l'esperienza

Passaporto elettronico e burocrazia molto analogica: il paradosso italiano

Per fare il passaporto elettronico è necessario recarsi fisicamente al supermercato, alle poste, dal tabaccaio e almeno due o tre volte in Questura. Evidentemente il concetto di semplificazione alle nostre latitudini è stato mal interpretato

Pubblicato il 28 Giu 2018

Nicola Casagli

università di Firenze

passaporto prenotazione

Il passaporto elettronico, così definito sul sito della Polizia di Stato, è così elettronico che per averlo servono molte cose, tutte purtroppo parecchio fisico-meccaniche 😉

Nell’ordine:

  • N. 2 foto formato tessera identiche e recenti, molto cartacee e poco elettroniche, da fare per esempio nella macchinetta al supermercato;
  • N. 1 marca da bollo di euro 73,50 – sì proprio una di quelle marche da bollo introdotte con la legge unificatrice n. 586 del 21 aprile 1862 per fronteggiare l’emergenza del debito pubblico dell’Italia appena nata e già indebitata – ottenibile, oggi come allora, recandosi meccanicamente dal tabaccaio e pagandolo con i deprecati e molto poco elettronici contanti, perché si sa che i tabaccai non accettano le carte di credito per le marche a causa delle commissioni;
  • la ricevuta di versamento di € 42,50 sul C.C.P. intestato al Ministero dell’Economia e delle Finanze c/c n. 67422808 indicando nella causale “rilascio passaporto elettronico”, così elettronico che non c’è proprio verso di pagare questo benedetto bollettino con i sistemi di home banking e nemmeno con l’app delle poste; di nuovo si deve andare fisicamente all’Ufficio Postale – luogo che ero felice di aver dimenticato da quando esiste internet – e riempire un bollettino cartaceo, riscrivendo tre volte le stesse cose con quel prodigio della Meccanica che è la penna a sfera, saldamente legata col fisicissimo cordino antifurto;
  • un documento di riconoscimento valido, che non può essere il passaporto da rinnovare perché questo è richiesto al punto successivo;
  • il passaporto scaduto, che evidentemente non vale più come documento d’identità anche se non è proprio scaduto, in quanto lo sto rinnovando prima della scadenza perché alcuni Paesi richiedono 6 mesi di validità residua;
  • il codice fiscale, chissà come mai? Visto che il passaporto già contiene tutte le informazioni necessarie per ricavare il fiscalissimo codice elettronicamente e – con un po’ di impegno – anche a mano;
  • l’assenso del coniuge o convivente in caso di figli minori, da redigere meccanicamente su carta con firma olografa e allegata fotocopia del documento di identità del coniuge o convivente, anch’essa olograficamente siglata;
  • la ricevuta dell’appuntamento in Questura, ottenuto dallo strabiliante sistema di prenotazioni online sul sito, rigorosamente stampata elettro-meccanicamente su carta;
  • la telefonata, elettronico-analogica come lo era ai tempi di Meucci e Bell, per chiedere al cortese operatore, fortunatamente umano e non magneto-elettronicamente registrato, se insieme al proprio, si può contestualmente richiedere il passaporto anche per il coniuge, visto che anch’esso in scadenza, previa acquisizione di apposita delega cartacea controfirmata e ulteriore copia fotostatica del documento d’identità per rassicurare sul fatto che il coniuge non è nel frattempo cambiato fra un adempimento e l’altro;
  • l’elettrizzante (ma non elettrica) gioia di apprendere che si può fare – chi lo avrebbe mai detto! – ovvero che solo uno dei due coniugi deve recarsi in Questura per chiedere il rilascio di entrambi i passaporti, previa esibizione di apposita delega e del reciproco assenso di entrambi i coniugi in caso di figli minori, tutto cartaceo e tutto firmato s’intende;
  • la passeggiata meccanica su leve di terzo genere fino alla Questura, nel giorno stabilito, per accorgersi che si deve comunque ottenere un numerino cartaceo da una macchinetta erogatrice, per aspettare quelle due ore e mezzo per vedere comparire le stesse cifre del nostro numerino sul tabellone elettronico (FINALMENTE!!!!) della Questura;
  • la pazienza intangibile, ma non certo elettronica, nell’apprendere che si dovrà tornare a ritirare l’agognato passaporto fra due settimane; ma c’era da aspettarselo perché il passaporto elettronico è un libretto in stampa di pregio, mica un microchip che può essere prodotto così seduta stante;
  • l’arrabbiatura neurobiologica – e forse anche elettrofisiologica – nell’apprendere dal funzionario allo sportello che, contrariamente alle indicazioni telefoniche ricevute, il passaporto non può essere richiesto per il coniuge, perché è necessaria la presenza di persona; il passaporto infatti non è solo elettronico ma anche biometrico ed è quindi necessario prendere le impronte digitali perché – come abbiamo imparato dalle discussioni di questi giorni – la schedatura delle persone non è affatto anticostituzionale 😉

Ricapitolando, per fare il passaporto elettronico è necessario recarsi fisicamente al supermercato, alle poste, dal tabaccaio e almeno due o tre volte in Questura.

A Michael Faraday, considerato da alcuni il Padre dell’Elettronica, è attribuita la frase: “La cosa importante è sapere come prendere ogni cosa semplicemente.”

Ma lo disse in inglese e, forse, da noi non è stato capito.

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