Le iniziative per il rilancio Italia “2020-2022″, elaborate dalla task force guidata da Vittorio Colao e presentate l’8 giugno, contengono alcune proposte che dovrebbero facilitare una migliore diffusione dei pagamenti digitali nel nostro paese.
Rubricate al punto II – “Ridurre significativamente l’economia sommersa per liberare risorse e garantire concorrenza equa”- le azioni suggerite per incentivare l’utilizzo di strumenti di pagamento alternativi al contante sono sinteticamente riassunte nella scheda N° 9 “Passaggio a pagamenti elettronici”.
Deduzioni (o detrazioni) IRPEF, lotterie instant win, credito d’imposta per gli esercenti e accordi con il sistema bancario per riduzione delle commissioni, sono solo alcune proposte che, unitamente all’impegno nel rendere effettivo l’impianto sanzionatorio per gli esercizi commerciali e servizi privi di POS o con POS non funzionante, rappresentano “carota e bastone” di un intento programmatico che vorrebbe sostenere il rilancio del bel paese, colpito duramente dalla pandemia Covid19, anche grazie all’accelerazione di un processo di digitalizzazione dell’economia.
In questo breve articolo analizziamo solo talune azioni che, nel novero di quelle proposte all’esecutivo, comportano l’impiego di strumenti di pagamento digitali, commentandone l’implicazione sotto il profilo normativo e quello delle opportunità, non senza ricordare (laddove opportuno) i passi che, talvolta solamente annunciati, sono stati oggetto di successivo ripensamento.
Il contesto
Secondo quanto riportato nella prefazione di contesto del piano di incentivazione, il valore dell’economia sommersa (non derivante da attività illegali) in Italia è stimato in circa 170 miliardi e l’evasione IVA stimata dalla Commissione Europea in Italia è pari a 33 miliardi (su 137 miliardi totale UE).
Accanto a tale situazione è utile affiancare i dati recentemente pubblicati[1] dall’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano sulla propensione all’uso dei pagamenti elettronici. Nel 2019 i pagamenti con carta in Italia salgono a 270 miliardi di euro, con una crescita del +11% rispetto ai 243 miliardi di euro del 2018, mentre il numero di transazioni è di 5 miliardi e questo porta il totale delle transazioni pro capite a 83 nel 2019 rispetto alle 71 dell’anno precedente (+17%). Scende quindi il valore medio di ogni transazione, confermando la tendenza degli ultimi anni, attestandosi intorno ai 53,7 €/transazione rispetto ai 56,7 €/transazione registrati nel 2018. Tuttavia, l’incremento riscontrato, seppure più alto della media europea guardando ai dati 2018 (+16%), non risulta sufficiente per permettere all’Italia di scalare la classifica continentale e andare oltre la 23° posizione (su 27) nella quale già si trovava, davanti solo a Bulgaria, Romania, Grecia e Germania; ben lontana dai paesi più performanti come Danimarca, Svezia e Finlandia, che registrano oltre 300 transazioni pro capite all’anno.
Le azioni per incentivare gli strumenti di pagamento alternativi al contante
Fra le azioni suggerite nel “Piano Colao” a sostengo dei pagamenti elettronici, esaminiamo quelle che ci appaiono più pertinenti al fine ultimo:
- Ampliamento delle deduzioni/detrazioni dall’IRPEF per specifici pagamenti effettuati con strumenti diversi dal contante;
- Credito di imposta per gli esercenti sull’utilizzo dei pagamenti elettronici;
- Obbligo POS e sanzioni per l’inadempienza;
- Accordo per una riduzione delle commissioni per gli esercenti.
Osserviamo innanzitutto come delle quattro azioni suelencate, solo la prima mira a incentivare l’uso di strumenti di pagamento diversi dal contante lato utente pagatore, mentre le altre agiscono prevalentemente sul lato dell’accettazione. Ciò che può quindi apparire come una sperequazione, è, nei fatti, un’asimmetria di cui spesso si sottovalutano le conseguenze, nella — errata — convinzione che in un mercato two-sided (come è quello dei pagamenti elettronici), si possa agire solo su uno dei due fronti, nella pia illusione di ottenere un effetto di sistema.
