Sicurezza in cambio di controllo. Queste sono le parole chiave che ci permettono di comprendere al meglio quale sia la concezione delle autorità della Repubblica Popolare Cinese quando si tratta di affrontare riforme e cambiamenti in settori che riguardano direttamente la società civile. Nondimeno, quindi, questo è anche il pilastro dell’approccio cinese nell’implementazione della propria valuta digitale, lo e-yuan.
Come già efficacemente chiarito, il progetto cinese sembra avere connotazioni internazionali e nazionali di grande rilievo. Da quello che viene definito come “anonimato controllato” (ovvero la garanzia di una privacy per gli individui che utilizzano la valuta digitale per i pagamenti che in base a determinate previsioni legate, ad esempio, al contrasto al terrorismo o al riciclaggio, potrà essere ridotta) ad un maggiore protagonismo del Renminbi come valuta internazionale.
Il tutto è quindi interconnesso a una graduale intenzione da parte delle autorità cinesi di rendere il Renminbi una moneta internazionale. Una moneta di riferimento per i paesi in via di sviluppo, diminuendo il “leverage” americano dal punto di vista finanziario attraverso un sempre minor utilizzo del dollaro in diversi settori e transazioni strategiche per Pechino.
Lo Yuan digitale e la Belt and Road Initiative
Nel 2015 veniva inaugurata la strategia per la transizione della Cina dalla “fabbrica del mondo” ad un’economia che produce beni ad alto valore aggiunto: il Piano “Made in China 2025”. Questa transizione è stata nuovamente confermata durante il recente quattordicesimo piano quinquennale discusso a Pechino tra il 4 e l’11 marzo 2021. Questo progetto, ad alto valore simbolico per un Paese costantemente sensibile a un aumento di status internazionale attraverso successi di carattere politico, economico e industriale, viene immaginato come una delle molte direzioni che la Belt and Road Initiative deve supportare.
Come abilmente descritto da Alessia Amighini, Professore Associato di politica Economica presso l’Università del Piemonte Orientale, all’interno del suo volume recentemente pubblicato “Finanza e potere lungo le nuove vie della seta”, la Belt and Road si compone di cinque pilastri fondamentali:
- Il dialogo politico,
- la connettività delle infrastrutture (digitali e non),
- l’espansione del commercio internazionale,
- la cooperazione culturale e scientifica e infine
- la cooperazione e il sostegno in termini finanziari.
L’integrazione finanziaria tra i paesi coinvolti nel progetto è quindi essenziale. Non essendo il RMB una valuta internazionale, le varie operazioni che vengono effettuate in una moltitudine di paesi sono ancora denominate in dollari americani. Questo, scrive la professoressa Amighini, crea una dipendenza dal dollaro diminuendo anche la capacità di Pechino di finanziare i progetti BRI. L’internazionalizzazione del Renminbi porterebbe senz’altro, a parità di esigenze strategiche, ad un aumento dei finanziamenti a sostegno della BRI, ad un aumento di liquidità per il finanziamento degli scambi commerciali diminuendo anche il rischio di cambio che si corre utilizzando il dollaro. Infine, un utilizzo internazionale del RMB aumenterebbe ulteriormente i già crescenti scambi commerciali elettronici (soprattutto lungo la BRI).
La Cina punta a un nuovo ordine tecnologico mondiale: le sfide per l’Occidente
L’implementazione di una moneta digitale a diffusione internazionale, ancorché nazionale, permetterebbe di ridurre il costo della circolazione del contante e aumenterebbe il controllo sull’offerta di moneta da parte del paese. Inoltre, dato l’enorme ammontare di transazioni lungo la BRI, una moneta digitale aiuterebbe a controllare eventuali frodi e a combattere la contraffazione. L’impiego overseas dello yuan digitale darebbe inoltre propulsione all’internazionalizzazione del Renminbi permettendogli di eludere nel lungo periodo la sorveglianza americana sulle transazioni.
L’interesse strategico di ridurre l’impiego del dollaro nelle transazioni finanziarie non è solamente cinese. Lo dimostra la recente visita in Cina dell’ambasciatore russo Sergei Lavrov avvenuta il 22 marzo nella quale è stato (nuovamente) lanciato un appello affinché i due paesi riducano la propria dipendenza dal dollaro.
“We need to reduce sanctions risks by bolstering our technological independence, by switching to payments in our national currencies and global currencies that serve as an alternative to the dollar […]. We need to move away from using international payment systems controlled by the West”- Amb. Sergei Lavrov, 22 Marzo 2021, Pechino.
