Nessuno si aspettava che la transizione digitale in Italia sarebbe stata facile da ideare, finanziare e implementare, ma nel momento in cui si avvia un processo decisionale complesso e multidisciplinare come questo fermarsi all’efficientamento della burocrazia non è solo un’occasione persa è una vera e propria violazione degli obblighi internazionali della Repubblica italiana.
Raccolta firme referendum, Scorza: “Il no del garante è una difesa dei diritti di tutti”
Da qualche anno il Professor Luciano Floridi parla di OnLife, un neologismo che si riferisce all’esperienza in cui “non si distingue più tra online o offline” e dove “non è più [neanche] ragionevole chiedersi se si è online o offline”. Nell’Online Manifesto da lui coordinato nel 2015 si premette che “siamo probabilmente l’ultima generazione a sperimentare una chiara differenza tra offline e online […] le dicotomie scontate come quelle fra reale e digitale o umano e macchina non sono più sostenibili in maniera nitida”.
I referendum online dell’associazione Luca Coscioni
Nell’estate del 2021, per la prima volta nella storia della Repubblica italiana, e unico caso al mondo, l’Associazione Luca Coscioni ha raccolto oltre 1 milione di firme online a sostegno di referendum su eutanasia e cannabis. La sottoscrizione dei quesiti era stata resa possibile dall’anticipo dell’entrata in vigore di una norma adottata dal Governo nel 2020 per rispondere a una serie di osservazioni del Comitato Onu sui diritti umani e dalla possibilità di poter utilizzare un service provider privato, già autorizzato per altri tipi di firme digitali e registrato con AGID, per consentire l’esercizio di un diritto politico grazie a lo SPID e altre modalità meno conosciute.
L’anticipo dell’entrata in vigore ad agosto 2021 delle norme adottate l’anno prima in conseguenza della decisione del Comitati diritti umani dell’Onu nel caso Staderini/De Lucia vs Italy, dava seguito a un accordo informale raggiunto dall’Associazione Luca Coscioni con il ministro Vittorio Colao per cui, in assenza di una piattaforma pubblica, i promotori del referendum si sarebbero adoperati per trovarne una con caratteristiche simili.
Lo SPID ha consentito di raccogliere 500.000 firme in 6 giorni in calce al referendum sulla cannabis. Una partecipazione straordinaria che in un mese ha fatto raccogliere oltre un milione di firme per entrambi i quesiti per i due referendum. L’inizio dell’autunno è stato invece caratterizzato dallo scetticismo di costituzionalisti e intellettuali.
Per scrivere un referendum occorrono conoscenze specifiche relative alle norme che si vogliono eliminare e competenze tecniche per un ritaglio che non sia manipolativo di leggi la cui abrogabilità è consentita dalla Costituzione. Altrettante competenze e conoscenze devono essere poi attivate per presentare alla Consulta delle memorie a sostegno dei quesiti.
Ferragni sicuramente saprebbe mettere in campo tutto ciò, ma cliccare non sarebbe che una minima parte necessaria ma non sufficiente per l’impresa perché, ove mai Chiara Ferragni, che ricordiamolo è una influencer con decine di milioni di follower sui social (non necessariamente con diritto di voto in Italia) decidesse di presentare in Cassazione proposte di referendum per lanciare una raccolta firme, una volta raggiunte le 500.000 sottoscrizioni necessarie dovrebbe accoppiarle con altrettanti certificati di iscrizione nelle liste elettorali di chi ha firmato per depositare il tutto alla Suprema Corte. La Cassazione controllerebbe la documentazione e se tutto fosse in ordine il quesito dovrebbe poi passare il vaglio della Corte Costituzionale. Benvenuti nella SPID Democracy che svilisce la militanza politica!
Colao e lo stallo burocratico della piattaforma referendum
In più occasioni pubbliche da parte del Ministro Colao era stato assicurato che, come la legge prescrive (art 343 legge 30/12/2020 N 178), da gennaio 2022 sarebbe stata pronta una piattaforma gratuita che avrebbe interpellato direttamente una banca dati nazionale con l’iscrizione nelle liste elettorali di chi firma rendendo l’intero processo immediato.
A marzo il Ministero della Giustizia ha annunciato che la piattaforma sarebbe stata pronta nel secondo semestre del 2022, a giugno il Ministro Colao ha chiarito che non sarà prevista la autenticazione delle firme.
Tra le due risposte, l’Autorità garante per la privacy ha avanzato una serie di rilievi che hanno complicato il processo segnalando, tra le altre, che “giova ricordare, che i dati dei sottoscrittori di una proposta di referendum o di un progetto di legge rientrano nell’ambito delle particolari categorie di dati per i quali il Regolamento europeo prevede rigorose tutele a garanzia della loro riservatezza. Essi rivelano infatti, oltre al dato sulla partecipazione alla consultazione referendaria, le opinioni o la posizione politica del sottoscrittore”.
Non meraviglia l’approccio conservatore dei Ministeri di ’Interno e Giustizia (entrambi coinvolti nella decisione finale), sorprende il protagonismo di un’autorità indipendente ma delude che il manager Vittorio Colao, che sta cercando di portare nel Terzo Millennio la burocrazia post-borbonica della Repubblica italiana e che ha già messo in operazione altre piattaforme, non operi per confermare le parole dell’estate scorsa.
Quanto lasciato agli atti parlamentari da Colao all’inizio di luglio non è in linea con l’art 344 legge 30/12/2020 N 178 che chiarisce che la piattaforma è da ritenersi un sistema di autentica delle firme; il fatto che uno strumento innovativo copra solo una parte delle azioni necessarie per presentare un referendum o una legge d’iniziativa popolare cozza col buon senso prima ancora che con la legge.
Non siamo di fronte a una Decentralized autonomous organization ma a un rimbalzare di competenze, riserve, profili di presunta violazione di direttive europee che sta portando indietro l’orologio a stagioni politiche italiane in cui le promesse non venivano mantenute e in cui il valzer delle dimissioni di responsabilità finiva nel momento in cui si scioglievano le Camere. Ci siamo quasi…
La transizione digitale non può essere solo l’efficientamento della burocrazia. Se Colao non manterrà gli impegni perché la tecnologia sia al servizio della democrazia e cederà ai veti di partiti e dell’apparato dello Stato non lascerà un ricordo governativo di cui essere fiero in futuro. Ci ripensi.