Scrivo questo articolo durante una estenuante coda virtuale per l’accesso al c.d. “Bonus Mobilità” o “Bonus Bici”. Ho acquistato negli scorsi mesi una e-bike per mio figlio per il tragitto casa-scuola.
Oggi finalmente, dopo circa sei mesi, è stata resa disponibile la “piattaforma dedicata” per richiedere il c.d. bonus.
Partendo dalla mia esperienza di “richiedente incentivo” durante la (lunga) attesa per accedere al sistema, mi sono venute in mente alcune riflessioni sul metodo – molto in voga ultimamente – di predisporre piattaforme dedicate per ogni singola iniziativa pubblica: che sia un incentivo, l’iscrizione scolastica, la domanda di partecipazione a un concorso, ecc.
Perché è assurdo il click day
Il punto è se va bene il metodo per cui, per una provvidenza o pagamento, lo Stato o un ente locale, predispone una piattaforma dedicata e un click-day, cioè una giornata in cui bisogna fare la corsa a mettersi in fila virtualmente allo sportello elettronico. Come successo anche per il bonus Inps 1000 euro e la graduatoria docenti, sempre portando a tilt della piattaforma.
Si tratta di un metodo previsto dalla normativa e conforme all’idea che abbiamo di innovazione tecnologica del rapporto cittadino-PA?
Non direi proprio.
Iniziamo da alcuni elementi degli avvenimenti di oggi, utili alle considerazioni che seguiranno.
Il Ministero dell’Ambiente decide di erogare il bonus bici servendosi di una “applicazione web” attraverso cui sarebbe stato possibile inoltrare la richiesta.
Si discosta dunque dalla app IO attraverso cui era invece stato reso richiesto il bonus vacanze e che il recentissimo Decreto Semplificazioni aveva così normato nel senso che, secondo il suddetto Decreto (oggi Legge dello Stato) tutti i servizi pubblici digitali devono diventare accessibili dal telefono attraverso l’App “IO”, la quale, secondo la recentissima riforma, diventa lo strumento di accesso da usare per i cittadini che intendano utilizzare il telefono per sbrigare pratiche amministrative. In particolare è stato previsto che entro il 28 febbraio 2021 la Pubblica Amministrazione deve avviare i progetti di trasformazione digitale. Le amministrazioni potranno non inserire i loro servizi nell’App “IO” in caso di impedimenti tecnologici accertati dalla società pubblica PagoPA.
Va bene che non siamo ancora al febbraio 2021 però, certo, uno dei Ministeri del Governo centrale che ha approvato il Decreto Semplificazioni e già decide di ignorare la suddetta app non è un bell’esempio per le altre Amministrazioni.
Si discosta inoltre – e non è certo la prima Amministrazione a farlo – dall’art. 65 del Codice dell’Amministrazione Digitale, vigente da anni, secondo cui le istanze e le dichiarazioni presentate alle Pubbliche Amministrazioni sono comunque valide se presentate dal domicilio digitale (PEC iscritta in pubblici registri) o inviate via mail con copia del documento di identità.
Le Amministrazioni devono assegnare a tali istanze un protocollo d’arrivo e provvedere in base alla L. 241/90 sul procedimento amministrativo.
Dunque la richiesta di una provvidenza pubblica, di partecipare a un concorso, di conoscere un dato, ecc. non può essere vincolata all’utilizzo di una particolare piattaforma. Certo non è vietato che la piattaforma vi sia, ma non può essere un canale unico, specie se, come accaduto oggi, vi sono difficoltà di utilizzo e malfunzionamenti.
Perché è grave il tilt di Spid (di Poste in primis)
In particolare, gravissimo, è il fatto che vi siano stati notevoli disservizi da parte di alcuni identity provider SPID che, nel migliore dei casi, hanno rallentato molto accessi e procedure ed in molti casi non sono riusciti ad autenticare gli utenti (Poste in particolare, che gestisce l’80% delle identità Spid e quindi è stata subissata particolarmente di richieste, Ndr.).
Che oggi fosse il click day del bonus bici lo sapevano tutti e dunque le attività di dimensionamento ed ottimizzazione dovevano essere state da tempo avviate.
