La Commissione di Studio sui diritti digitali si è avviata bene, nel segno della concretezza e con la determinazione di produrre dei risultati in date definite, con una tempistica stringente.
La scelta di porre la prima scadenza a metà ottobre, così da poter presentare una proposta ai Parlamenti europei nell’evento del 14 e 15 ottobre, focalizzata sul come conciliare sviluppo della rete e diritti e tutele dei cittadini, evidenzia la volontà di incidere effettivamente sulle normative nazionali, con la consapevolezza dell’ambito europeo in cui si pone il tema.
Purtroppo i tempi stretti ci obbligano a prevedere lo spazio della consultazione collettiva solo successivamente, ma la nostra convinzione è che il confronto aperto a tutta la società civile sia indispensabile per la proposta conclusiva della Commissione, prevista a fine anno, indirizzata alle Commissioni Parlamentari, per interventi sul fronte della legislazione esistente e anche della Costituzione. E non è escluso che, come è avvenuto in altri Paesi, il mandato della Commissione possa essere ridefinito per accompagnare e supportare anche la fase di concretizzazione normativa.
Credo che la sensibilità e la ricchezza delle competenze presenti in Commissione siano condizioni positive per un buon risultato, sulla base di un confronto aperto che credo debba partire dal riconoscere che Internet non è un mondo a parte, ma un luogo dove esistono regole e diritti. Un terreno aperto di confronto, che auspico, perché anche i parlamentari presenti non rappresentano una linea di partito, che non c’è, ma esprimono culture e idee differenti del mondo che cambia. Un confronto senza pregiudizi che non richiede l’obbligatorietà della convergenza, ma che permette e favorisce confluenze di interpretazioni e proposte. Importanti, data la complessità del tema.