L'intervento

PNRR, Confindustria digitale: “Piano da migliorare, ecco le priorità per il Governo”

Un buon piano ma con alcune lacune da correggere subito. Non chiara la governance. Manca una spinta decisa sul fronte delle riforme strutturali, in particolare sulla pubblica amministrazione

Pubblicato il 24 Feb 2021

bandiere ue italia

Di seguito un intervento intervento di Cesare Avenia in audizione al Parlamento a febbraio

L’impianto del PNRR presentato dal Governo, nonostante alcuni punti di debolezza, si presenta largamente condivisibile sotto il profilo delle priorità indicate e dell’ampiezza delle linee di intervento indicate.

In particolare, si conferma la centralità della digitalizzazione per la ripresa e il rilancio dell’economia nazionale, in linea con quanto previsto dalle linee guida presentate dal Governo il 15 ottobre scorso e così come richiesto dal Regolamento EU.

Si tratta di una scelta di politica economica fondamentale per consentire al Paese e all’Europa tutta di agganciare non solo la ripresa, ma – in termini strutturali – la modernizzazione del Paese, consentendo ai diversi settori produttivi di recuperare i divari di competitività, sostenere la produttività dei diversi comparti, stimolare l’innovazione attraverso un investimento corposo sulle tecnologie abilitanti, capaci di rendere effettivamente flessibile, interconnesso e accessibile il sistema produttivo nazionale.

I meriti del PNRR

Inoltre, il Piano presentato dal Governo ha il merito di:

  • Prevedere la convergenza di diverse fonti di finanziamento – anche fuori dal perimetro della Recovery and resilience facility su missioni e obiettivi indicati dal PNRR, in una logica non solo di blending delle risorse ma di sostanziale coerenza nelle finalità tra i diversi programmi di investimento del Governo.
  • Confermare il Piano transizione 4.0, con nuovi incentivi per i beni immateriali (LdB 2021), sebbene la norma introdotta dalla Legge di bilancio 2021 richieda alcuni interventi modificativi per garantirne la corretta attuazione e alcuni provvedimenti interpretativi delle voci più innovative.
  • Si avvia un investimento poderoso sulla ricerca e sviluppo, con un aumento della dotazione complessiva per la componente dedicata fino a 13 miliardi di euro solo a valere su NextGenEU e si stimola la creazione di una rete per l’innovazione, in particolare focalizzata sulle nuove tecnologie e a supporto del trasferimento tecnologico.
  • Si opera un contenimento degli impatti sul debito, utilizzando le risorse per una quota di quasi 70 miliardi di euro su progetti già avviati a valere sui grants.

I punti deboli del PNRR

Ciò premesso, il piano presenta alcuni elementi di debolezza che rivestono prioritariamente un peso per quanto riguarda il metodo di lavoro, più che le singole linee di intervento. Nello specifico, si tratta di osservazioni che nascono dalla consapevolezza che il PNRR ha il compito non solo di destinare risorse aggiuntive alle nuove e più vecchie urgenze del Paese, quanto di agire  – attraverso un sapiente mix di risorse e investimenti –  possano agire sull’attratività del nostro sistema economico e industriale per stimolare ed attrarre ulteriori e maggiori investimenti privati.

Per questo, si ritiene vadano indicati come punti da chiarire nel corso dell’esame del documento da parte del Parlamento e in vista della presentazione del Piano alla Commissione:

