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Pignoramento di criptovalute e NFT: ecco come è possibile

Come comportarsi quando è necessario pignorare criptovalute o NFT? Le principali problematiche e best practices quando occorre confrontarsi con asset di questo genere. Individuazione dei beni da aggredire, il nodo della titolarità delle criptovalute, Strategia difensiva e possibili soluzioni al problema

Pubblicato il 06 Mag 2022

Emanuele Gambula

Data Protection Specialist

Tommaso Ricci

Avvocato, Data Protection & LegalTech Specialist

tassazione NFT

Pur differendo tra di loro, gli NFT e le criptovalute dimostrano una certa capacità di resistenza verso l’ esecuzione forzata: per la loro natura, infatti, nell’ambito del pignoramento dei beni, si incontrano numerose problematiche pratiche, dall’individuazione dei beni aggredibili fino al loro concreto sequestro.

Criptovalute: norme attuali e prossimi scenari

L’esecuzione fra incertezze teoriche e difficoltà pratiche

La qualificazione giuridica delle valute digitali e degli NFT è stata a lungo discussa in dottrina, a causa della loro intrinseca natura. Ferma restando la distinzione tra beni materiali e immateriali, ossia quella che individua i primi come cose oggetto di percezione sensoriale o strumentale (si pensi, ad esempio, a un orologio o a un immobile) mentre i secondi come tutti quelli astratti, quindi che non possiedono una loro fisicità (marchio, insegna ed opere d’autore), secondo una linea interpretativa prevalente criptovalute e NFT appartengono alla categoria dei beni immateriali, che come tali possono formare oggetto di diritti[1], pur non essendo dotati di una corporalità propria. In assenza di conferme normative o giurisprudenziali, questa ultima interpretazione sembra essere quella sostenuta dalla dottrina maggioritaria, nonostante l’incertezza che caratterizza la questione[2].

Allo stato attuale, da un punto di vista teorico, le valute digitali come gli NFT, risultano pertanto beni assoggettabili a pignoramento[3]. Tale considerazione è stata confermata, seppure astrattamente, da un provvedimento giudiziario[4] nell’ambito del quale i giudici, pur negando il conferimento di criptovalute in società per via della loro fattuale impignorabilità, hanno ritenuto che le stesse costituissero fonte di garanzia patrimoniale generica[5]. Gli NFT o Non Fungible Token differiscono dai token di criptovalute principalmente per il fatto di essere non fungibili, cioè generatori di “rarità digitale”. In altre parole, vengono considerati unici, irripetibili e immutabili attraverso l’impiego della tecnologia blockchain. Ad esempio, colui che acquista un’opera d’arte digitale sotto forma di NFT diverrà possessore del relativo certificato che, oltre descriverne le diverse peculiarità, sarà anche composto dal proprio hash[6] ed il possessore dell’NFT potrà vantare formalmente un determinato diritto sull’asset.

I problemi applicativi di un pignoramento o altra forma di esecuzione forzata sulle criptovalute sono molti e di natura diversa: da una possibile eccezione di incompetenza territoriale del giudice adito, derivante dalla loro c.d. aterritorialità[7], alla successiva vendita o assegnazione dei crypto-assets. Ad esempio, con riferimento alle valute digitali, è possibile chiederne l’assegnazione qualificando le criptovalute come quelle “altre cose” previste dall’art. 529, comma 2 c.p.c. “il cui valore risulta dal listino di borsa o di mercato”; in tal senso, è utile ricordare che non esiste un mercato di cambio unico, per cui, la norma potrebbe applicarsi solo nei casi di valute digitali che hanno ricevuto una quotazione pubblica. Di seguito analizzeremo alcune delle principali criticità che si incontrano da un punto di vista pratico.

Individuazione dei beni da aggredire: il dilemma del crypto wallet “vuoto”

Il primo problema che si riscontra in una procedura di esecuzione forzata sulle criptovalute è legato al “luogo” in cui queste vengono conservate, i c.d. crypto wallet che, a differenza di quanto comunemente si possa credere, non contengono il bene immateriale in sè, bensì le chiavi che permettono al proprietario di ordinare l’esecuzione delle future transazioni. In tal senso, occorre distinguere[8] gli hardware dai software wallet; i primi hanno il vantaggio di essere materialmente rinvenibili su un hardware ad hoc. In altre parole, si tratta di un dispositivo di archiviazione (pendrive USB) in grado di memorizzare offline i portafogli di diverse criptovalute. Al contrario, quando si parla di software wallet ci si riferisce, invece, a uno strumento digitale che può essere installato sul proprio computer o smartphone[9]. Fatta questa premessa, occorre ora chiedersi se, nell’ottica di eventuali azioni cautelari, l’oggetto del sequestro corrisponda o meno al wallet fisico. A costo di deludere i più speranzosi, in realtà, ciò che serve è piuttosto inibire una qualsiasi azione elusiva da parte del debitore. In particolare, è possibile intraprendere un’azione cautelare consistente nel trasferimento dei diversi asset dal portafoglio del debitore a quello giudiziale. In mancanza di una misura cautelare, il debitore potrà sempre, attraverso un elenco di parole (c.d. “mnemonic”)[10] , ricostruire virtualmente il proprio conto e, successivamente, trasferire i propri asset su un terzo wallet potendo pericolosamente determinare l’estinzione del procedimento esecutivo per mancanza di asset aggredibili.