E’ dunque particolarmente preoccupante che i sistemi non abbiano retto questo stress test. Significa negare il diritto degli utenti a usare i servizi pubblici che richiedono Spid per l’accesso (necessario in particolare in questa fase di pandemia, quando non è opportuno andare agli sportelli fisici).
Questo anche perché queste iniziative massive in cui SPID è obbligatorio sono per molti utenti la prima esperienza di questi sistemi.
Cosa potrà pensare degli anni di riforme della PA digitale un cittadino cui venga chiesto di mettersi al computer alle 9 di mattina (magari disdicendo impegni), fare tre ore circa di fila virtuale con pochissime indicazioni per poi vedere che SPID, nel migliore dei casi è lentissimo, nel peggiore nega il servizio?
Perderà molta fiducia nello sforzo di innovazione e rinnovamento della Pubblica Amministrazione. Non ha peraltro senso che le tecnologie vengano utilizzate per far mettere in fila i cittadini davanti al computer.
Se la dimensione dell’iniziativa è tale per cui i bonus non sono sufficienti per tutti i richiedenti, si dica che verranno estratti a sorte o ripartiti sulla base del numero di richieste.
Cosa si poteva fare invece di obbligare a usare una sola piattaforma
In alternativa si consenta – come dicevo – di inviare fattura ed IBAN via PEC o mail, con un documento di identità al quale l’Amministrazione potrebbe rispondere, verificati i documenti, con un link dove validare via SPID l’identità.
Ci sarebbero potuti essere sistemi molto migliori per evitare l’assalto alla diligenza, che ha scoraggiato chi non ha familiarità con i sistemi della PA digitale e gettato discredito sull’enorme lavoro fatto sinora su SPID, sull’App IO e sulla trasformazione digitale, relegando il tutto alla dialettica del “tanto non funziona niente”.
Non si può avere un sistema diverso ogni volta con problemi di apprendimento dell’esperienza utente.
In conclusione
L’Amministrazione digitale ha senso se è una semplificazione e fa risparmiare tempo. Tre ore di fila per usare un sistema complicato non sono amministrazione digitale.
Al contempo deve cessare la schizofrenia delle Amministrazioni che eludono le norme sull’Amministrazione digitale che esse stesse approvano. Non è razionale un sistema che “fa finta” che norme vigenti non esistano e che, per ogni nuova iniziativa, “inventano” un sistema diverso di richiesta. Una piattaforma come quella del bonus bici avrebbe dovuto assegnare un numero di pratica a chi entrava e informare che, al minimo problema, era possibile mandare la documentazione via PEC o mail, citando il numero di pratica “ai sensi dell’art. 65 del Codice dell’Amministrazione Digitale”.
In questo senso è comprensibile la riforma del Decreto Semplificazioni con l’obbligo di usare l’App IO, magari accompagnandola con un sito “IO” per chi non ha dimestichezza o voglia di usare solo lo smartphone, si utilizzi quella, ma si eviti ogni diversa piattaforma ma – se la tendenza alla amministrazione digitale “creativa” continua – non si può essere certi che la riforma verrà attuata appieno.
Chi ha partecipato, come il sottoscritto, alla nascita di SPID ed assistito alle prime bozze normative sin dal 2013, non può non constatare che giornate come questa rendono più arduo il percorso verso fondamentali passaggi come SPID per le imprese, la firma con SPID, il binario parallelo della CIE per l’identificazione: rimarrà nella memoria collettiva la giornata intera per chiedere il bonus bici in elettronico quando sarebbe bastata una raccomandata o una PEC, come rimarrà il click day per il bonus INPS di qualche mese fa.
SPID è ormai una realtà e non è stata aiutata dai continui tentennamenti del Governo che parlava di abolirlo, sostituirlo con la CIE, sviluppare una nuova identità elettronica, ecc.
Ora che gli SPID rilasciati sono oltre 10 milioni occorre accertarsi che i sistemi reggano l’impatto del fatto che SPID viene utilizzato realmente e ci possono essere giornate in cui gli utenti “vogliono la bicicletta”… e SPID deve pedalare… assieme a piattaforme ed app su cui si presentano le istanze che siano unificate o comunque rispondano a dei criteri di qualità e a dei template standard.