Nella confusione post-elettorale in cui è piombato questo Paese, resta un punto fermo. Che chiunque salirà al Governo – presto o tardi – dovrà tenere presente.
L’innovazione digitale è condizione facilitante per risolvere tutti o quasi i mali che affliggono l’Italia. Concordo con quando scritto per la nostra testata da Luciano Floridi, uno dei massimi filosofi in grado di raccontare il nostro tempo.
Noi abbiamo provato a ribadire in tanti gusti questo messaggio, che riguarda il valore politico dell’innovazione digitale, nei numerosi articoli pubblicati nelle scorse settimane. A cura di alcuni dei massimi esperti dei diversi ambiti del digitale.
Consideriamo l’opera complessiva, che li aggrega idealmente (per gli iscritti alla nostra newsletter del sabato), come un (speriamo) utile riassunto sulle cose da fare perché l’Italia, superando i ritardi digitali che la paralizzano, possa diventare un Paese migliore dove vivere e lavorare.
La speranza è che i nuovi politici e ministri che verranno siano in grado di superare la tentazione del breve periodo. Quella che finora, in Italia più che in altri Paesi Ocse, li ha spinti ad affrontare i grandi problemi sentiti dai cittadini con misure di breve periodo. Quelle spesso definite “populiste”.
Ma senza così mettere le basi per un reale cambiamento, di lungo periodo. Basi che ormai passano da una reale innovazione profonda intrisa di digitale, in tutti i settori. Anche Renzi – ricordiamo – è caduto in questa tentazione e per i primi due anni di Governo ha fatto pochissimo di digitale. Tante cose utili (come Industry 4.0) sono arrivate solo tra il 2016 e (soprattutto) il 2017.
Ma dietro questo approccio c’è un errore antico. Di incomprensione della realtà contemporanea, proprio. Quello di considerare il digitale come un settore a sé, invece che una cifra che si applica ormai a tutto (come abbiamo scritto di recente).
Ecco perché proprio nel momento massimo di incertezza post elettorale bisogna insistere sulle lacune digitali che questo Paese ha – ossia lacune, ribadiamo, negli strumenti più importanti che abbiamo per risalire la china.
Come risulta dagli articoli dagli esperti, ci sono sul tavolo due dossier:
- Il primo riguarda tutte le innovazioni utili avviate con relativo successo dal Governo Renzi-Gentiloni. E che ora dobbiamo portare a compimento. Il piano banda ultra larga, la Scuola digitale, Industry 4.0, la dematerializzazione-fattura elettronica.
- Il secondo sono gli abbozzi, su cui bisogna fare distinguo. Ci sono cose che dobbiamo (è utile, necessario) cominciare ad attuare. Altre che possiamo pure lasciare inattuate perché bisogna ammetterne il flop. Qui tocca ripartire da zero.
In questo secondo dossier ci sono diversi temi della Cittadinanza digitale (vedi il Cad), la riforma degli acquisti pubblici (Codice appalti), della giustizia digitale. La cybersecurity nazionale (forse il tema più trascurato tra quelli più urgenti). Potremmo mettere in questa categoria anche la Sanità, anche se fa un po’ eccezione: le riforme avanzano solo in certe regioni, in assenza di un coordinamento centrale. Credo che in ciascuno di questi macro temi ci siano sotto-temi da attuare e altri da lasciare perdere.
Vedremo i dettagli nei prossimi mesi. Intanto resta la sensazione mi ricorda la famosa frase di Confusio.
Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione, quindi, è eccellente.
Sì, c’è caos. La stasi che ne può derivare può essere paralisi fatale per i diversi progetti di innovazione citati prima. Oppure ne possono nascere fiori di cambiamento, che rottamino (stavolta sul serio) la vecchia politica fatta di indugi analogici, a tutela dei tradizionali rapporti di potere. Di cui il digitale, con la trasparenza che porta con sé, è naturale scardinatore.
Qualche speranza nel cielo volteggia, è possibile scorgerla. La attendiamo apprensivi e fiduciosi scrutando l’orizzonte.