  • Assenza di un’indicazione chiara sulla governance del Piano. Dopo il lungo confronto sulla necessità o meno di dar vita a una task force o a una cabina di regia, il piano elude questo elemento di conoscenza che avrebbe conferito chiarezza sul processo di approvazione e attuazione del piano stesso. La Governance, infatti, implica chiarire il processo di esecuzione del recovery, i riferimenti politici e tecnici individuati, tempistiche di esecuzione, poteri e ruoli dei decisori e quanto più importante il coordinamento con amministrazioni e enti coinvolti a ogni livello.
  • Mancano le schede progettuali. Il livello di analisi del Piano è ancora molto alto, con molte dichiarazioni di intenti ma privo di quella lista puntuale di progetti richiesta dalle guidelines della Commissione, un Piano che definisca una programmazione con indicazione temporale e quantitativa di obiettivi, strumenti, responsabilità, elementi di stimolo e di freno, monitoraggio e controlli, costi e benefici. Verosimilmente queste schede sono state elaborate, ma non presentate, per attendere la discussione parlamentare e il confronto con le parti sociali, regioni, terzo settore etc.. Tuttavia, così facendo, non si consente una valutazione puntuale delle proposte progettuali, della loro rispondenza rispetto alle richieste della Commissione nonché con le aspettative di realizzare finalmente un intervento riformatore del Paese.
  • Mancano conseguentemente elementi di valutazione di impatto. Il grafico che riporta gli impatti del piano sulla crescita è privo di quegli elementi minimi per poter svolgere realistiche valutazioni di impatto delle politiche pubbliche. A partire dall’assenza di simulazioni previsionali su ipotesi diverse, di indicazioni delle assunzioni di base, del quadro legislativo di riferimento, dei confronti internazionali, controfattuali, etc.. le stime si presentano come “acquisite” ma non verificabili.
  • Indicazione di una lista di progetti senza indicare una scelta di prospettiva. Il tratto che emerge evidente è che il PNRR si avvicini molto a una sommatoria di iniziative da finanziare ma senza che siano collocate nell’ambito di una visione politica e strategica che sappia “personalizzare” le scelte nei diversi settori individuando punti deboli e fattori di competitività.
  • Manca una spinta decisa sul fronte delle riforme strutturali. Il capitolo delle riforme è quello centrale per consentire al PNRR di essere veramente il Piano Marshall del XXI secolo. La Commissione, infatti, richiama l’importanza di indicare un sostenuto pacchetto di riforme che accompagnino gli investimenti, in linea con le Country specific raccomandations che da tempo indicano come prioritari interventi in materia di giustizia, PA, sanità, scuola, mercato del lavoro…

La trasformazione digitale del Paese

In generale, la trasformazione digitale percorre diversi capitoli del PNRR, in una logica di trasversalità. Si tratta di un dato che, come già detto, è centrale per la ripresa del Paese e che consentirebbe di colmare molti dei gap di competitività, in diversi comparti.

Va peraltro ricordato che il settore digitale anche durante la pandemia ha dimostrato di essere motore di sviluppo, a partire dal ruolo di “abilitatore” di nuovi servizi. Nel nostro recente rapporto (novembre 2020) – Il digitale in Italia, abbiamo indicato alcune prospettive per il mercato digitale per il prossimo biennio che vanno a confermare la dinamicità di questo comparto.

Nel primo semestre del 2020, nel pieno della prima ondata pandemica, il mercato digitale italiano ha limitato il calo al 2,9% rispetto al primo semestre del 2019 e per l’intero 2020 il mercato digitale italiano, secondo lo scenario più probabile e grazie al relativo recupero nella seconda metà dell’anno, è atteso chiudere in calo per non più del 2% rispetto all’anno scorso, a 70,5 miliardi di euro.

Si tratta di andamenti che, in una fase recessiva, non possono che confermare la strategicità dell’ICT e la maggior consapevolezza in tutti i settori delle sue potenzialità per resistere e ripartire e che preludono a una buona ripresa del mercato nel prossimo biennio, come rilevano le proiezioni per il 2021 e il 2022.”

Anche prendendo in conto con la massima prudenza gli effetti del Recovery Fund, per il mercato digitale italiano si prevede una crescita complessiva del 3,4%, nel 2021, a circa 73 miliardi di euro, e del 3,3% nel 2022, a più di 75 miliardi, con tutti i comparti tecnologici dell’IT in crescita.

