il commento

Pagamenti digitali, Italia in forte ritardo: così il Piano Cashless può fare la differenza

Nonostante la spinta generata dall’emergenza sanitaria, sui pagamenti digitali l’Italia viaggia in forte ritardo. Bisogna insistere, per modernizzare il Paese e frenare l’evasione fiscale. Cerchiamo di capire se il Piano del Governo ha le carte in regola per raggiungere questi obiettivi

Pubblicato il 24 Nov 2020

Valeria Portale

Direttore dell’Osservatorio Innovative Payments e dell’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano

Giorgia Sali

Direttrice dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI

Giulia Spinelli

Analista dell’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano

Photo by Blake Wisz on Unsplash

Il Piano Italia Cashless, elaborato dal Governo con l’obiettivo di promuovere l’utilizzo dei pagamenti digitali si inserisce in un contesto di forte arretratezza dell’Italia sul fronte dei pagamenti digitali, seppur caratterizzato da qualche timido segnale di miglioramento in questo periodo di emergenza sanitaria durante il quale i pagamenti digitali hanno dimostrato di poter essere un valido alleato dei cittadini nella lotta alla diffusione del virus e nel supporto agli acquisti a distanza.

Facciamo il punto sulla situazione del Paese e sui motivi che spingono a incentivare i pagamenti elettronici, prima di entrare nel merito del Piano e dei fattori che potrebbero decretarne o meno il successo.

Il gap dell’Italia sul fronte dei pagamenti digitali

L’arretratezza italiana rispetto al resto dell’Europa in termini di pagamenti elettronici è confermata anche dai dati pubblicati lo scorso settembre dalla Banca Centrale Europea, dai quali emerge un quadro tutt’altro che roseo: nel 2019 l’Italia ha registrato circa 77 transazioni pro-capite con carte di pagamento (+17%), classificandosi solamente al 24° posto (di 27) e perdendo una posizione in favore della Grecia (77,2). Dietro di noi solo Germania (76,1), Bulgaria (43,4) e Romania (30,1). Questi ultimi due paesi, però, stanno registrando tassi di crescita superiori rispetto ai nostri, rispettivamente del 33% e del 26%. L’unica consolazione è l’essere davanti alla Germania. Tuttavia, si tratta di un paese in cui sono molto più diffusi i pagamenti effettuati da home banking e bonifico e dove il contante è meno utilizzato rispetto all’Italia. Ad aggravare ulteriormente il quadro generale, il gap con i Paesi europei più virtuosi in termini di pagamenti digitali è enorme. Nelle prime tre posizioni figurano i paesi scandinavi dell’Unione, nell’ordine, Danimarca, Svezia e Finlandia, che nel 2019 hanno contato, in media, 370 transazioni pro capite annue, quasi 5 volte il numero registrato dall’Italia.

Ciononostante, in questo periodo segnato da una profonda crisi sanitaria ed economica, malgrado il calo drastico dei consumi rispetto allo scorso anno, stimato da Confcommercio rispettivamente del -10,4% e -29,7% nei primi due trimestri dell’anno, i pagamenti digitali sono diminuiti di solo 6,3%, spinti da un maggior utilizzo delle modalità di pagamento senza contatto in negozio: il contactless (+15%) e il Mobile Payment (+80%). Prevediamo che a fine anno, l’ammontare dei pagamenti elettronici potrebbe attestarsi tra i 264 miliardi di euro e i 275 miliardi di euro, con una variazione tra -3% e +1,7% rispetto al 2019.

Pagamenti elettronici: spinta alla modernità e lotta all’evasione

Perché è importante farlo? Innanzitutto, un maggiore utilizzo dei pagamenti digitali può avere effetti positivi sul grado di modernità del paese. Queste tecnologie, infatti, abilitano servizi innovativi che il contante preclude, si pensi per esempio ai servizi di smart mobility ormai diffusi nelle principali città italiane, oppure al supporto che i pagamenti elettronici hanno dato agli acquisti online nei difficili mesi del lockdown. Inoltre, questo piano si inserisce nel più ampio quadro di lotta all’evasione fiscale: un problema ormai radicato nel contesto italiano e mai affrontato con decisione dalla classe politica negli ultimi anni.