La titolarità delle criptovalute: come scoprire se il debitore è proprietario di valute digitali

Il secondo problema che rende l’esecuzione ancora più complicata è determinato dalla difficoltà nello scoprire se il debitore è effettivamente titolare di un certo ammontare di criptovalute.

In generale, le possibilità sono tre:

  • in via del tutto informale (es. si viene a conoscenza, anche indirettamente, del fatto che il debitore possiede criptovalute o le accetta come mezzo di pagamento) ovvero in forza di uno specifico rapporto contrattuale[11];
  • tramite una ricerca dei beni da pignorare in via telematica ai sensi dell’ articolo 492-bis del codice di procedura civile: accedendo all’anagrafe tributaria, sarà quindi possibile venire a conoscenza di una eventuale attività professionale che il debitore esercita nel settore di riferimento; con risposta all’interpello del 24 novembre 2021 l’Agenzia delle Entrate ha difatti confermato, entro determinati limiti stabiliti dalla legge, l’imponibilità delle valute digitali ai fini delle imposte sui redditi;
  • grazie al Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 13 gennaio 2022, che impone obblighi identificativi particolarmente stringenti in capo tutti i soggetti che erogano servizi relativi di portafoglio virtuale e relativi all’utilizzo di valuta virtuale; tra questi si ricordano principalmente: (i) l’obbligo di richiesta per l’iscrizione alla sezione speciale del registro OAM (Organismo Agenti e Mediatori) affinché si possa esercitare legalmente l’attività in territorio italiano[12]; e (ii) l’obbligo di trasmissione periodica all’OAM sia dei dati personali dei clienti sia delle operazioni eseguite[13]. In tal caso, pare anche opportuno verificare se i singoli fornitori hanno l’obbligo di cooperare con l’autorità giudiziaria[14].

Strategia difensiva e possibili soluzioni al problema

A seconda del problema riscontrato nel caso specifico, si possono configurare tre diverse situazioni in base alla strategia difensiva scelta alla luce dell’oggetto del pignoramento; si potrà pertanto procedere:

  • all’esecuzione in forma specifica chiedendo la consegna o il rilascio del bene qualora il bene aggredito dal creditore corrisponda a quello effettivamente dovuto dal debitore;
  • all’esecuzione in forma generica qualora, a seguito dell’insolvenza del debitore, i suoi beni siano generalmente individuati e convertiti in denaro fino al pagamento del debito, con il risultato che non vi sarà coincidenza tra il bene pignorato e quello conseguito;
  • all’espropriazione presso terzi, nel caso in cui il debitore non sia il diretto titolare del bene ma, piuttosto, si avvalga di un terzo intermediario (c.d. Exchange) per l’esecuzione delle operazioni.

Quest’ultimo caso sembra quello in cui si potrà realisticamente giungere alla soddisfazione più agevole del credito. Invero, l’attenzione del legislatore europeo e nazionale verso la regolamentazione delle valute virtuali sembra dirigersi verso l’imposizione di obblighi identificativi sempre più stringenti[15]. In tal senso, è ragionevole pensare che gli stessi operatori professionali hanno tutto il vantaggio a trovare una piattaforma che sia affidabile in termini, ad esempio, di trasparenza e contrasto alle frodi.

Per quanto riguarda, poi, una possibile strategia da adottare nel caso in cui si prospetti una futura esecuzione su crypto-assets, è possibile ad esempio:

  • prima dell’instaurazione del giudizio di merito, in presenza dei requisiti[16] stabiliti dalla legge, richiedere un provvedimento d’urgenza che abbia ad oggetto:
    • una misura con cui il giudice ordina la consegna delle chiavi riferite a uno o più wallet (la cui inottemperanza comporta l’imposizione di una sanzione pecuniaria); e
    • un sequestro che dovrà avvenire mediante il trasferimento dei crypto-assets in un wallet creato ad hoc dal Tribunale.
  • successivamente, instaurare il giudizio di merito chiedendo, a seconda dei casi, la condanna al pagamento o alla consegna ed eventualmente la conferma della misura coercitiva di cui sopra.

Nel caso in cui il debitore, però, risultasse nulla tenente, si giungerebbe a un’impasse. Così, nella fase di pignoramento, l’ufficiale giudiziario lo inviterà a indicare ulteriori beni pignorabili e, in caso di reticenza o falsa dichiarazione, potrà configurarsi il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 c.p.)