Un ossimoro digitale per un’influenza globale
Come sottolinea Massimiliano Frenza Maxia, ricercatore presso l’Istituto Affari Internazionali, all’interno del report “Blockchain statale e yuan digitale: “game changer” di Pechino nella competizione imperiale con gli Usa?” pubblicato nel dicembre 2020, lo yuan digitale come inteso da Pechino sembra essere un ossimoro.
In breve, la cripto-valuta o valuta digitale come notoriamente intesa (ad esempio il Bitcoin) funziona grazie alla blockchain, un registro digitale aperto e distribuito, in cui ciascuna transazione viene validata e registrata secondo la logica peer to peer, ovvero da altri utenti. Questa certificazione di avvenuta transazione non richiede quindi un ente centrale certificatore. La Blockchain nasce quindi come architettura pubblica spinta dal basso, non statale, definita permissionless (aperta, senza la necessità di approvazione o proprietà da parte di stati o autorità in generale). L’ossimoro che caratterizza lo e-yuan è proprio questo, ovvero che sono proprio le istituzioni centrali come la People Bank of China a voler sviluppare questo meccanismo, di fatto centralizzandolo.
Oltre all’utilizzo della blockchain come leverage strategico per lo sviluppo economico e tecnologico, la Cina userà la sua valuta digitale per complementare in modo dinamico e pervasivo la struttura della Belt and Road Initiative. I paesi in cui la Repubblica Popolare investe (sia tramite l’internazionalizzazione delle proprie imprese o, ad esempio, nello sviluppo di infrastrutture locali) avrebbero un ruolo chiave in questo. Secondo quanto riporta il menzionato studio, per contrastare la contrazione del surplus commerciale dovuta alla pandemia, alle guerre commerciali e alle conseguenze del decoupling, il paese aumenterà progressivamente la diffusione delle proprie infrastrutture di telecomunicazione e telefonia mobile. Questo garantirebbe che cittadini dei paesi coinvolti (i quali per la maggior parte non hanno accesso ad un conto in banca ma hanno un telefono cinese) possano utilizzare i servizi bancari digitali compatibili offerti da Pechino.
La tecnologia come risorsa geopolitica
La Cina ha compreso che nel terzo decennio del 21esimo secolo la tecnologia e lo sviluppo tecnologico sono centrali e acquisiscono un valore pari a quello delle più riconoscibili risorse geopolitiche. Come molte delle spinte riformistiche cinesi anche questa origina dall’esigenza di controbilanciare un trend domestico che, secondo le autorità, rappresenta un rischio per la sicurezza e stabilità interna. Eswar Prasad, ex responsabile della divisione cinese del Fondo Monetario Internazionale, ha spiegato come il successo di WeChat Pay e Alipay in Cina sia stato fondamentale per lo sviluppo dello yuan elettronico. Questi strumenti di pagamento hanno creato un sistema finanziario alternativo minando il potere della banca centrale.
Lo sviluppo dello e-yuan potrà avere effetti sul sistema finanziario internazionale anche qualora la valuta non si diffonda con successo in ambito internazionale per i consumi abituali negli Stati Uniti e nei paesi occidentali. Questa è sicuramente la ragione per la quale il paese cercherà di implementare questo metodo di pagamento anche all’estero e nei paesi in via di sviluppo.
“China should accelerate the pace of developing a digital society, raise the level of a digital government and build a digital China,” ha detto il Premier Li Keqiang durante la lettura del Rapporto sul Lavoro del Governo durante il Congresso Nazionale del Popolo di marzo.
Il paese non è rimasto silente di fronte alle più recenti preoccupazioni in merito alla privacy degli utenti nell’utilizzo della moneta virtuale. Come riporta il South China Morning Post, la banca centrale di Pechino ha portato rassicurazioni in merito alle misure di protezione dei dati. Il Direttore del Digital Currency Research Institute della People’s Bank of China, Mu Changchung, ha recentemente dichiarato che le piccole transazioni rimarranno anonime. Questo, nonostante una completa garanzia di riservatezza sia impraticabile dati gli obiettivi di prevenzione di comportamenti illeciti che si pongono le autorità cinesi.
È ancora difficile comprendere quanto questo però influenzerà il predominio del dollaro. Quello a cui si assisterà sarà probabilmente un crescente insieme di accordi di pagamento transfrontaliero in e-yuan, garantendo anche un’implementazione continua delle infrastrutture digitali. Conducendo la Cina ad essere una futura possibile nuova potenza finanziaria.