Sarebbe ingenuo attribuire a una sola causa la caduta del Governo di Giuseppe Conte. Se c’è però un tratto che mette d’accordo i detrattori, i critici e anche qualche estimatore del passato esecutivo, questo riguarda la percezione che l’avvio del Recovery Plan italiano sia stato gestito in modo dilettantesco e opaco.
È fonte di preoccupazione per molti la consapevolezza che l’Italia riceverà dall’Europa più risorse di ciascun altro Stato membro e che per questo dovrà dimostrare un forte senso di responsabilità nell’utilizzare con efficacia quei fondi indispensabili a traghettare il futuro nazionale verso lidi che garantiscano maggiore sostenibilità, sia sul piano economico sia su quello ecologico. Anche per questo il nostro Paese non potrà permettersi di dissipare le risorse che riceverà né sprecare un’occasione straordinaria di riorientare – seguendo i capisaldi concordati in sede europea – il proprio sviluppo strategico.
Il nodo della governance
La prima sfida per Draghi e la nuova compagine governativa sarà dunque quella di fugare uno a uno i dubbi e le critiche accumulate nel corso degli ultimi mesi attorno al Recovery Plan, a cominciare da quello sulla governance, come evidenziato da Tiziano Treu, presidente del CNEL che, nel corso di un’audizione il 22 febbraio presso le Commissioni congiunte Bilancio e Politiche dell’Unione europea del Senato, ha parlato della “macroscopica carenza di un modello di governance” nella gestione del ”Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Aggiungendo che “un piano straordinario richiede capacità di intervento straordinario. Solo un sistema di governance chiaro è in grado di identificare una altrettanto chiara ‘filiera’ delle responsabilità politiche, amministrative e gestionali del Piano”. Ma quello sul modello di governance è solo uno degli ammonimenti che sono stati rivolti a Conte nelle scorse settimane.
In generale, si è lamentata una scarsissima trasparenza nella preparazione delle bozze di piano con un coinvolgimento limitato, episodico e opaco delle parti sociali. “Data la complessità del Piano e la sua articolazione su una durata temporale di 5-6 anni – ha rilevato Treu – non appare sufficiente ricorrere a interlocuzioni generiche con le parti, come avvenuto finora. È indispensabile pensare a una forma di consultazione strutturata e stabile con le parti sociali, come pure mettere a disposizione dell’opinione pubblica gli stati di avanzamento dei progetti”.
La campagna “Ripartenza a porte aperte”
Anche per questo organizzazioni come Libera, Cittadinanzattiva, The Good Lobby e Transparency International hanno appena lanciato la campagna “Ripartenza a porte aperte”, per chiedere un pieno coinvolgimento della società civile su almeno due fronti:
- la fase di definizione dei contenuti del Piano
- il successivo monitoraggio delle spese e dei risultati raggiunti.
Il presidente Conte si era più volte appellato al principio della partecipazione degli stakeholder nella definizione del PNRR e lo stesso Mario Draghi nel suo discorso programmatico al Senato ha fatto esplicito riferimento alla necessità del dialogo con le forze sociali per affrontare le prossime sfide.
E tuttavia, non resta molto tempo per passare dalle parole ai fatti.
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Irlanda e Portogallo esempio di coinvolgimento dei cittadini
Basta dare uno sguardo al di fuori dei confini nazionali per accorgersi che c’è chi si è messo in azione molto prima (e molto meglio) dell’Italia: questo è il caso dell’Irlanda e del Portogallo, che si sono davvero sforzati di introdurre un percorso di partecipazione come peraltro era stato indicato dalle linee guida sul Next Generation Eu arrivate da Bruxelles. In Irlanda, il governo ha lanciato una consultazione pubblica per accettare proposte dai cittadini che si è tenuta dal 2 al 22 febbraio. In un documento di dieci pagine le istituzioni hanno illustrato in maniera semplice cos’è il Recovery Fund, hanno indicato i capisaldi previsti dall’Unione europea (in primis digitalizzazione e decarbonizzazione) senza tralasciare l’attenzione che Dublino vuole porre in particolare sulle piccole e medie imprese e il loro coinvolgimento nel Piano. Cittadini, associazioni imprenditoriali, organizzazioni della società civile hanno potuto inviare i loro contributi via email rispondendo anche ad alcune semplici domande: quali tra i punti elencati dall’UE dovrebbero avere la priorità negli investimenti e quali invece le priorità tra le proposte provenienti dal governo irlandese.
