In Italia sarà possibile raccogliere per via telematica le firme per promuovere referendum e leggi di iniziativa popolare.
La novità è stata introdotta dalla legge di bilancio 2021, la quale ha disposto che “a decorrere dal 1° gennaio 2022 le firme e i dati di cui al secondo comma dell’articolo 8 della legge 25 maggio 1970, n. 352 possono essere raccolti, tramite la piattaforma di cui al comma 1, in forma digitale ovvero tramite strumentazione elettronica con le modalità previste dall’articolo 20, comma 1-bis, del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.”
L’importanza riforma per la democrazia diretta in Legge di Bilancio
Si tratta di un’importante riforma delle procedure relative agli strumenti di democrazia diretta, un primo passo verso la restituzione di un diritto costituzionale dei cittadini da anni inutilizzabile a causa di quelli che il Comitato diritti umani dell’Onu ha ritenuto, nel caso Staderini/DeLucia vs Italy, “irragionevoli restrizioni” al diritto di partecipare alla vita politica del Paese.
Una riforma che garantisce appieno la partecipazione democratica anche delle persone con disabilità, cui finalmente sarà possibile, oltre che firmare online, essere protagonisti delle campagne referendarie nelle piazze virtuali.
Sino ad oggi, infatti, l’unica modalità consentita di raccolta firme era quella su moduli cartacei preventivamente vidimati dal Comune e da effettuarsi alla presenza di un pubblico ufficiale che svolga la funzione di autentica.
I cittadini, invece, a partire dal 2022 potranno sottoscrivere telematicamente le proposte di referendum costituzionali e abrogativi nonchè le leggi di iniziativa popolare, in due modi: a) attraverso la piattaforma che la legge stessa impone alla Presidenza del Consiglio di implementare e far entrare in funzione entro il 31 dicembre 2021; b) tramite le modalità previste dall’articolo 20, comma 1-bis, del Codice dell’amministrazione digitale.
Viene meno, quindi, per le sole firme raccolte online l’obbligo di autenticazione tramite pubblico ufficiale.
Come raccogliere firme in digitale per referendum
Se le modalità previste dal CAD sono sicuramente identificabili almeno nella firma elettronica qualificata e nella firma digitale, quest’ultima anche mediante servizio reso con SPID, per la piattaforma che la Presidenza del Consiglio dovrà realizzare restano aperti alcuni aspetti che ne definiranno le modalità implementative.
Fermo restando la possibilità di dotare la piattaforma di funzionalità più ampie, che favoriscano diversi processi di partecipazione, non c’è dubbio che la funzionalità indispensabilmente richiesta dalla legge sia quella di permettere a tutti i cittadini italiani di firmare digitalmente referendum e leggi di iniziativa popolare.
Ciò significa, quindi, che pur dovendo mantenere caratteristiche di sicurezza e di identificazione, il loro livello non dovrebbe essere tale da compromettere la possibilità per tutti di poter usare la piattaforma a fini di sottoscrizione.
Le due alternative tecnologiche
Sotto il profilo tecnologico, due sono le strade percorribili.
La prima è utilizzare la stessa piattaforma già collaudata da anni dalla Commissione europea per le iniziative popolari dei cittadini europei (ICE), lo strumento formale di democrazia diretta previsto dai Trattati con cui i cittadini dell’UE possono rivolgersi alle istituzioni per proporre atti legislativi. Si tratta di una piattaforma web based che adotta il sistema OCS ed è integrata eiDAS con tutti i sistemi di autenticazione e identificazione certificati in Italia dal Ministero Interno. La piattaforma è in Java e opensource sul portale joiup della EC
Questa scelta avrebbe il pregio di essere di accesso universale, non avere costi particolari, essere integrata in una rete europea e consentire immediatamente la raccolta delle sottoscrizioni.
Una seconda strada è quella di utilizzare una piattaforma come Decidim, già utilizzata dal Comune di Barcellona e in futuro dal Comune di Milano sia per forme partecipative che per raccogliere firme su iniziative di democrazia diretta. Una piattaforma, peraltro, che già è utilizzata dal Governo italiano ai fini della partecipazione dei cittadini: si tratta di Partecipa.Pa, integrata con SPID. Anche in questo caso i costi sarebbero molto bassi e si potrebbero valorizzare anche altre forme di partecipazione, ad esempio integrandola con la app IO.
Immaginare invece di dover creare una piattaforma ex novo sembra incompatibile sia con le esigenze di celerità che di finanza pubblica.
Gli auspici per la realizzazione
Tra le diverse soluzioni, appare in ogni caso necessario che la piattaforma governativa non si limiti esclusivamente a chi è in possesso di SPID (15 milioni di italiani, ovvero meno del 30% degli elettori) ma assuma caratteristiche di universalità, gratuità e facilità. Dall’altra parte, l’alto numero di firme richiesto (50 mila per le leggi di iniziativa popolare e 500 mila per i referendum) unitamente ai dati prescritti (tra cui residenza attuale, estremi del documento di identità e numero di iscrizione alle liste elettorali) rende difficile immaginare condotte fraudolenti di così vasta scala che rendano necessari livelli di accertamento dell’identità estremamente complessi.
La firma di referendum tramite SPID e firma digitale qualificata, del resto, è già prevista come valida dalla norma approvata in legge di bilancio: in pratica, a prescindere dalla piattaforma pubblica del governo, i promotori potranno comunque raccogliere autonomamente le firme seguendo le modalità previste dal CAD, dovendo semmai sostenere i costi che legittimamente i privati potranno richiedere per firmare digitalmente mediante SPID.
Che succede ora
Si può dire quindi che è già partita la sfida al Governo: se non riuscirà a realizzare in tempo la piattaforma pubblica, i promotori dovranno rivolgersi necessariamente ai soggetti privati per firmare ai sensi del CAD, potendo a pieno titolo chiedere al Governo il risarcimento dei costi che dovranno sostenere a causa della mancanza della piattaforma pubblica.
Resta invece tutta da realizzare una riforma complessiva della legge 352 del 1970 per rimuovere gli ostacoli alla raccolta firme cartacea, come ci chiede la stessa ONU. Si pensi in particolare all’obbligo di raccogliere le firme in presenza di un pubblico ufficiale che le autentichi, senza che venga garantita effettiva disponibilità di autenticatori. Come ha dimostrato in questi mesi la denuncia del comitato promotore Politici Per Caso, questo fatto rende alla radice impossibile l’esercizio della raccolta firme.
Dobbiamo infine registrare, accanto alla positiva novità della norma, che è mancato al Parlamento il necessario senso dell’urgenza di intervenire su una situazione intorno alla quale vige un obbligo internazionale. Fissando al 2022 il riconoscimento della validità delle firme digitali su referendum e iniziative popolari, dovremo considerare ancora per un anno violati i diritti politici e costituzionali dei cittadini, come hanno ormai acclarato le Nazioni Unite.