L’Italia è indiscutibilmente un paese popolato da innovatori.
A qualunque livello e in qualunque modo i cittadini italiani sono quasi costretti ad “innovare” per trovare delle soluzioni a problemi che lo Stato non sembra volere affrontare.
Al contrario: vediamo spesso e volentieri continui ostacoli burocratici per qualunque tipo di iniziativa.
Basti pensare alla responsabilità dell’intermediario in rete, all’utilizzo della Blockchain o (tabù) delle criptovalute, alla possibilità di formare atti pubblici a distanza attraverso piattaforme che consentano una certificazione delle firme digitali apposte sull’atto o, ancora, ai vincoli formali che impediscono ai venture capital italiani di poter supportare le Startup innovative attraverso modelli decisamente più snelli e semplici.
Digitale, non c’è continuità tra progetti e politica
Buzzwords (parole a caso) spesso pronunciate in mille convegni o anticipatorie di progetti che hanno prodotto poco o niente non tanto per chi ci ha lavorato, quanto per la poca continuità offerta dalla politica (che fine farà l’Agenzia per l’Italia Digitale?).
Buzzwords che hanno un effetto mediatico non indifferente e se pronunciate al momento giusto e nel contesto opportuno, possono (ri)dare credibilità a politici ormai cotti dal tempo e dalla stanchezza.
Basta leggi e parole a caso, serve un progetto vero
Non credo che l’Italia abbia bisogno di queste parole a caso. Credo che l’Italia abbia bisogno di un progetto vero, strutturato, non fatto di annunci ma di persone che lavorano e che (anche senza urlare) si dedicano alla realizzazione di processi.
Non di leggi perché di quelle ne abbiamo viste fin troppe.
I processi da intendersi come dei canovacci che ci vengono mostrati per offrirci delle reali prospettive.
Una legge ci dice cosa fare. E presto la dimentichiamo.
Una immagine e un processo, ci indicano una strada. E questo lo ricordiamo.
E’ con questi valori e questi obiettivi che è nata, da qualche giorno, l’associazione Copernicani, di cui sono stato uno dei fondatori.
Perché un Ministro per il digitale anche in Italia
Un Ministro per il Digitale che coinvolga gli italiani in una nuova e vera rivoluzione digitale, ci consentirebbe di capire.
O almeno questa è la speranza. Di noi Copernicani. Che abbiamo creduto in un progetto fatto di persone che lavorano ogni giorno con innovatori e nato con un atto rivoluzionario e innovativo, un atto notarile concluso a distanza.
Un Ministro per il Digitale ha una funzione sostanzialmente diversa da una semplice Agenzia.
E’ all’interno del Consiglio dei Ministri che si formano gran parte delle decisioni. Ed è lì che è necessario intervenire. Nel processo formativo ma anche grazie al rapporto personale e di fiducia che si viene ad instaurare quotidianamente tra i Ministri durante i vari Consigli.
Questo concetto, profondamente umano, consente di prendere decisioni rapide e immediate, senza filtri.
Una Commissione Parlamentare con funzionari specializzati
Se invece si prosegue con le Agenzie (che comunque hanno fatto un buon lavoro) è necessario comunque fare un passaggio con le strutture ministeriali competenti. E questo passaggio richiederebbe (come infatti richiede oggi) mesi solo per organizzare un riunione, per non parlare di quando bisogna prendere una decisione per risolvere un problema.
Oltre ad un ministro, sarebbe ancora più importante una Commissione Parlamentare con funzionari specializzati, e non residuali come ora, al fine di migliorare la qualità delle leggi in ambito innovativo e con un coordinamento che oggi è del tutto inesistente.
Un paese con meno Agenzie e vincoli
Vorrei un paese dove finalmente si parlasse di Blockchain e Criptovalute in maniera seria e senza fughe in avanti di questo o quel Ministro o di questa o quella Agenzia.
Vorrei un paese dove una startup possa liberamente crescere, assumere (anche più di 15 persone!), fornire servizi senza mille vincoli, essere finanziata da ventures senza troppe formalità o requisiti.
Vorrei una pubblica amministrazione che ripensa se stessa, sfrutta le infrastrutture digitali già esistenti oggi ed educa il suo personale coinvolgendolo in questa rivoluzione copernicana.
Vorrei una amministrazione Comunale che non spende per piattaforme open source già esistenti sul mercato, o peggio, già utilizzate da altre pubbliche amministrazioni.