Ciò premesso, proseguiamo nella disamina proposta con questo articolo suddividendo l’analisi in:
- Incentivazione lato utente-consumatore (colui che paga);
- Incentivazione lato esercente (colui che incassa).
Incentivazione lato consumatore
Nel 2016 il Politecnico di Milano aveva istituito un tavolo di lavoro “Incentivazione dei pagamenti elettronici” (a cui chi scrive diede il proprio contributo), nel corso del quale era stato elaborato un modello basato su detrazioni fiscali e lotterie legate ad acquisti fatti con carta, che avrebbero potuto contribuire nel brevissimo termine ad avvicinare l’Italia alla media europea, sia in termini di utilizzo del pagamento elettronico, sia di peso dell’economia sommersa. L’analisi condotta (per maggiori dettagli sulla quale rimandiamo all’articolo “Incentivazione al cashless, così l’Italia si può avvicinare al resto d’Europa”, pubblicato su PagamentiDigitali.it il 22 febbraio 2016) , aveva dimostrato l’autosostenibilità economica di un’azione di incentivazione e l’efficacia dell’incentivo che avrebbe potuto comportare una crescita dei pagamenti digitali di 20 miliardi di euro all’anno.
A distanza di poco più di tre anni, la Legge di Bilancio 2020[2] ha disposto che, al fine di incentivare l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, sarebbe stato previsto un rimborso (il cosiddetto “Bonus Befana”, poiché inizialmente previsto per essere corrisposto nel gennaio 2021), per le persone fisiche maggiorenni e residenti in Italia che effettuano abitualmente acquisti con strumenti di pagamento alternativi al contante, presso soggetti che svolgono attività di vendita di beni e di prestazione di servizi al di fuori dall’esercizio di attività d’impresa, arte o professione.
La suddetta legge ha parimenti disposto che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da adottare entro il 30 aprile 2020, sarebbero state stabilite le condizioni e le modalità attuative del rimborso di cui sopra, incluse le forme di adesione volontaria e i criteri per l’attribuzione del ripago, anche in relazione ai volumi ed alla frequenza degli acquisti, nonché quali strumenti di pagamento elettronici e quali attività avrebbero rilevato ai fini del rimborso.
Con Il Decreto fiscale 2020[3], inoltre, si era previsto l’avvio a far data 1° luglio 2020 della cosiddetta “Lotteria dei corrispettivi” (più comunemente, ancorché erroneamente, chiamata “Lotteria degli scontrini”), un sistema che avrebbe potuto premiare, aumentando le probabilità di estrazione, coloro che, partecipando alla stessa, avrebbero effettuato acquisti pagando con strumenti di pagamento elettronico. Orbene, con la sopravvenuta pandemia da Covid19, il “Decreto Rilancio”[4] ha previsto il rinvio della partenza della lotteria al 1° gennaio 2021. Tra le ragioni addotte per tale proroga, la chiusura di gran parte degli esercizi commerciali e la limitazione degli spostamenti non essenziali che avrebbe reso difficoltosa la distribuzione e l’attivazione dei registratori telematici, necessari per trasmettere i dati della lotteria.
In sintesi, dunque, nulla di fatto in concreto (… ancora) per l’incentivazione lato consumatore all’uso di strumenti di pagamento elettronico, ma la direzione (rectius le direzioni) dovrebbero essere chiare.
Incentivazione lato esercente
Credito di imposta per gli esercenti sull’utilizzo dei pagamenti elettronici, obbligatorietà di POS e sanzioni per l’inadempienza, accordo per una riduzione delle commissioni, queste le tre azioni in commento che dovrebbero incentivare, lato esercizi commerciali, l’accettazione di strumenti di pagamento alternativi al contante.