Nonostante la letteratura esigua, è ampiamente diffuso il ricorso alla lotta al contante nel tentativo di contrastare l’evasione fiscale e l’economia sommersa: la possibilità di tracciare le transazioni e di collegarle a un soggetto specifico rappresentano un forte deterrente per chi vuole evadere. Secondo le stime dell’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano svolte nel 2016 in collaborazione con Agenzia delle Entrate, circa il 34% del transato con contanti viene evaso (1 euro su 3), contro il 12% di evaso relativo ai pagamenti con carta (1 euro su 8). Nello stesso anno, il transato dei consumatori italiani non dichiarato da parte degli esercenti valeva tra i 120 e il 150 miliardi di euro, per un mancato gettito per le casse dello Stato italiano di circa 27 miliardi di euro.

L’Italia non è il primo Paese a ricorrere a misure di questo tipo. Prima di noi hanno lavorato in questa direzione, per esempio, Colombia, Corea del Sud, Croazia, Grecia, Malta, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Svezia, Uruguay. Dall’esperienza di questi Paesi possiamo trarre importanti informazioni riguardo alle caratteristiche che un piano di incentivazione dei pagamenti elettronici dovrebbe avere per aumentarne le probabilità di successo. Innanzitutto, è necessario che la manovra nel suo complesso sia inclusiva, cioè che sia indirizzata alla quasi totalità degli attori coinvolti nel processo di pagamento. In secondo luogo, le misure devono essere semplici, sia per gli attori a cui sono rivolti sia per gli enti che dovranno gestirle. Infine, è necessario che il piano sia continuativo con una programmazione di lungo periodo e indipendente dall’alternanza politica dei Governi. È infatti cruciale che una manovra di questo tipo sia portata a termine senza modifiche in corso d’opera, perché solo azioni decise e strutturate possono cambiare le abitudini dei cittadini a favore di una società cashless.

Il Piano Italia Cashless

Il Piano Italia Cashless è articolato e inclusivo: comprende misure di vario tipo, sia incentivi sia deterrenti, indirizzate sia ai consumatori sia agli esercenti. Inoltre, vi è anche un dialogo aperto con i principali attori del mondo bancario.

Di seguito proviamo ad analizzare e commentare le singole iniziative di cui il piano si compone, tenendo in considerazione cinque variabili:

  • Ampiezza: capacità dell’iniziativa di coinvolgere un numero elevato di soggetti;
  • Efficacia: capacità dell’iniziativa di diminuire il transato in contanti in favore dei pagamenti elettronici, riducendo il mancato gettito;
  • Persistenza: capacità dell’iniziativa di essere efficace nel medio-lungo periodo, ossia di mantenere alto l’utilizzo dei pagamenti digitali anche quando l’incentivo sarà terminato;
  • Semplicità: capacità di rendere facile l’accesso pratico all’incentivo;
  • Costi: costi per lo Stato sia per portare avanti l’iniziativa sia per comunicarla nel modo corretto. Questa variabile non viene esaminata in questo articolo.

Nella valutazione complessiva non bisogna però dimenticare che il piano è in evoluzione: alcune misure sono già entrate in vigore mente altre devono ancora essere delineate.