Vorrei una scuola che insegnasse, cyberbulli inclusi, che la tecnologia non serve solo per insultare o scambiarsi foto o parlare con il primo sconosciuto, ma che può essere la base per nuove professioni.
Vorrei un Tribunale dove tutti, Giudici, Avvocati, Cancellieri, possono lavorare su piattaforme digitali semplici e funzionali che, in sicurezza, consentano una rapida condivisione delle informazioni, notifiche, depositi, comunicazioni.
Perché il digitale fa paura
Eh, si. Le infrastrutture ci sono già. E costano pure poco.
E fanno paura.
A molti.
Non solo quelli che vedrebbero irrimediabilmente persa la loro posizione di supremazia e potere in un paese fatto di privilegi, requisiti e carte bollate che impongono a piccoli operatori (i veri innovatori) complessità tali da farli rinunciare subito alla loro impresa.
Ma anche a coloro che, a ragione o a torto, l’innovazione in fondo la temono o la disprezzano perché sono convinti che il passato era meglio, o che siamo destinati ad un mondo di robot che – come nella peggiore visione distopica di Philip K. Dick – ci porterà all’autodistruzione.
Disegnare il futuro col digitale
A queste persone io dico che il futuro è quello che ci disegniamo noi.
E che l’innovazione tecnologica è un mare, è ovunque e le sue onde arriveranno anche in questo paese, spazzando tutto ciò che non è pronto o resiliente.
Non prepararsi significherebbe solo lasciare che altri disegnino il nostro futuro. Credo invece in un paese che intenda seriamente contribuire a creare il suo futuro.
E per farlo, ritengo sia necessario un Ministro. Autorevole. Competente. Che lavora e che non va a tagliare nastri o inaugurare improbabili siti pagati con i soldi dei contribuenti e fatto in wordpress (con rispetto per wordpress naturalmente).
Italia e innovazione, storia di un (in)successo
La Politica e l’Innovazione Tecnologica in Italia non hanno avuto grande successo.
Ricordo il Dipartimento per l’Innovazione Tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, poi unito dal Berlusconi IV al Dipartimento per la Funzione Pubblica (perché?) e poi accorpato nel Dipartimento per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione (quasi aggiunta quella congiunzione per far contenti tutti).
Fortunatamente il Dipartimento è stato poi scorporato dal Governo Monti, poi delegato al Ministero dello Sviluppo Economico e successivamente accorpato all’Agenzia per l’Italia Digitale.
Il cambio di passo del governo Monti
Negli anni del Governo Monti si è in effetti registrata una grande attenzione all’innovazione. Ricordo i saggi scelti dal Ministro Passera che hanno poi portato alla legge sulle Startup innovative (il famoso D.L. 179/2012) che, per quanto criticabile in molti punti, ha certamente segnato un passaggio importante nella cultura dell’innovazione in Italia spingendo molti giovani a creare imprese innovative e sperimentare modelli, progetti e soluzioni con la creazione di un indotto di lavoro piccolo ma importante.
Manca l’innovazione tra i punti del contratto di Governo
Quello che rimane oggi di quella esperienza è ancora tutto da studiare e i nuovi partiti/movimenti che si apprestano a governare il Paese, forse avrebbero dovuto mettere tra i punti del loro contratto proprio quella innovazione dimenticata da molti.
Possiamo dare un valore di legge ad un protocollo e ad uno smart contract elaborando sistemi di risoluzione delle controversie automatizzati?
Innovazione e fiducia nel futuro
E’ possibile che lo Stato, visto che impone ai cittadini di pagare le tasse sulle criptovalute possedute da questi, dia anche la possibilità agli stessi di pagare queste tasse sempre in criptovalute, evitando così l’assurdo che – nelle ipotesi di forti fluttuazioni di cambio Crypto/Euro il contribuente si ritrovi a pagare in Euro più di quanto effettivamente possieda al momento della dichiarazione redditi?
Molti lavori verranno persi. E’ inevitabile. Ma accadrà comunque.
Molti lavori possono essere creati. Questo però non è inevitabile. E’ un risultato che si può raggiungere solo se c’è una forte spinta politica in questa direzione. Unitaria.
Io vorrei partecipare a questo disegno.
Fatto di fiducia verso il futuro e verso l’innovazione.