In relazione al primo punto, ricordiamo che Il decreto fiscale 2020 ha già disposto che dal 1° luglio 2020 agli esercenti spetti un credito d’imposta pari al 30% delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate dai consumatori finali con mezzi di pagamento elettronico, segnatamente basati su carte di pagamento (debito, credito o prepagate) e altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili, fra cui sono esclusi i bollettini postali e gli assegni. Il credito è riconosciuto per quegli esercizi commerciali i cui ricavi e compensi relativi all’anno precedente non superino i 400.000 euro. Agenzia delle entrate e Banca d’Italia (rispettivamente con i provvedimenti del 29 aprile 2020[5] e dell’11 maggio 2020[6]) hanno provveduto ad emanare le disposizioni attuative, di cui è possibile avere un dettaglio a commento in questo articolo. In questo caso, dunque, la misura suggerita nel piano di rilancio Italia “2020 2022″ sembra già essere stata prevista e da luglio gli esercenti potranno iniziare a fruire del credito d’imposta.
Sull’obbligatorietà del POS si è scritto molto[7] nel corso degli ultimi sei anni, ossia da quando il famoso Decreto “Sviluppo-bis”, datato ottobre 2012[8], ne avrebbe previsto la vigenza dal 1° gennaio 2014. Ad oggi, l’obbligo è (e rimane) in realtà un onere, e alcun impianto sanzionatorio si è mai applicato. Vale solo ricordare l’ultimo passo di questa narrazione, compiutosi con la Legge del 19/12/2019 n. 157 che ha convertito, con modificazioni, il Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (sì, sempre lui: il Decreto Fiscale 2020). L’art 23 – Sanzioni per mancata accettazione di pagamenti effettuati con carte di debito e credito, che dal 1° luglio 2020 avrebbe previsto sanzioni amministrative pecuniarie di importo pari a 30 euro, applicabili in caso di mancata accettazione di un pagamento – di qualsiasi importo — effettuato con carte, da parte di un soggetto obbligato, è stato soppresso in sede di conversione.
Che il “piano Colao” possa essere di (ulteriore) sprone?
A onor del vero chi scrive è (da sempre) convinto che più della multa, dovrebbe valer l’incentivo; una pratica, questa, che laddove fosse realmente percepita dall’esercente come “convincente”, potrebbe riverberarsi positivamente lungo l’intera catena del valore.
Infine, l’annoso problema dei costi rappresentati dalle commissioni. Anche in questa circostanza, sarebbe utile ricordare come direttive[9] e regolamenti comunitari[10] abbiano, nel corso degli ultimi cinque anni, provveduto a contrarre i valori delle fee interbancarie.
Il Regolamento (UE) 2015/751 — cosiddetto IFR Interchange Fee Regulation – relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta, ha disposto in via generale che per le operazioni tramite carte di debito e prepagate ad uso dei consumatori i prestatori di servizi di pagamento debbano applicare una commissione interbancaria per ogni operazione non superiore allo 0,2% del valore dell’operazione; tale percentuale può aumentare sino allo 0,3% del valore dell’operazione per le sole carte di credito ad uso dei consumatori.
Agli Stati membri è stato richiesto di intervenire nel merito di alcuni dettami fra cui rilevano:
- i limiti alle commissioni interbancarie applicate alle operazioni di pagamento nazionali effettuate con carta di debito, prepagata e di credito ad uso dei consumatori;
- la struttura delle commissioni interbancarie applicate alle operazioni di pagamento nazionali effettuate con carta di debito e prepagata ad uso dei consumatori (attenzione sono escluse le carte di credito).
Per le operazioni nazionali tramite carta di debito, credito o prepagata ad uso dei consumatori di importo inferiore a 5 euro, i prestatori di servizi di pagamento sono obbligati ad applicare una commissione interbancaria di importo ridotto rispetto a quelle applicate alle operazioni di importo pari o superiore a 5 euro.
