Il Piano Triennale per l’informatica della Pubblica Amministrazione 2019-2021, forse ancor più del precedente, riesce a tracciare un percorso ed una strategia di cambiamento chiara, temporalmente contingentata, comprensibile e con un approccio che si ispira a principi di pragmaticità ed empowerment eco-sistemico necessari per una transizione e trasformazione digitale che sia finalmente matura.
Molto positivo il “ritorno” del tema legato alle città intelligenti, rideclinato nella logica degli smart landscape e strettamente connesso al concetto di Functional Urban Area (FUA) di ISTAT che supera i limiti degli ordinari confini amministrativi. Altrettanto positiva inoltre la correlazione tra “sistema urbano” e nodo logistico e sulle potenzialità di tale correlazione in ottica di Industria 4.0 ed e-commerce.
Meno evidente o del tutto assente un riferimento alle risorse (non solo economiche) con cui tale percorso e trasformazione debba attuarsi e svilupparsi. In particolare sembra mancare un chiaro riferimento a governance e competenze, infrastrutture abilitanti, riforma del procurement e alla reale allocazione e disponibilità di risorse economiche.
Governance e competenze, serve una delega all’innovazione
Nel Piano, ma ancora prima nella politica di innovazione del Paese, non si affronta il tema del raccordo politico e tecnico tra Agid, Team per la trasformazione Digitale e Governo. Vi è infatti una particolare attenzione per la semplificazione e reingegnerizzazione dei processi come base abilitante per una matura trasformazione digitale.
Positivo inoltre il focus sul Project Management (e sulla costituzione dei PMO regionali) come metodo e strumento per una gestione competitiva dei progetti digitali. Appare comunque indifferibile il tema di una delega forte, e con portafoglio, all’innovazione.
Tale delega dovrebbe porsi l’obiettivo primario di un piano straordinario di assunzioni di nuove professionalità “digitali” nella PA, sul modello della proposta “Coppola” miseramente bocciata in chiusura di passata legislatura, oltre ad un altrettanto straordinario piano di alfabetizzazione digitale che nel Piano triennale viene genericamente rimandata alle responsabilità delle singole amministrazioni.
Infrastrutture abilitanti, cosa c’è e cosa manca nel nuovo piano triennale
Molto positivo l’indirizzo e l’approccio pratico sul tema cloud e sulla razionalizzazione dei data center. L’architettura ICT delle pubbliche amministrazioni italiane sembra avere finalmente una chiara abilitazione verso il cloud in attesa di definire in maniera chiara il ruolo dei soggetti aggregatori. Nebulosa invece ancora l’attuazione di politiche che correlino i temi di infrastrutturazione su Cloud-Data Center-BUL-5G.
Tali politiche potrebbe consentire un vero avanzamento in tema di sviluppo di servizi legati a internet delle cose soprattutto in ecosistemi come turismo e sanità. In tema di infrastrutture abilitanti vi è inoltre la necessità di approfondire il tema della reale transizione verso l’obiettivo dell’accesso SPID-only (diffusione ampiamente sotto le aspettative con circa 4 milioni di identità digitali attivate) e verso la completa e totale adesione su ANPR da parte dei Comuni (circa 1850 Comuni subentrati e altri 2200 in pre-subentro).
Riforma del procurement, tutto quello che non funziona
Il binomio “Consip – sviluppo digitale” non funziona poiché le policy e l’attuazione di un piano di sviluppo e trasformazione digitale di un Paese non possono passare per procedure al massimo ribasso e terribilmente lente, dove a farla da padrone sono pochi e sempre soliti player.
La logica innovatrice del Paese rimarrà in tal modo un impegno onirico per mancato adeguamento di norme, strategie e strumenti in tema di acquisizione di innovazione, laddove inoltre per i dirigenti pubblici non vi è nessun obbligo di adottare procedure innovative (Dialogo competitivo, PPI, PCP). A proposito di Pre-Commercial Procurement, esplicitamente menzionato nel piano, rappresenta da molti anni più un positivo auspicio che uno strumento realmente adottato dalle PA italiane, con l’aggravante delle gare AGID ferme e/o mai partite.
Neanche i correttivi al codice degli appalti, che sono in discussione in Parlamento, sembrano superare la logica del tutto sbagliata che comprare innovazione deve poter essere diverso che comprare matite o appaltare lavori!
Il nodo delle risorse
Il piano triennale è importante ma è altrettanto fondamentale dire ad un Sindaco e/o dirigente dove reperire le risorse per attuare compiutamente la trasformazione digitale del proprio Comune o ente.
Ve lo immaginate un sindaco, magari di un Comune medio-piccolo, che legge il piano triennale e sa di poter investire ogni anno solo il 50% delle spese informatiche sostenute nell’anno precedente? Quello stesso Sindaco che sa pure di avere il blocco delle assunzioni che non gli consente di avere nuove risorse e competenze umane per lo sviluppo digitale della propria comunità? Quello stesso Sindaco che ha forse anche ristrettezze e vincoli di bilancio tali da non fargli attivare strumenti e meccanismi come il prestito ordinario di CDP?
La particolare attenzione del Piano ai dati e l’approccio totale verso l’adozione di adeguati indicatori e verso il monitoraggio delle iniziative certifica un approccio certamente analitico. Ciò rappresenta un’ottima base di partenza per tracciare policy di pianificazione e programmazione solide e credibili che dovrebbero avere come obiettivo di medio-lungo termine il coinvolgimento di realtà, come i Comuni medio-piccoli, che più di tutti fanno fatica a pianificare e sviluppare progetti di innovazione.
Perché i proponimenti e gli obiettivi del Piano diventino risultati occorre quindi fare in fretta e prevedere governance, risorse (materiali ed immateriali) e meccanismi di procurement radicalmente diversi. Altrimenti il prossimo piano triennale sarà ricco di rimpianti e aspettative deluse.