non sminuisce la tangibile ricaduta in termini di accountability e controllo diffuso dell’azione civica dei membri del gruppo facebook che hanno spontaneamente aderito sostenendo il ricorso per la causa della trasparenza.