Nell’esercizio dell’opzione lasciata agli Stati membri, la Banca d’Italia, con il provvedimento 11 ottobre 2018 in vigore dal 30 ottobre dello stesso anno, ha previsto che per le operazioni nazionali tramite carte di debito o prepagate i prestatori di servizi di pagamento possano applicare una commissione interbancaria non superiore a 0,05 euro per transazione. Tale commissione, ove applicata, può essere anche combinata con una percentuale massima non superiore allo 0,2% del valore di ciascuna operazione, ma a patto che la somma delle commissioni interbancarie dello schema di carte di pagamento non superi mai lo 0,2 % del valore totale annuo delle operazioni nazionali effettuate tramite detti prodotti all’interno di ciascuno schema di carte di pagamento. Gli schemi di carte di pagamento devono inviare alla Banca d’Italia, una relazione illustrativa delle modalità di rispetto dei criteri di cui a tale opportunità.
Con lo stesso provvedimento in parola, Banca d’Italia ha definito le modalità e i termini per l’invio da parte degli schemi di carte di pagamento delle informazioni necessarie alla verifica del rispetto di tali obblighi e il recentissimo Decreto-legislativo. n. 36/2020[11] ha esteso la sanzione amministrativa irrogabile a carico “degli organi decisionali, organizzazioni o entità responsabili del funzionamento degli schemi di carte di pagamento”[12], anche allorquando detti schemi non osservino il rispetto degli obblighi già menzionati.
In considerazione del fatto che il regolamento (UE) 751/2015 ha intrapreso per la prima volta l’armonizzazione delle commissioni interbancarie, in un contesto in cui gli schemi di carte di debito e le commissioni interbancarie presentano notevoli differenze, si è reso necessario prevedere una ragionevole flessibilità per i mercati nazionali delle carte di pagamento. A tal fine, il decreto di recepimento ha previsto che fino al 9 dicembre 2020, i prestatori di servizi di pagamento possano applicare una commissione interbancaria media ponderata non superiore all’equivalente dello 0,2 % del valore medio annuo di tutte le operazioni nazionali effettuate tramite tali strumenti all’interno dello stesso schema di carte di pagamento.
Sul tema della riduzione delle commissioni a carico degli esercizi commerciali che accettano pagamenti elettronici, quindi, il piano per il rilancio Italia “2020 2022″ trova un terreno “fertile”. Anche in questo caso, però, è necessario che tutti gli stakeholder abbiano ben chiari i termini delle possibili manovre, e, mai come in questo caso, vi sia pari chiarezza d’intenti.
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- Report “Innovative Payments: collaborare paga”, Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano, aprile 2020. ↑
- Legge n. 160 del 27 dicembre 2019. ↑
- Decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 come modificato dalla Legge di conversione 19 dicembre 2019, n. 157. ↑
- Decreto-Legge 19 maggio 2020, n. 34 recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 128 del 19 maggio 2020. ↑
- Disposizioni di attuazione dell’art. 22, comma 6, del Decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157. Definizione dei termini, delle modalità e del contenuto delle comunicazioni trasmesse telematicamente dagli operatori dei sistemi di pagamento elettronici tracciabili. ↑
- Disposizioni di attuazione dell’art. 22 comma 5 del Decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, come modificatodalla legge di conversione 19 dicembre 2019, n. 157. ↑
- Per un eventuale approfondimento, si vedano gli articoli di Roberto Garavaglia su PagamentiDigitali.it a tema “Obbligo POS” scritti da gennaio 2014 in avanti. ↑
- Decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. ↑
- Direttiva (UE) 2015/2366 del 25 novembre 2015 (c.d. “PSD2”). ↑
- Regolamento (UE) 2015/751 del 29 aprile 2015 relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta. ↑
- D.lgs. 8 aprile 2020, n. 36, recante Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo di recepimento della direttiva (UE) 2015/2366 relati- va ai servizi di pagamento nel mercato interno, nonché di adeguamento delle disposizioni interne al regolamento (UE) n. 751/2015 relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 134 del 26 maggio 2020. ↑
- Art. 34-sexies del d.lgs. n. 11/2010 (decreto di recepimento della PSD2) come modificato dal Decreto-legislativo. n. 36/2020. ↑