Come nel resto del mondo, anche in Africa le criptovalute hanno preso velocemente piede, anche se le masse scambiate non appaiono paragonabili a quelle di altre regioni del mondo (vedi l’IMF Blog del novembre 2022, basato sul Regional Economic Outlook per l’Africa subsahariana 2022).
E’ un dato di fatto poi che è stata una nazione africana – la Repubblica Centrafricana – ad adottare, seconda in ordine di tempo dopo solo a El Salvador nel mondo, il bitcoin quale strumento di pagamento ufficiale (anche se al momento l’adozione non appare essere ancora operativa, essendo tale stato vincolato ad accordi internazionali nell’uso della moneta legale). L’adozione del bitcoin è stata inoltre accompagnata dalla decisione di creare un token governativo: il Sango Coin.
Quali sono le implicazioni e perché potremmo trovarci di fronte a un nuovo esempio di sovranismo monetario che definiremmo ibrido
La Repubblica Centrafricana e l’adozione del bitcoin quale moneta legale
Sul versante Repubblica Centrafricana tra le ragioni che sembrerebbero avere condotto a una tale scelta (il condizionale è d’obbligo in quanto non si è assistito a un iter parlamentare che abbia dato luogo a un effettivo dibattito) appare il desiderio di dare nuovo impulso all’economia (sulla scia di quanto sperato dal El Salvador e forse anche nella suggestione del sogno hawaiano che però è sembrato tramontare presto), e un tentativo di avere uno strumento politico per negoziare con la Francia le condizioni del Franco CFA o comunque tentare di affrancare la propria politica monetaria dalla guida Francese.
Altri sono invece propensi a pensare che la ragione sottesa sia quella di avere uno strumento di pagamento in più per potere pagare i mercenari russi del Gruppo Wagner che combattono la guerriglia di vari nel gruppi ribelli. Difatti l’oro non sempre si presta a questo scopo.
Pro e contro dei bitcoin
Non tutti hanno comunque preso di buon occhio la misura, considerando che pochi conoscono il bitcoin e considerata anche la volatilità dello stesso che male si presta per chi deve fare i conti ogni giorno con la spesa, con buona pace di tutti gli evangelisti della buona “moneta” invocata per porre fine al dominio delle banche.
Dal canto suo il bitcoin offre comunque il vantaggio di minimizzare costi e commissioni e si può utilizzare in scambi transfrontalieri senza le difficoltà che sorgono e i costi elevati che richiedono le operazioni bancarie, anche a causa degli onerosi controlli antiriciclaggio che se sono da una parte ben accolti da parte delle autorità internazionali, dall’altra rendono spesso impossibile eseguire pagamenti anche di piccolo ammontare.
Lotta al terrorismo, i poveri ancora di più a rischio emarginazione
Il punto dell’antiriciclaggio e del contrasto al terrorismo merita attenzione perché le commissioni applicate ai pagamenti internazionali sono molto elevate e spesso accade che il denaro trasmesso torni indietro, perché non si ritengono soddisfatte le verifiche antiriciclaggio, ma decurtato delle commissioni stesse: una situazione che non sembra essere propriamente affrontata dalle varie autorità internazionali che trattano con altrettanta solerzia pagamenti del valore di 100 euro e quelli da migliaia di euro, così limitando l’accesso al sistema bancario da parte dei meno abbienti e rendendo il sistema bancario stesso incapace di crescere.
Giusto per inciso, chi scrive è uno strenuo assertore della validità delle politiche antiriciclaggio ma riesce difficile pensare che si ricicli denaro e si finanzi il terrorismo con pagamenti da 100 euro, salvo che vi siano artificiosi frazionamenti facilmente tracciabili e quindi rilevabili.