Sempre nel biennio 2021-2022, si prevede una dinamica più forte per la componente business (+5,3% nel 2021 a circa 43,2 miliardi di euro, e +4,6% nel 2022, a più di 45,1 miliardi) che per quella consumer (+ 0,9% nel 2021, a circa 29,7 miliardi, e +1,5% nel 2022 (a circa 30,2 miliardi).

In ambito business, si riproporrà la centralità di Industria (+7,7% nel 2021 e +5,8% nel 2022) Banche (+4,6% nel 2021 e +3,5% nel 2022), Telecomunicazioni e Media (+4%, nel 2021 e +3,5% nel 2022), Distribuzione e Servizi (+5,4% nel 2021 e + 4,4% nel 2022). Crescite simili sono anche attese da Assicurazioni e Finanza, Utility, Traporti e Sanità. E si profila anche la conferma del cambio di passo della Pubblica Amministrazione, sia Centrale (+4,3% nel 2021 e +4,1% nel 2022) che Locale (+3,7% nel 2021 e +4,4% nel 2022).

Le risorse digitali nel PNRR

Sono previsioni incoraggianti, che potrebbero essere ulteriormente sostenute dall’azione di spinta che il Governo imprimerà per effetto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, PNRR. Alla trasformazione digitale, infatti, vengono destinati almeno i 45 miliardi di euro previsti dalla Missione Digitalizzazione, Innovazione, competitività e cultura a valere sul NextGenEU, cui si aggiungono le risorse previste nel capitolo sanità, mobilità e così via. Risorse che, per diventare volano di sviluppo, devono essere correttamente incanalate in adeguati progetti, evitandone la dispersione e soprattutto valorizzando il contributo che il mercato può dare alla costruzione di proposte progettuali che sappiano:

  • sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie,
  • promuovere una effettiva granularità degli interventi per intercettare i fabbisogni in particolare delle PMI,
  • garantire la massima apertura del mercato,
  • sostenere la formazione;
  • completare la realizzazione del Piano banda ultra larga per garantire la connettività del Paese.

Il ruolo di Colao

A tale riguardo, con l’insediamento del nuovo Governo guidato dal Presidente Mario Draghi, è stata confermata una delega specifica all’innovazione tecnologica e alla transizione digitale, affidata al Ministro Vittorio Colao. Tale delega si associa a quella affidata al Ministro Roberto Cingolani alla transizione ecologica, a conferma della centralità di questi due pilastri per la definizione del PNRR. In questo senso, la delega al Ministro Colao costituisce una garanzia della volontà del Governo non solo di dare piena attuazione agli indirizzi espressi in sede europea all’interno dell’agenda digitale europea e al fine di costruire un vero mercato unico digitale, quanto, della volontà di promuovere un efficace e costante coordinamento delle diverse iniziative dell’Esecutivo in questo campo.

Ciò che emerge come necessaria è un’attività di pianificazione, programmazione e coordinamento di obiettivi, azioni e strumenti per la transizione digitale. Un compito che il Ministero potrà svolgere interpretando la visione politica del Governo, guidando e interfacciandosi con i diversi dicasteri in una logica di piena collaborazione delle istituzioni, incluse regioni e enti locali con l’obiettivo di archiviare definitivamente la frammentarietà del processo di digitalizzazione del Paese.

Le priorità:  PA digitale

La PA necessità di investimenti cospicui nella logica di una profonda modernizzazione di processi e competenze che guardino alle tecnologie digitali come l’infrastruttura portante per migliorare le prestazioni rese a cittadini e imprese. Ridurre i tempi, migliorare la qualità e la fruibilità dei servizi, potenziare e riqualificare il personale della PA è fondamentale per consentire al pubblico di giocare un ruolo chiave a supporto dell’inclusione sociale, della crescita delle imprese, della competitività e attrattività del Paese in generale.

