Il termine del 30 novembre per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al 2022 è sempre più vicino, e questo termine è particolarmente rilevante, com’è noto, anche per i cripto-investitori, poiché per questi ultimi vi sono degli specifici obblighi dichiarativi (nonché la possibilità di usufruire di alcuni regimi opzionali, come si vedrà meglio in seguito).
L’ultima dichiarazione prima dell’entrata in vigore della riforma
Bisogna innanzitutto considerare che la dichiarazione dei redditi i cui termini sono in scadenza il prossimo 30 novembre è riferita al periodo d’imposta 2022, ovverosia all’ultimo periodo d’imposta precedente alla riforma della fiscalità dei criptoasset recata dalla Legge di Bilancio 2023. Di conseguenza, la nuova normativa, in vigore dal primo gennaio di quest’anno, non si renderà applicabile per il periodo d’imposta 2022, dovendosi invece fare riferimento ai precedenti orientamenti in tema di tassazione dei criptoasset.
Prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197), infatti, il regime fiscale delle cripto-attività ai fini delle imposte sui redditi non trovava alcun espresso riferimento legislativo, ed era sostanzialmente il risultato dell’elaborazione di concetti contenuti in alcuni documenti di prassi dell’Amministrazione finanziaria.
In particolare, con riferimento alle criptovalute, l’Agenzia delle Entrate si era in passato espressamente pronunciata circa l’assimilabilità delle criptovalute alle “valute estere” considerando applicabile – oltre che ai fini dell’IVA, anche ai fini delle imposte sui redditi – la definizione fornita dal Decreto Legislativo 25 maggio 2017, n. 90, che ha definito ai fini della disciplina antiriciclaggio il concetto di “valuta virtuale” come “la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi è trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.
La qualificazione delle criptovalute
Per l’Amministrazione finanziaria, pertanto, la questione circa la qualificazione delle criptovalute sembrava essersi risolta con l’assimilazione delle stesse alle valute estere “tradizionali”, e a ciò conseguiva in sostanza che alle operazioni di conversione di valuta virtuale si applicassero i principi generali che tutt’ora regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali, e di conseguenza le cessioni a pronti di valuta virtuale non davano in via di principio origine a redditi imponibili, salvo nel caso in cui la valuta ceduta derivasse da prelievi da portafogli elettronici (wallet) per i quali la giacenza media superi un controvalore di Euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta.
Questo approccio ha trovato anche conferma nella Circolare rilasciata dall’Agenzia delle Entrate lo scorso venerdì 27 ottobre (Circolare n. 30/E), secondo cui “applicando tali principi alle cripto-valute, consegue che cessioni a ‘termine’ di tali attività rilevano sempre fiscalmente, mentre le cessioni a ‘pronti’ generalmente non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa, salva l’ipotesi in cui la valuta ceduta derivi da prelievi da wallet, per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 67, comma 1, lettera c-ter), e comma 1-ter”.
A cosa fare attenzione nella dichiarazione dei redditi relativa al 2022
Pertanto, nella dichiarazione dei redditi relativa al 2022 il cripto-investitore dovrà considerare innanzitutto se ha maturato plusvalenze imponibili (da dichiarare nel quadro RT della dichiarazione dei redditi) sulla base dei criteri sopra indicati, considerando altresì che:
- il prelievo dai wallet è equiparato ad una cessione a titolo oneroso;
- Il valore in euro della giacenza media in criptovaluta va calcolato secondo il cambio di riferimento all’inizio del periodo di imposta (ovverosia il 1° gennaio);
- dato che manca un prezzo ufficiale giornaliero cui fare riferimento per il rapporto di cambio tra la criptovaluta e l’euro all’inizio del periodo di imposta, il contribuente può anche utilizzare il rapporto di cambio al 1° gennaio rilevato sul sito dove ha acquistato la criptovaluta o, in mancanza, quello rilevato sul sito dove effettua la maggior parte delle operazioni.
Sulla base di quanto appena descritto, è chiaro che con riferimento al periodo d’imposta 2022 (e precedenti) la rilevanza fiscale delle plusvalenze e delle minusvalenze da criptovalute interessa una parte limitata di contribuenti, ovverosia solo quelli che hanno avuto una giacenza di criptovalute superiore per sette giorni continui alla predetta soglia di 51.645,69 euro – una soglia indubbiamente piuttosto elevata con riferimento alla media dei cripto-investitori.
Al contrario, l’adempimento degli obblighi in materia di monitoraggio fiscale, ovverosia in sostanza la compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi, interessa tutti coloro che nel periodo d’imposta 2022 hanno detenuto criptovalute, a prescindere dall’importo detenuto, anche se per un periodo di tempo limitato, e anche se hanno provveduto a cederle prima della fine del periodo d’imposta.
Anche in tal caso, è significativo dare conto delle principali indicazioni sull’orientamento dell’Amministrazione finanziaria evincibili dai documenti di prassi.