Il discorso sul punto si fa ampio e forse meriterebbe altro approfondimento sul come spesso buone misure, adottate in maniera pedissequa e senza distinguere su soglie di rilevanza e senza inserire idonei presidi, portino a emarginare ancor di più le fasce più povere della popolazione spingendole a canali alternativi e finanche illeciti; del resto questo è un rischio che deriva dal fatto che spesso alla guida delle autorità di sorveglianza si pongono titolati accademici, ricchi di tante teorie, ma poco avvezzi a misurarsi con le problematiche pratiche della vita di ogni giorno, vita di ogni giorno che però si candidano senza tregua a volere disciplinare (per un approfondimento comunque si veda lo studio: Financial Exclusion as a Consequence of Counter-Terrorism Financing Zeynab Malakoutikhah School of Law University of Leeds 2020).
Tornando alla Repubblica Centrafricana, l’utilizzo del bitcoin, che non è soggetto a rischio inflazionistico perché la quantità massima che può circolare è predeterminata e non influenzabile dalle zecche di stato, potrebbe costituire un mezzo di scambio alternativo a una valuta nazionale debole oppure al mantenimento dell’utilizzo del franco CFA che dipende fortemente dalle scelte economiche della Francia e in ultima istanza dalla BCE che controlla l’EURO (e così assicura una stabilità difficilmente ipotizzabile da parte di stati vulnerabili quali la Repubblica Centrafricana).
Di contro il bitcoin, come sopra accennato, si presta a forti oscillazioni legate alla natura spesso speculativa delle intenzioni di coloro che acquistano lo strumento, oscillazioni che non possono essere mitigate da un governo con azioni di politica monetaria e che espongono le popolazioni e soprattutto i più poveri al rischio di non potere acquistare i generi primari.
Molte sono quindi le perplessità che si legano alla scelta operata dalla Repubblica Centrafricana, se si considera che la stragrande maggioranza della popolazione, circa 6 milioni di persone, non ha un accesso a internet e sicuramente neanche un’educazione finanziaria che possa aiutarla a comprendere i rischi relativi alle criptovalute.
Bitcoin e Sango Coin: un tentativo atipico di sovranismo monetario?
Sul punto ancora una volta non è chiara quale è la funzione che lo strumento dovrebbe avere, visto che il governo dichiara che lo stesso sarà legato al bitcoin. Il governo si limita a comunicare che il Sango Coin sarà utilizzato per investimenti in infrastrutture digitali per le criptovalute e per acquisire la cittadinanza dello stato da parte di cittadini stranieri.
E mentre gli stessi addetti ai lavori ed esperti del settore si interrogano sugli effettivi scopi, s’insinua legittimamente il dubbio che attraverso la emissione di token di fatto il governo cerchi di avere quel controllo cui virtualmente avrebbe rinunciato: l’emissione di una moneta di stato.
Si tratterebbe quindi di un nuovo esempio di sovranismo monetario che definiremmo ibrido perché in qual che modo legato a un sottostante fuori dal controllo di chi emette moneta.
Conclusioni
Il mondo si muove in fretta e velocemente si evolve in direzioni spesso non immaginabili. Il sistema bancario classico dimostra sicuramente punti di debolezza che emarginano le fasce più deboli delle popolazioni, mentre la cooperazione internazionale non sembra comprendere quanto il sistema finanziario sia essenziale per un durevole sviluppo.
Molti stati africani quali il Kenya hanno avviato percorsi diversi attraverso il fintech.
A priori non si può escludere che un affrancamento delle fasce più deboli delle popolazioni dal sistema bancario mediante le criptovalute possa giovare , sottraendo le stesse a costi sproporzionati e inefficienze (vedi in tal senso anche il rapporto UNDP Criptocurrency in Africa del dicembre 2022, che rappresenta luci e ombre dell’uso delle criptovalute per uno sviluppo sostenibile).
I sistemi antiriciclaggio inoltre spesso spingono a loro volta ancor più all’emarginazione degli ultimi rendendo praticamente impossibili anche donativi a supporto dei bisognosi.
In tal senso quindi l’uso delle criptovalute può costituire un’alternativa degna di valutazione.
Il rischio è però che le nobili intenzioni si tramutino nella favola dell’apprendista stregone di Goethe ben rappresentata in Fantasia della Disney, senza che vi sia uno stregone vero in grado di porre rimedio agli scherzi di una magia avviata da un improvvido Topolino.