Modifica alla normativa in tema tax expenditure

Dal 1° aprile 2020 si può beneficiare delle detrazioni IRPEF al 19% solo se il pagamento corrispondente è avvenuto in modalità elettronica (ad eccezione delle spese per medicinali e per prestazioni sanitarie), mentre si perde questo diritto in caso di pagamento in contanti. A nostro parere, la comunicazione di questa iniziativa non è avvenuta in modo corretto e questo potrebbe comportare che alcuni cittadini verranno a conoscenza del cambiamento solo in fase di dichiarazione dei redditi, quando non potranno accedere ad alcune detrazioni. Crediamo quindi che questa iniziativa avrà pienamente effetto solo a partire dal 2021, quando tutti i cittadini ne avranno coscienza. Auspichiamo che questa decisione possa essere davvero l’occasione per promuovere i pagamenti elettronici su tutte le fasce della popolazione, anche quelle meno propense all’utilizzo del digitale, senza precluderne l’accesso alle detrazioni a cui hanno diritto.

L’iniziativa sembra sicuramente interessante per ampiezza e per persistenza, meno per efficacia e semplicità.

Il credito di imposta del 30% sulle commissioni per gli esercenti

Dal 1° luglio 2020, inoltre, sono entrati in vigore il credito di imposta pari al 30% delle commissioni sui pagamenti elettronici rivolto agli esercenti con un fatturato annuo inferiore ai 400.000 euro. Anche noto come bonus pos.

Riteniamo che questo incentivo, preso singolarmente, possa risultare poco efficace. Per un esercente, infatti, l’evasione fiscale rimane “più conveniente” perché il beneficio della detrazione, in termini di maggiori entrate, è minore di quello apportato dall’evasione. Tuttavia, questa iniziativa può portare a due benefici indiretti. Da un lato obbliga i PSP (Payment Service Provider, ossia le banche) a comunicare con maggior trasparenza e frequenza il piano tariffario agli esercenti: in molti casi i prospetti informativi sono eccessivamente complicati, portando gli esercenti a non conoscere chiaramente le commissioni applicate ai pagamenti elettronici. Dall’altro lato, l’iniziativa consente di trasmettere automaticamente all’Agenzia delle Entrate l’ammontare dell’incasso con strumenti di pagamento elettronici e le commissioni pagate con l’effetto indiretto di ridurre, o quasi eliminare, l’evasione fiscale sui pagamenti elettronici (il “non dichiarato” dagli esercenti sui pagamenti elettronici è stimato ad oggi al 12% del transato con carta, che potrebbe di conseguenza ridursi dapprima al 5%, fino poi ad annullarsi).

Questa iniziativa sembra, dunque, interessante per semplicità e ampiezza, ma meno per efficacia e persistenza.

Limite al contante

Dal 1° luglio 2020 è stata introdotta la modifica del limite all’utilizzo del contante, ridotto a 2.000 euro e che scenderà ulteriormente a 1.000 euro a partire dal 1° gennaio 2022. Riteniamo che questa misura possa essere ben poco efficace nell’incentivazione dei pagamenti elettronici, siccome non è semplice monitorarne l’utilizzo. Risulta, quindi, poco performante sulle base delle quattro variabili identificate.

Altre misure, invece, devono ancora essere avviate e definite nei dettagli. Tra queste il cashback e il super cashback, previsti per il 1° dicembre 2020, e la lotteria degli scontrini prevista per il 1° gennaio 2021.

Cashback

Il cashback prevede la restituzione del 10% di quanto speso per i consumi in negozio. Sono dunque esclusi gli acquisti online, per i quali il pagamento in contanti è poco utilizzato e in molti casi neanche possibile. Stando alle ultime indiscrezioni i rimborsi avverranno su base semestrale, con limiti sia di valore sia di numero delle transazioni. Saranno necessarie almeno 50 operazioni a semestre in modalità cashless per una spesa complessiva fino a 1.500 euro. I consumatori potranno quindi ricevere fino a 150 euro ogni sei mesi, 300 euro in un anno. Nella pratica, la gestione del cashback dovrebbe essere affidata all’applicazione IO, la stessa usata anche per il cosiddetto Bonus Vacanze. Gli interessati dovranno registrarsi al programma tramite Spid e indicare il proprio codice fiscale e le carte o le app che si intende utilizzare, oltre all’IBAN sul quale si desidera ricevere l’eventuale rimborso. L’incentivo di per sé appare ben strutturato, con i limiti imposti che potranno agire da volano per incrementare non solo il volume transato, ma anche le transazioni, così da rendere le carte uno strumento sempre più abituale, anche per le transazioni di importo minore. Tuttavia, l’esecuzione rischia di essere un ostacolo: per accedere all’incentivo è necessario registrarsi tramite un’app, quindi è necessario avere già una certa predisposizione agli strumenti digitali, con il rischio di rivolgersi solo a coloro che già utilizzano le carte di pagamento, seppur non quotidianamente. Questa iniziativa sembra interessante per efficacia e persistenza, ma meno per ampiezza e semplicità.

