Nuovo cad

Riforma PA digitale: speriamo non sia il decreto definitivo

In rete circola quella che dovrebbe essere la versione dello schema di decreto sul Cad discussa nel consiglio dei ministri del 20 gennaio. Nell’attesa di un’auspicata modifica migliorativa, con l’approvazione del testo finale, vediamo i (pochi) pregi e i (tanti) limiti della riforma

Pubblicato il 25 Gen 2016

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In rete circola quella che dovrebbe essere la versione dello schema di decreto sul Cad discussa nel consiglio dei ministri del 20 gennaio, e che è stata oggetto di un esame preliminare.

Non sappiamo se si avvicina davvero al testo definitivo, ma probabilmente ha diversi elementi di somiglianza, per cui può essere utile evidenziare i punti che sembrano più critici, perché si possa intervenire prima della versione finale.

In generale, si vedono alcuni segnali positivi come (tra gli altri)

  • la volontà di recepire la normativa europea (con errori e ambiguità già evidenziati sempre su agendadigitale.eu, come quello della definizione stessa di documento informatico, tutta italiana e in contrasto con eIDAS);
  • la semplificazione su diversi punti del Cad, più adeguati ad una regolamentazione tecnica;
  • l’enfasi ai temi dell’identità digitale e del domicilio digitale, che dovrebbe finalmente avviarsi alla realizzazione;
  • il maggior peso attribuito ad Agid sul fronte del coordinamento, dei pareri e delle sanzioni.

Accanto a questi, emergono alcune criticità che lasciano perplessi e su cui sarebbe bene intervenire. Tra le principali:

  • non tutte le indicazioni della legge delega 124 di riforma della PA sono state rispettate. Ad esempio, non c’è nulla sulle performance (l’indicazione era di “definire i criteri di digitalizzazione del processo di misurazione e valutazione della performance per permettere un coordinamento a livello nazionale”), quasi nulla sull’alfabetizzazione digitale, sulla collaborazione tra le amministrazioni, sulla partecipazione dei cittadini ai processi decisionali.
  • non c’è praticamente nulla che tramuti in fatti concreti la previsione della “realizzazione di un’amministrazione digitale e aperta”. Non certo l’identificazione come “difensore civico digitale” dello stesso dirigente responsabile della “transizione digitale”;
  • l’obbligo di predisporre un piano e un sistema per la continuità operativa è abrogato. Questo non era stato richiesto nella delega e, anzi, poiché questo era stato uno degli obblighi più disattesi sia nella forma che nella sostanza, rappresentava uno degli emblemi della cultura dell’inadempienza. La scelta della cancellazione dell’obbligo su un tema molto importante e critico, invece che la sua riconfigurazione per una maggiore efficacia, è un segnale molto negativo;
  • vengono eliminati alcuni obblighi di informazione per il riuso delle applicazioni delle amministrazioni, e non ci sono azioni per potenziare collaborazione, co-progettazione e riuso;
  • vengono eliminati (art.14 del Cad) dei commi che puntualizzavano, ad esempio, la responsabilità delle regioni sulla digitalizzazione nel territorio;
  • la semplificazione della governance sui temi del digitale (che oggi prevede una cabina di regia, un Tavolo permanente e una Conferenza permanente) in realtà la azzera, poiché rimane solo la Conferenza Permanente per l’Innovazione Tecnologica, ridefinita come un gruppo di 4 esperti nominati senza alcuna indicazione. Nessuna apertura, mi sembra, per un dialogo sistematico con le rappresentanze dei settori economici e sociali sui temi del digitale (un forum, una consulta multistakeholder), nessun organismo di coordinamento istituzionale che metta insieme ministeri e amministrazioni territoriali (che era la logica della cabina di regia), a parte il comitato di indirizzo di Agid, che però non ha un ruolo politico;
  • la rivisitazione delle politiche sulle comunità intelligenti (mai decollate nonostante delle previsioni normative anche troppo dettagliate) lascia due oggetti (statuto della cittadinanza intelligente e piattaforma delle comunità intelligenti), cancellando tutte le norme che davano significato alla loro presenza. Si cancella una visione strategica (che aveva delle criticità indubbie), ma senza sostituirla con un’altra.

Certamente, e spero, non è il testo definitivo.

Ma se fosse il testo su cui si sta lavorando, il suggerimento è che si intervenga rapidamente per superare errori, scelte che non sembrano del tutto motivate, omissioni rispetto ad una legge delega che puntava in alto, ambiziosa. Questo testo sembra invece rinunciare ad una volontà di innovazione profonda e strategica, limitandosi soprattutto ad un riordino normativo, evitando di affrontare i temi più critici.

Se la situazione fosse questa, ancora di più sarebbe incomprensibile la scelta di non utilizzare l’intelligenza e la disponibilità di esperti e associazioni che si sono offerti per consultazioni e pareri. Un processo chiuso non è mai un buon viatico per una vera innovazione. Ma c’è ancora il tempo per cambiare.

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