Anche il governo portoghese ha lanciato il 15 febbraio una consultazione pubblica con scadenza il primo marzo sulla piattaforma di partecipazione nazionale ConsultaLEX. Gli interessati potranno commentare la seconda bozza del Plano de Recuperação e Resiliência (PRR). Le parti sociali erano già state ascoltate per la prima bozza. L’attuale piano contiene 19 aree che integrano 36 riforme e 77 investimenti in politiche sociali, clima e digitalizzazione.
Balza subito agli occhi come la piattaforma utilizzata dal governo portoghese non sia poi molto diversa da ParteciPA, il sito per le consultazioni pubbliche voluto dal governo Conte che è per ora rimasto quasi inutilizzato: da quando è attivo, sul sito è comparso un solo processo partecipativo (ancora in atto), poco pubblicizzato e per nulla legato al Recovery Plan.
I promotori della campagna “Ripartenza a porte aperte” hanno poi fatto notare come sia mancato, negli ultimi mesi, un confronto con tutti gli aderenti al Forum dell’Open Government Partnership, che di per sé sarebbe proprio il luogo di scambio tra società civile e istituzioni sui temi del governo aperto, della trasparenza, della partecipazione e degli open data. La ex ministra della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone non ha convocato il tavolo (al quale siederebbero oltre 100 soggetti della società civile) per più di un anno – l’ultima riunione è del 29 gennaio 2020 – e le emergenze che si sono poi avute, dalla pandemia alla predisposizione del PNRR – dimostrano quanto sarebbe stato invece necessario un confronto franco, costante e inclusivo con i membri del Forum, tra i quali si annoverano forse tra i migliori esperti in Italia in materia di trasparenza e di partecipazione.
Draghi e il suo governo dovranno poi rispondere a un timore che si fa sempre più pressante, quello sulla trasparenza dell’utilizzo delle risorse. Guido Carlino, presidente della Corte dei conti ha di recente ammonito in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario della Corte come “il corretto e attento utilizzo di tali risorse è indispensabile per la duratura ripresa economica del Paese”. Sarà perciò indispensabile mettere in campo strumenti che illustrino con semplicità come i fondi verranno utilizzati e che incentivino, anche attraverso la condivisione dei dati, il monitoraggio civico.
L’esempio francese
In tal senso, l’Italia potrebbe seguire l’esempio francese: Il Ministero delle Finanze e del Rilancio d’Oltralpe ha aperto una sezione del proprio sito dedicato alle misure dettagliate per categoria: giovani, imprese, collettività locali, amministrazioni. Al di sotto delle categorie ci sono video esplicativi su YouTube e registrazioni di dirette Twitter che facilitano la comprensione. Il sito ha inoltre una sezione dove gli aiuti sono divisi per dipartimento e sono facili da consultare grazie ad una serie di mappe interattive che mostrano gli uffici pubblici che saranno ristrutturati per l’efficientamento energetico, o i bonus ecologici che verranno versati. E sempre sullo stesso sito è già possibile seguire i finanziamenti ai progetti divisi per tipologia: ecologia, competitività e coesione.
Che fine ha fatto l’open government
Come fanno notare le organizzazioni dietro alla campagna “Ripartenza a porte aperte” una precedente versione del Piano faceva riferimento a una “Piattaforma di Open government per il controllo pubblico”, proposta stralciata dall’ultimo testo del PNRR finora approvato in Consiglio dei ministri. Basterebbe invece lo 0,001% del budget complessivo del PNRR, pari a circa 2 milioni di euro per il prossimo triennio 2021-2023, per garantire forti gambe alla vigilanza diffusa finanziando progetti per la creazione di report civici sull’utilizzo dei fondi, portali della trasparenza e osservatori di monitoraggio capaci di prevenire e ridurre i rischi di opacità, malamministrazione e corruzione.
In assenza di certezze, la società civile prova a organizzarsi e a supplire: questo è il caso dell’Osservatorio indipendente sul PNRR, lanciato da ActionAid, SlowFood, Cittadinanzattiva, Legambiente e un’altra dozzina di organizzazioni unite con l’obiettivo di creare un’ampia campagna di monitoraggio civico e di ottenere uno strumento pubblico e aperto sul tracciamento dei dati finanziari legati al Piano. Auspicando ancora una volta che le prossime fasi del Recovery siano frutto di un processo partecipato e inclusivo, che persegua la trasparenza e il monitoraggio sull’allocazione dei fondi.