Sono, tra una cosa e l’altra, decenni che chiediamo una maggiore digitalizzazione della PA e servizi pubblici online non frammentati (da scovare nelle pieghe dei siti di un comune o di un ministero).
La app IO è stata una risposta. Lenta, tardiva, subottimale ma una risposta. Che, fidatevi, ha avuto una gestazione difficilissima.
Ma finalmente quando è uscita è stata una risposta rappresenta: una app unica multiservizio, nativamente pensata per raccogliere tutti i servizi delle PA con un front end univoco a prova di “umano” e pure gradevole.
Nonostante ci si riempia la bocca di “bisognerebbe”, la gestazione e il rilascio di IO sono stati per lo più ignorati dai media e in pochi la abbiamo usata in questi mesi e ancora meno i Comuni e le Pa che si sono industriati per rendere i loro servizi fruibili dalla app.
I dolori dell’app IO con il cashback
Ora, sono anche io fra coloro che in questi due giorno sono frustrati dal pessimo funzionamento della app per l’avvio del cashback. E sono scocciata.
Ma francamente stiamo guardando il dito invece della luna. Poi per carità, nulla soddisfa di più la frustrazione che un tweet indignato.
Se poi gli insulti vanno verso lo “Stato”: bingo. Prendiamo un sacco di like.
Però.
Cosa serve per far funzionare bene le tecnologie pubbliche
La morale è sempre quella: un team di sviluppo competente e buone tecnologie sono essenziali ma non sufficienti. Per dare servizi pubblici digitali che funzionino serve un cambiamento più ampio che non riguarda solo la tecnologia:
- organizzazione e pianificazione. Non so nulla di cosa sia successo nel backstage ma sono – per esperienza – abbastanza certa che il team della app e gli sviluppatori di PagoPA abbiano detto (e supplicato) “abbiamo bisogno di almeno x giorni dalla pubblicazione delle regole per andare live col servizio” e che qualcun altro (a cui non si può dir di no) abbia risposto “chissenefrega delle questioni tecniche, va fatto per domani”
- Qualità del project management verso le terze parti. È innegabile che quello che ha funzionato peggio e che ha mandato in tilt il lancio del cashback su IO app siano state per lo più le chiamate ai fornitori di servizi bancari (da SIA in giù) e agli identity providers di spid. Basta (da utenti medi) vedere i messaggi di errore. La mia sensazione da utente è che i primi siano stati peggio dei secondi. Ma PagoPa è stata messa in condizione di pretendere degli SLA affidabili? Che contratti sono stati fatti con i fornitori di servizi? È sempre tutto gratis come SPID? Quali sono le responsabilità dei servizi terzi? E perché nell’indignazione generale nessuno chiede conto ai servizi dei circuiti bancari?
- L’immarcescibile logica dell’adempimento invece che del servizio che continua a prevalere nella PA. Si esce con la app mica si fanno i test prima (nessun blasonato privato sarebbe stato messo nelle condizioni di pagopa di buttarsi a mani nude così con 60 milioni di utenti in attesa spasmodica per j regali di Natale). Ma, suppongo, l’importante è che l’adempimento sia stato rispettato e che l’8 mattina ci fosse una app in rete. Che poi il servizio non funzioni è marginale.
Non spariamo sul pianista (PagoPA)
Ora, dicevo, sono anche il fra i milioni di italiani che non riescono a inserire le loro carte nei sistemi di pagamento e attivare il cashback.
Che questo lancio sia stato maldestro e abbastanza fallimentare è un dato di fatto. Che tutti noi cittadini valutiamo il servizio, non il processo che c’è dietro pure. E – ad oggi – non possiamo valutarlo positivamente.
Ma gli ultimi con cui prendersela sono quelli che ci provano. E che, comunque, dopo la sequela di improperi che stanno prendendo, ci lasceranno una app che è già una risposta. E che funzionerà. Purtroppo il collaudo è stato fatto con milioni di utenti.
Ma non spariamo sul pianista. Chi può e chi deve si occupi dei backend, così che le prossime volte si possa dire bravi anche a chi ci mette il front.