In meno di un decennio hanno cambiato la definizione di denaro, ma non tutti sono a conoscenza delle numerose sfaccettature che contraddistinguono le più importanti criptovalute, così come dei livelli di capitalizzazione di mercato da queste raggiunte e delle differenti tecnologie che sono alla base delle stesse.
Una delle ricadute più importanti, anche se ancora tutta da esplorare, è quello che si chiama DEFI, finanza decentralizzata.
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Cos’è la finanza decentralizzata
Si allude a quel fenomeno definito come finanza decentralizzata (in inglese, Decentralised Finance o DeFi), ovvero un ecosistema emergente di applicazioni e protocolli finanziari costruiti mediante l’organizzazione di servizi, simili a quelli bancari, costruiti su infrastrutture che presuppongono l’assenza di gerarchie, come la blockchain, o comunque meno centralizzati rispetto al sistema bancario. Una delle caratteristiche rilevanti di questo tipo di progetti è rappresentato dagli automatismi che permettono di eseguire le transazioni senza interventi esterni, spesso basandosi sull’enorme forza degli smart contract. Gli smart contract, letteralmente contratti intelligenti, rappresentano un’incorporazione di clausole contrattuali codificate in linguaggio informatico, in software o protocolli informatici, che vengono utilizzati per la conclusione di rapporti di natura contrattuale conferendo autonoma esecuzione ai termini programmati al verificarsi di certe condizioni definite ex ante.
Gli smart contract, nonostante si presentino come strumenti utilizzati per negoziare, concludere o applicare autonomamente relazioni contrattuali o pseudo contrattuali, non possono essere inclusi nel novero dei contratti giuridici. La ragione è riscontrabile nel fatto che presentano delle peculiarità tecniche e tecnologiche tali da non permettere un loro accostamento alla pura e semplice versione informatizzata o digitalizzata di un contratto. In pratica, gli utenti non hanno come controparte contrattuale una società di servizi finanziari, ma si trovano ad interagire con un mercato controllato da computer che consente l’esecuzione automatica delle transazioni, come l’emissione di prestiti garantiti da criptovalute o il pagamento di interessi sulle partecipazioni. Interessante notare poi come la gran parte delle piattaforme DeFi siano strutturate per diventare indipendenti dai loro sviluppatori nel corso del tempo e per essere infine governate da una comunità di utenti il cui potere deriva dal possesso dei token del protocollo.
Quanto vale l’economia DeFi
La Finanza decentralizzata è ancora agli inizi della sua evoluzione, ma già a partire da ottobre 2020, oltre 11 miliardi di dollari sono stati depositati in vari protocolli di finanza decentralizzata, cifra che rappresenta una crescita più che decuplicata nel corso del 2020. Attualmente l’economia DeFi vale circa 100 miliardi di dollari. Nel solco di questa crescita all’apparenza incontrollabile il Nasdaq ha addirittura deciso di creare un indice di borsa (DEFX) per tenere traccia dei maggiori prodotti DeFi. Attualmente esistono circa 200 progetti DeFi ed il 90% di essi sfrutta la rete Ethereum.
Comparandole alle banche tradizionali, le piattaforme DeFi apparentemente risultano molto simili, ma l’apparenza spesso inganna. L’esempio più significativo è rappresentato da BlockFi, che, con il suo BlockFi Interest Account, in questo ambito rappresenta la soluzione più istituzionalizzata, in quanto supportata da nomi del calibro di Coinbase Ventures, Morgan Creek Capital Management, Winklevoss Capital e altri. Su questa piattaforma i consumatori depositano contanti o cryptocurrencies guadagnando interessi mensili, come se avessero a che fare con una banca. Ma una grande differenza è rappresentata dal tasso di interesse; i depositanti possono infatti guadagnare un rendimento cento volte superiore su BlockFi rispetto a quanto in media accade su conti bancari. Un altro grande vantaggio è la semplicità di utilizzo: per iniziare a guadagnare interessi è semplicemente necessario fare un deposito in una delle criptovalute supportate.
I vantaggi della finanza decentralizzata
La diffusione di fenomeni di finanza decentralizzata ha stimolato i primi giudizi di valore sul fenomeno in corso. Molti osservatori sostengono che la finanza crypto promuove l’inclusione finanziaria. In altri termini, persone che per un lungo periodo di tempo sono state escluse dall’accesso ad istituzioni bancarie tradizionali, hanno adesso la possibilità impegnarsi in transazioni in modo rapido, a buon mercato e senza ostacoli pregiudiziali.
Tali soluzioni offrono l’opportunità di far venire meno le difficoltà di molti legate alla possibilità di trovare un prestito personale che costi poco, possibilmente appoggiato su conti di deposito che offrono rendimenti decenti, anche a fronte di una situazione creditizia non eccellente, fattispecie tipica dell’approccio dei privati con gli istituti bancari tradizionali. Infatti, le piattaforme di servizi alternativi in genere non richiedono controlli di credito, anche se alcune assumono informazioni di identità dal cliente ai fini di effettuare le richieste segnalazioni in materia fiscale e di antiriciclaggio. Va inoltro aggiunto che su un protocollo DeFi, le identità personali degli utenti non sono generalmente condivise, poiché sono giudicate esclusivamente dal valore della loro crittografia.