Per questo occorre intervenire su alcuni punti chiave quali:

  • Cloud computing. Nel PNRR si fa riferimento al ruolo del cloud per la digitalizzazione del paese, quale abilitatore per lo sviluppo di nuove tecnologie. Per questo riteniamo che la creazione di una visione sul cloud di livello nazionale rappresenti una sfida chiave per il Paese che richiede di dotarsi e utilizzare le migliori tecnologie e soluzioni innovative rese disponibili dal mercato – frutto di investimenti e di una costante attività di ricerca e sviluppo – per rendere efficienti e all’avanguardia le prestazioni delle amministrazioni pubbliche e abilitare la transizione digitale delle imprese, soprattutto le PMI. In questo senso, è necessario garantire la capacità di gestire processi di ecosistema all’interno di soluzioni miste, che dovranno essere abilitate da modelli cloud aperti e paradigmi non proprietari per dare vita a un sistema infrastrutturale ibrido e interconnesso. In definitiva, un “cloud di livello paese aperto e multi-fornitore” che dovrà assumere la forma di un progetto aperto e inclusivo, per dotare il Paese delle necessarie fondamenta digitali per cogliere le opportunità della nuova economia dei dati.
  • Sfruttare il cloud per abilitare l’utilizzo dell’IA, in linea con i principi di etica digitale, con l’obiettivo di rendere non solo più semplice ed efficiente il paese ma anche di favorire l’adozione sistemica dell’AI nella PA e, di conseguenza, nelle aziende e filiere (start-up incluse).
  • Supportare lo sviluppo di data space trasversali ed ecosistemi di business modellati sulle specifiche esigenze del sistema Italia (dalla cultura al Made in Italy), in linea con quanto previsto dal progetto europeo GAIA-X. In questo modo l’Italia potrà rafforzare la sua posizione all’interno del progetto europeo per la realizzazione di un sistema federato sul cloud, assumendo un ruolo chiave sui settori del progetto più rilevanti per il nostro mercato.
  • Sviluppare infrastrutture tecnologiche, secondo un approccio per filiere (missioni) e progetti di ottimizzazione trasversali (snodi infrastrutturali), facilitando, ad esempio, lo sviluppo di specifici snodi infrastrutturali dedicati al coordinamento e alla integrazione di scenari complessi (ad esempio, l’Integrazione tra flussi turistici e viabilità per una nuova mobilità sul territorio, tra domanda e offerta di energia per una migliore ottimizzazione dei consumi, tra attori pubblici e privati per una migliore efficienza delle filiere).
  • Rendere più snella e immediata l’interlocuzione tra amministrazioni ed enti territoriali o centrali a ogni livello di competenza e semplificare i processi di perfezionamento dei procedimenti amministrativi utilizzando le tecnologie digitali, anche attraverso la definizione di un nuovo modello di sussidiarietà tra centro e territori e tra pubblico e privato. Questa esigenza di elaborare un nuovo punto di equilibrio tra i diversi livelli e sistemi del paese non riguarderà solo le infrastrutture HW e SW (data center, applicazioni, dati) ma anche la conoscenza e il modo con cui ne verrà assicurata la gestione lungo le filiere e le catene del valore. Come Confindustria Digitale, abbiamo sviluppato e proposto durante la consultazione sul Libro Bianco dell’AI della Comissione Europea un modello di adozione delle linee guida sull’AI ispirato a questi principi. E ancora, sempre come Confindustria Digitale, abbiamo proposta la realizzazione di un progetto paese contro la disinformazione in rete. Si tratta di idee ed esperienze maturate dalle aziende su cui ragionare insieme al pubblico per realizzare soluzioni cognitive per cittadini ed aziende ispirate ai principi della trasparenza, affidabilità e fiducia.
  • Migliorare le modalità di interlocuzione con cittadini e imprese, dando piena attuazione al piano triennale della PA. Questo riguarda, in particolare, il fisco e la giustizia che gioverebbero e molto da una attenta revisione dei processi così come più volte evidenziato anche dall’Agenzia delle Entrate in recenti audizioni in Parlamento.
  • Competenze PA in chiave digitale. L’esigenza di aggiornare il capitale umano, sia con nuovi ingressi che con un percorso di formazione per il personale attivo è fondamentale per consentire alla PA di utilizzare al meglio le nuove opportunità offerte dalla trasformazione digitale. Sviluppare nuove competenze, come anche il PNRR indica, implica investire (riforme a costo) e ripensare la PA in chiave più moderna, attenta a principi di valorizzazione, rafforzamento delle capacità progettuali, specializzazione e inserimento di nuove competenze.