L’obbligo di compilazione del quadro RW per il 2022
Innanzitutto, sembra piuttosto chiaro, anche dall’esame della citata Circolare, che l’obbligo di compilazione del quadro RW per il 2022 sia limitato alle sole criptovalute, e non anche alle altre cripto-attività: il recentissimo documento dell’Agenzia Entrate stabilisce espressamente, infatti, che (par. 3.4) “dal 1° gennaio 2023, tale attività di monitoraggio deve avere ad oggetto tutte le cripto-attività e non solo le cripto-valute”, e che “in coerenza con i chiarimenti già resi in materia mediante risposte ad interpelli pubblicati, pertanto, continua ad essere oggetto di compilazione nel Quadro RW la detenzione di cripto-valute, alla quale si aggiungono tutte le altre fattispecie di cripto-attività detenute attraverso “portafogli”, “conti digitali” o altri sistemi di archiviazione o conservazione”. Pertanto, si ritiene che il contribuente per il 2022 non sia obbligato ad indicare (lo sarà poi a partire dal quadro RW relativo al 2023) gli NFT e gli altri token diversi dalle criptovalute detenuti nel corso dell’anno.
Dichiarazione delle criptovalute e modalità di custodia utilizzata
In secondo luogo, occorre rilevare che l’obbligo di dichiarazione delle criptovalute per il 2022 sussiste indipendentemente dalla modalità di custodia utilizzata dal contribuente: se in passato alcuni commentatori avevano (con motivazioni anche condivisibili) sostenuto che talune modalità di conservazione, quali ad esempio la detenzione mediante hardware wallet, wallet non-custodial o presso exchange domiciliati in Italia, non fossero incluse negli obblighi di monitoraggio, l’Amministrazione finanziaria si è espressa piuttosto chiaramente in senso difforme. Infatti, come ribadito dall’Agenzia delle Entrate nella citata Circolare, “sussiste l’obbligo di compilazione del citato Quadro RW anche nel caso in cui le cripto-valute siano detenute su chiavetta USB, sul telefonino o sul pc”, e che i casi di esonero sono limitati “a condizione che i redditi di natura finanziaria e patrimoniale siano stati assoggettati a tassazione mediante l’applicazione dell’imposta sostitutiva nell’ambito dei regimi del risparmio amministrato o gestito”.
Le novità della Legge di Bilancio 2023
Nondimeno, è necessario considerare che la Legge di Bilancio 2023 ha introdotto due fattispecie opzionali per il cripto-investitore in relazione alla detenzione di cripto-attività ante 2023, il cui termine è previsto nello stesso mese di novembre, ovverosia la rideterminazione del valore delle criptovalute, il cui termine attualmente è il 15 novembre prossimo, e la regolarizzazione delle cripto-attività detenute negli anni 2021 e precedenti, la cui attuale scadenza è il 30 novembre, per cui è d’interesse delineare le principali caratteristiche di tali due fattispecie.
Con riferimento alla regolarizzazione, la Legge di Bilancio per il 2023 ha offerto ai cripto-investitori che non hanno dichiarato le proprie cripto-attività negli anni 2021 e precedenti la possibilità di regolarizzare la propria posizione con una procedura ad hoc, che prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva e la presentazione di un’istanza, corredata da una relazione di accompagnamento (e dalla relativa documentazione di supporto).
Per chi non ha inserito le cripto-attività nel quadro RW, occorrerà versare una sanzione ridotta pari al 0,5% per ogni anno sul valore delle attività non dichiarate. Per chi invece ha anche ottenuto dei redditi da tali cripto-attività da far emergere, oltre a questa sanzione ridotta sarà anche dovuta un’imposta sostitutiva del 3,5% per ciascun anno.
Tali percentuali si applicano sul valore delle attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo. La procedura si perfeziona con l’invio del modello e con il pagamento entro il 30 novembre degli importi dovuti. Al modello deve inoltre essere allegata una relazione di accompagnamento sulla base di uno schema fornito dalla stessa Agenzia delle Entrate, anche al fine di dimostrare la liceità della provenienza delle somme investite.
La rivalutazione fiscale dele cripto-attività
Con riferimento, invece, alla rivalutazione fiscale dele cripto-attività, la Legge di Bilancio 2023 ha offerto ai cripto-investitori la possibilità di rivalutare fiscalmente i propri criptoasset, mediante versamento di un’imposta sostitutiva pari al 14% sull’intero valore rivalutato, assumendo quindi come “nuovo” valore di costo il valore di mercato al primo gennaio 2023.
Questa è un’opportunità particolarmente conveniente per chi ha acquisito le criptovalute a prezzi significativamente più bassi rispetto al valore ad inizio 2023, perché tramite la rivalutazione potrà ridurre (o anche annullare) l’importo di una eventuale plusvalenza futura, soggetta ad imposta con aliquota del 26%.
Si possono rivalutare sia le criptovalute, sia le altre cripto-attività i cui redditi son oggi considerati tassabili (quali ad esempio gli NFT e gli utility token), purché non siano rappresentazioni digitali di strumenti finanziari. Peraltro, si possono rivalutare anche solo alcune cripto-attività e non necessariamente tutte quelle possedute, ma secondo un approccio per “classi” (ad esempio, se il contribuente alla data del 1° gennaio 2023 detiene n. 10 bitcoin e n. 20 ethereum e decide di rideterminare solo il valore dei bitcoin, deve rideterminare il valore di tutti i n. 10 bitcoin detenuti).
La valutazione di convenienza per il contribuente che deve scegliere di esercitare o meno questa opzione è piuttosto complessa: infatti, mentre l’imposta sostitutiva del 14% va applicata sull’intero valore oggetto della rivalutazione, l’imposizione del 26% riguardale plusvalenze (ovverosia la differenza tra costo di acquisto e prezzo di cessione). Da qui l’esigenza di adottare un approccio “caso per caso” al fine di esaminare se la rivalutazione fiscale sia effettivamente un’opportunità interessante per il cripto-investitore.