Super Cashback

Una misura più controversa è il supercashback: un premio da tremila euro che verrà riconosciuto ai primi 100.000 cittadini che useranno maggiormente gli strumenti di pagamento elettronici. Per ottenere il premio conterà il numero di operazioni effettuate, non l’importo speso. La ratio della misura è fornire un premio aggiuntivo a coloro che mostrano di utilizzare abitualmente gli strumenti cashless. Tuttavia, il rischio di premiare coloro che già utilizzano questi strumenti quotidianamente è molto forte e in contrasto con l’obiettivo dell’intero piano di avvicinare ai pagamenti elettronici coloro che oggi utilizzano maggiormente il contante. Questa iniziativa sembra quindi meno interessante nel piano complessivo.

Lotteria nazionale degli scontrini per esercenti e consumatori

L’ultimo incentivo previsto è l’ormai celebre Lotteria nazionale degli scontrini, posticipata al 1° gennaio 2021. Alla lotteria possono partecipare tutti i cittadini maggiorenni e residenti in Italia che acquistano beni e servizi: ogni acquisto, anche se effettuato in contanti, dà diritto ad 1 biglietto virtuale per ogni euro speso. Per partecipare è necessario fornire all’esercente il proprio “codice lotteria”, ottenibile inserendo il codice fiscale sul “Portale lotteria”. È prevista anche un’estrazione aggiuntiva, detta “zero contanti”, riservata a chi effettua acquisti con pagamenti digitali e che prevede premi più elevati, riservati anche agli esercenti. Anche in questo caso, l’accesso alla lotteria non è immediato, ma è necessario iscriversi digitalmente al Portale della lotteria e fornire, per ogni acquisto, il proprio codice lotteria al momento del pagamento. Da un lato è più inclusiva del cashback, in quanto prevede premi anche per gli esercenti in caso di pagamento cashless, ma dall’altro lato premia anche coloro che utilizzano il contante, incentrandosi dunque maggiormente sulla lotta all’evasione fiscale piuttosto che sull’utilizzo di uno strumento particolare.

A queste misure vanno ad aggiungersi le proposte emerse nel dialogo con i principali attori del mondo bancario, che mirano a facilitare le transazioni di piccolo importo, a favore dei piccoli esercenti. Ne sono un esempio l’eliminazione delle commissioni sui pagamenti fino a 5 euro e la riduzione per i pagamenti sotto i 25 euro e l’aumento della soglia sotto la quale non è necessario l’inserimento del PIN per i pagamenti con carta in modalità contactless.

Conclusioni

Sulla carta tutte le misure elencate possono potenzialmente incentivare l’uso dei pagamenti elettronici anche tra coloro che attualmente non li utilizzano. Il nodo cruciale, però, resta l’esecuzione pratica: è estremamente importante che gli incentivi siano di facile accesso, per raggiungere i cittadini per i quali sono state pensate, e continuative nel tempo per evitare che una volta tolto l’incentivo, si torni al caro e vecchio contante.

Infine, molte di queste misure non soltanto agiscono sull’utilizzo degli strumenti elettronici, ma potrebbero dare anche una spinta ai consumi in negozio, incentivo di cui l’Italia ha particolarmente bisogno in questo periodo di crisi sanitaria ed economica.

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