Tuttavia, nel PNRR non sono indicati i percorsi, le competenze da acquisire, le eventuali modulazioni (quantità, tipologia, qualità) delle nuove competenze in funzione dei livelli, dei ruoli, delle attività svolte. Non viene indicato il target quantitativo del nuovo fabbisogno di personale né sono stabiliti eventuali correttivi ai tetti per le assunzioni, alle modalità di reclutamento del personale pubblico, fatto salvo un generale richiamo a meccanismi premianti.

Né, e questo è elemento di forte preoccupazione, viene chiarito come si intende procedere a rinnovare la PA negli enti periferici rispetto ai nuovi fabbisogni e quali saranno i meccanismi di valutazione, di assessment e così via. Importante, in fine, è garantire la long life education dei lavoratori della PA.

  • Semplificare il Codice dei contratti pubblici (CCP) e potenziale il ruolo del procurement ICT, in linea con le migliori prassi europee. A partire dalle procedure di aggiudicazione, dalla composizione delle commissioni valutatrici, dagli enti appaltanti, fino alla gestione del contenzioso, l’impianto del CCP resta un elemento di forte fragilità nel rapporto tra PA e imprese, di per sé capace di incidere sull’esecuzione effettiva del PNRR. È quindi necessaria: una semplificazione delle norme che recuperi il quadro fortemente semplificato delle Direttive europee (2014), evitando operazioni di gold plating; rafforzare le competenze in materia di ICT delle stazioni appaltanti puntando a una specializzazione del soggetto appaltatore, che sia in grado di interloquire con il mercato;

Politiche attive e nuove competenze, il futuro delle nuove generazioni

Sulla componente politiche attive e nuove competenze, rispetto alla quale il PNRR non introduce significativi elementi di novità rispetto a strategie già discusse, si concentra l’attenzione del sistema produttivo e anche del mondo dell’industria ICT. Da questo punto di vista, sono, per esempio, dichiarati progetti per il potenziamento degli ITS e per la scuola 4.0 oppure iniziative per il rafforzamento delle competenze STEM ma non si intravede un cambio di passo nel metodo di acquisizione delle nuove competenze per una scuola realmente orientata al futuro.

Si tratta, invece, di capitoli chiave su cui concentrare le risorse e intervenire con riforme puntuali, incidendo dai primissimi anni di formazione degli studenti, anche tenuto conto dell’esigenza di attrarre le giovani donne allo studio delle materie STEM e avviarle verso carriere professionali con importanti sbocchi di lavoro, ad esempio nel mercato ICT.

Quanto alle attività di formazione, dopo l’introduzione del Fondo nuovo competenze, le attività di reskilling e upskilling, e non ultima la formazione dei formatori, si confermano come prioritarie per far fronte, in un’ottica long life learning, ad un sempre più progressivo invecchiamento del know how, che investe anche le industrie ICT. Impostare un’attività di formazione per i lavoratori attivi e per quelli che hanno perso il lavoro – mediante il rifinanziamento e la riforma del ssistema delle politiche attive – si conferma un’urgenza ineludibile soprattutto nell’ipotesi in cui, per effetto del termine al blocco dei licenziamenti, si renda necessario reimpiegare lavoratori con qualifiche obsolete.