Quest’ultimo scenario fornisce un ulteriore spunto di riflessione: l’inottemperanza all’ordine del giudice di consegna delle chiavi deve determinare, sulla falsariga dei rimedi previsti nell’ordinamento anglosassone, una sanzione più incisiva e finalizzata all’adempimento di quella che può inquadrarsi come un’obbligazione che può essere eseguita solo dal debitore, ossia il rilascio delle chiavi; ciò, unitamente all’elaborazione da parte dei tribunali di protocolli ufficiali, pratiche standardizzate e, come evidenziato da esperti del settore, l’organizzazione di simulazioni concrete delle diverse attività giudiziarie tramite reti testnet[17].

Quanto appena descritto, potrà fornire spunti di riflessione rispetto al modo di procedere qualora ci si dovesse imbattere in casi di esecuzione forzata che hanno ad oggetto le criptovalute o, più in generale, criptoattività[18], e in ogni caso, considerando la prossima evoluzione della cornice normativa di regolamentazione delle criptovalute e NFT, è auspicabile che rimedi e procedure più certe vengano convalidate ed avallate dal legislatore.

Note

  1. Secondo l’art 810 del Codice Civile: “Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”.
  2. S. Capaccioli, Criptovalute e Bitcoin: un’analisi giuridica, Giuffrè, Milano, 2015, p. 118 ss., M. Mancini, Valute virtuali e Bitcoin, in Analisi giuridica dell’economia, fasc. 1, 2015, p. 126, A. Tomassini, Tassazione delle criptovalute: un vuoto normativo da colmare, in Finanza decentralizzata e fisco, IPSOA, aprile 2022 disponibile all’indirizzo: https://www.ipsoa.it/documents/fisco/imposte-dirette/quotidiano/2022/04/05/tassazione-criptovalute-vuoto-normativo-colmare
  3. Di particolare rilevanza è anche la natura concettuale di bene posta in relazione al progresso tecnologico come fatto economico-sociale in G. FINOCCHIARO, Le criptovalute come elementi patrimoniali assoggettabili alle pretese esecutive, in Riv. Dir. Proc, 1, 2019, p. 86 ss.
  4. Decreto del 24 ottobre 2018 (207/201) la Corte d’Appello di Brescia, che ha confermato il precedente Decreto del Tribunale Sezione Specializzata in materia di impresa (7556/2018 RG n.2602).
  5. Quando si parla di garanzia patrimoniale generica si fa riferimento all’art. 2740 del Codice Civile, secondo cui: “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge
  6. Sequenza alfanumerica memorizzata sulla blockchain che permette la “compressione” del contenuto digitale che si vuole tokenizzare
  7. Infatti, come verrà precisato in seguito , le valute virtuali non sono conservate in un luogo fisico.
  8. È bene rammentare che la presente distinzione è alquanto riduttiva poiché ne esistono ulteriori tipologie. Per maggiori informazioni si veda P. Dal Checco, Sequestro e confisca: tecnica e procedura, in Criptoattività, criptovalute e Bitcoin, coordinato da S.A. Cerrato, R.M. Morone, P. Dal Checco, a cura di S. Capaccioli, Giuffrè, Milano, 2021, p. 326 ss.
  9. MetaMask indubbiamente è tra i più famosi e vanta una crescita che nel 2021 ha raggiunto il 420%, O. Adebayo, MetaMask userbase grows by 420%, in Cryptopolitan, disponibile al link: https://www.cryptopolitan.com/metamask-userbase-grows-by-420/
  10. Grazie a questo strumento non è nemmeno necessario memorizzare il proprio portafoglio su un dispositivo (computer o smartphone); il wallet potrà essere ricostruito ogni volta che si vorrà attraverso le parole mnemonic. Queste ultime possono essere annotate su un foglio di carta o, addirittura, imparate a memoria.
  11. Nei rari casi in cui la transazione avvenga off-chain (ossia fuori dalla rete decentralizzata, senza ricorso ad uno smart contract).
  12. Art. 3 del Decreto
  13. Art. 5 del Decreto
  14. Ad esempio, la nota piattaforma Binance precisa nelle condizioni generali presenti sul sito quanto segue: “Binance maintains a stance of cooperation with law enforcement authorities globally and will not hesitate to seize, freeze, terminate Users’ accounts and funds which are flagged out or investigated by legal mandate.”
  15. Direttiva (UE) 2015/849 (c.d. IV direttiva antiriciclaggio) recepita dal D.Lgs. n. 90/2017, Direttiva (UE) 2018/84 (c.d. V direttiva antiriciclaggio) recepita dal D.Lgs n. 125/2019. Quest’ultima impone, tra le altre cose, l’obbligo di registrazione degli exchange all’albo dei VASP (Virtual Asset Services Provider).
  16. Ai sensi dell’art. 700 c.p.c., i presupposti per la concessione di un provvedimento d’urgenza sono la probabile esistenza del diritto (fumus boni iuris) e il pericolo attuale di un suo pregiudizio imminente e irreparabile (periculum in mora)
  17. La rete testnet è una prova di quella blockchain e consente di eseguire dei test senza interferire con quella reale effettivamente in uso.
  18. P. Dal Checco, Sequestro e confisca: tecnica e procedura, cit, p. 345

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