Ma non è tutto oro quello che luccica: i rischi della DeFi
Ancora una volta però non è tutto oro quello che luccica. Anche se i servizi finanziari offerti dalle piattaforme crypto risultano più vantaggiosi in termini di profitto, si registra un fenomeno crescente per cui i consumatori stanno inconsapevolmente assumendo rischi significativi mediante l’utilizzo di questi prodotti. Innanzitutto, nonostante le criptovalute abbiano guadagnato popolarità nel corso degli anni, rimangono estremamente volatili, come è emerso chiaramente in occasione del crollo del prezzo di Bitcoin e di Ethereum degli ultimi mesi. Ovviamente gli interessi dei conti correnti crypto possono essere fortemente allettanti, considerando il loro alto rendimento, ma se la piattaforma stessa che fornisce il conto o la criptovaluta fallisce, il patrimonio degli investitori ovviamente non sarà garantito come sarebbe in una banca tradizionale (si pensi all’operatività del Fondo di garanzia interbancario) o in un tradizionale conto di investimento.
Un’altra problematica inerente alla DeFI è rappresentata dal fatto che tali applicazioni spesso rappresentano una disintermediazione dei tradizionali operatori autorizzati, come banche e intermediari vigilati, che sono soliti svolgere un ruolo quasi “governativo” nella finanza tradizionale, raccogliendo e comunicando dati alle autorità, comprese le informazioni sulle plusvalenze sugli investimenti effettuati dai loro clienti, anche nell’ottica di garantire il pagamento delle imposte. In altri termini, la partecipazione al mercato dei clienti nell’approccio con gli operatori tradizionali dipende dal rispetto di rigide regole di condotta. Al contrario, i programmi DeFi sono applicazioni non regolamentate, create da programmatori più interessati ai guadagni realizzabili sui mercati dei capitali che al rispetto delle regole.
Non va inoltre trascurato che, nonostante la loro maggiore sicurezza derivante dall’utilizzo della tecnologia blockchain, le reti di crittografia possono ancora essere vulnerabili ad attacchi hacker e frodi, e non esistono regolamenti sufficienti per proteggere i consumatori in questi casi.
La reazione delle banche
In questo contesto, le banche tradizionali hanno reagito da un lato chiedendo alle autorità di regolamentazione di rallentare i loro concorrenti crypto, dall’altro iniziando a lavorare con le cripto valute.
Sia Visa che Mastercard hanno annunciato piani per portare crypto sulle loro reti, e le principali banche di tutto il mondo hanno investito centinaia di milioni di dollari in società blockchain.
È probabile che le istituzioni finanziarie tradizionali continueranno ad integrare la tecnologia blockchain e le cripto valute nei loro prodotti e servizi. D’altro canto, gli appassionati di crittografia e i nuovi operatori legati al mondo DeFi dovranno essere pronti a recepire le normative governative che, idealmente, forniranno maggiore stabilità e protezione, con conseguente frenata dei benefici di cui i new comers della galassia DeFi godono attualmente.
Forse ai nuovi operatori DeFi non sarà richiesto di raccogliere informazioni sui clienti come alle banche tradizionali, ma i regulator potrebbero creare nuovi standard e requisiti per la tecnologia e i prodotti, come imporre audit dei codici e definizione di rigidi parametri di rischio.
La battaglia tra operatori finanziari tradizionali e mondo DeFi è appena iniziata e l’esito appare incerto.
Cosa sono le criptovalute e come hanno cambiato il concetto di denaro
Per criptovaluta si intende fare riferimento ad una valuta digitale o virtuale protetta da crittografia, che rende quasi impossibile una contraffazione o una doppia spesa della medesima valuta. In estrema sintesi, molte criptovalute possono essere classificate quali reti decentralizzate basate sulla tecnologia blockchain, e dunque sostanzialmente come un libro mastro distribuito imposto da una rete disparata di computer. Altra caratteristica distintiva delle criptovalute è che tali strumenti non sono generalmente emessi da alcuna autorità centrale, rendendo le stesse criptovalute teoricamente immuni da interferenze o manipolazioni governative. Tutti sono a conoscenza del fatto che la prima criptovaluta basata su blockchain sia stata Bitcoin, che rimane ad oggi ancora la criptovaluta più popolare e più costosa. Nel tempo sono state sviluppate diverse criptovalute alternative, con varie funzioni e specifiche; alcune di queste sono semplici cloni o imitazioni di Bitcoin, mentre altre sono nuove valute che sono state costruite da zero.
Se in virtù della loro rilevanza all’interno dei mercati, della crescita economica del mondo digitale e dei numerosi eventi che, nel tempo, hanno riguardato Bitcoin e le altre criptovalute ai giorni d’oggi c’è sempre meno disinformazione a riguardo,
Quel che è sicuramente indubbio è che lo sviluppo di Bitcoin e di migliaia di altre criptovalute in poco più di un decennio ha cambiato la definizione di denaro e ha generato un universo parallelo di servizi finanziari alternativi, consentendo alle imprese operanti nel settore della crittografia di muoversi, con sempre maggiore padronanza, nel territorio bancario tradizionale.
È infatti indubbio che il ricorso alla crittografia ha consentito a svariate piattaforme di offrire prodotti finanziari in grado di competere con i prodotti offerti dalle tradizionali istituzioni bancarie e di prestito, ponendosi quale valida alternativa ai tradizionali servizi finanziari.