Trasferimento tecnologico e iniziative per l’innovazione

Se da un lato si conferma il piano Transizione 4.0, il sistema della ricerca e innovazione subisce un nuovo aggiustamento con interventi sul fronte del trasferimento tecnologico con la spinta alla creazione di ulteriori 7 poli di eccellenza. Fermo restando che le forme di partenariato pubblico-privato giovano alla creazione di valore, conoscenza e – conseguentemente – allo sviluppo economico e sociale del Paese, il proliferare di enti e soggetti senza che siano delineate e chiarite modalità di interlocuzione tra essi e l’intero ecosistema dell’innovazione, siano individuati obiettivi e peculiarità degli uni rispetto agli altri, nonché target quantitativi e collocazione all’interno del quadro europeo rende questo assetto confuso, potenzialmente vischioso e rischia di favorire la dispersione di risorse.

Va infatti ricordato che è recente l’istituzione di Eneatech, dei competence center, dei EDIH. Questi soggetti, inoltre, dovrebbero dimostrare di essere in grado di autosostenersi, creando strutture in grado di moltiplicare le risorse e trovare sbocchi occupazionali adeguati

In questo scenario il digitale potrebbe facilitare il tracciamento, l’analisi e la condivisione dei dati tra i diversi attori impegnati nel processo di trasferimento tecnogico, consentendo di valorizzare l’enorme potenziale di supporto che esiste oggi in Italia e creando, nel contempo, le condizioni ottimali per lo sviluppo e la creazione di nuove competenze.

 

La cybersecurity, una priorità per tutto il sistema paese

La cybersecurity è fondamentale in ogni settore della trasformazione digitale e poco contemplato, pur essendo tema ampiamente indicato come prioritario dalla Commissione. A parte il generale utilizzo delle risorse del piano transizione 4.0, quello che sembra non essere adeguatamente indicato è la necessità di prevedere target quantitativi e di riforma, a partire dagli investimenti in personale e in tecnologie dedicate nella PA, per salvaguardare il sistema paese da possibili attacchi cyber.

Questo riguarda tanto il sistema sanitario, quanto quello produttivo e investe anche la capacità di dare supporto alla attività di sicurezza legate alla NIS e alla prossima NIS 2, incidendo su prevenzione, monitoraggio e difesa delle tecnologiche soprattutto a supporto delle PMI.

Moneta e pagamenti elettronici

La spinta verso la digitalizzazione avrà un forte impulso dalla diffusione degli strumenti di pagamento on-line che, oltre ad offrire trasparenza ed utilità amministrativa e contabile, costituiscono una insuperabile occasione di cultura digitale ed innovativa soprattutto per le categorie meno motivate verso le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’uso di opportune misure di stimolo ed incentivazione saranno motivo di maggiore velocità verso un’adozione ampia e consapevole di un

Sanità digitale

Il PNRR destina alla sanità quasi 20 miliardi di euro suddivisi in due ambiti principali:

  • Assistenza di prossimità e telemedicina (7,9 md)
  • Innovazione, ricerca e digitalizzazione dell’assistenza (11,82 md)

Gli interventi previsti per la trasformazione digitale della sanità, nella loro urgenza, richiedono delle azioni che dovrebbero prevedere la stesura di action plan in tempi più ristretti al 2022 più volte indicato − nella loro complessità, richiedono una fasatura temporale tra le diverse azioni che sia rapportata ad una visione d’insieme.

La strategia complessiva derivante dalla visione d’insieme è fondamentale poiché si tratta di attuare un grande progetto di trasformazione digitale.

Nel piano viene esplicitamente citato il FSE, ma solo parzialmente viene indicata la cartella clinica elettronica per la quale andrebbe previsto un intervento specifico (come lo è stato per il FSE) e non da ultimi la medicina a distanza, e le dotazioni tecnologiche di Ospedali, Medici di base e per gli altri presidi sanitari

Su questo tema, Anitec-Assinform ha sviluppato un position paper dedicato.

 

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