identità digitale

Poggiani: “Vi spiego perché lo Spid deve essere gratis ai cittadini”

L’obiettivo è creare esternalità di cui può beneficiare tutto il settore privato, per via del network effect, e sarebbe inficiato da una fee al cittadino. Gli identity provider hanno altre leve per valorizzare l’investimento, che è ingente, e per questo motivo alla portata solo di aziende con certe caratteristiche

Pubblicato il 10 Feb 2015

Alessandra Poggiani

Human Technopole. Ex DG di Agid

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Il Sistema Pubblico di identità Digitale nasce con per perseguire l’obiettivo fondamentale di aumentare l’utilizzo di servizi online da parte di cittadini e imprese in Italia, attraverso due fattori chiave:

– rendendo l’accesso più facile con una credenziale unica per tutti (o per la maggior parte dei servizi possibili – pubblici e privati)

– sviluppando un maggior senso di fiducia nei cittadini verso le transazioni online – perchè il sistema è certificato dallo stato

Questo obiettivo andrà a sviluppare valore anche e soprattutto nel settore privato, aumentando le tassazioni online, l’uso dei servizi e la disponibilità dei cittadini verso dispositivi innovativi. E’ quindi un obiettivo paese con auspicabili effetti economici anche sugli attori privati. E’ anche un obiettivo che verrebbe seriamente compromesso se ne facessimo ricadere gli oneri sui consumatori.

L’Italia diversamente da altri paesi ha scelto un modello di apertura al privato per quanto riguarda gli identity providers. E’ evidente che l’investimento necessario presuppone una certa solidità del soggetto e un business model che ne possa valorizzare le esternalità – non certo il pagamento di una fee da parte dei cittadini per qualcosa che in altri contesti (es. social network, grandi portali di e-commerce, banking online) ottengono gratuitamente.

I soggetti di mercato che vogliano partecipare al sistema come identity provider hanno molte altre leve per valorizzare il loro investimento: l’aumento di traffico, il reach potenziale, l’upselling o cross-selling di altri servizi.

Uno degli assunti dell’economia digitale è il cosiddetto network effect, ovvero che la creazione di valore dipende dal numero di soggetti che usano lo stesso bene o servizio.

E’ ora che impariamo a giocare su questo campo anche in Italia.

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