Una nuova società pubblica prenderà in carico la piattaforma PagoPa, il punto di accesso unico della pubblica amministrazione e la Piattaforma Digitale Nazionale dei Dati, accorpando le attività che prima erano suddivise tra Presidenza del Consiglio dei Ministri, Team Digitale ed Agid.
Spicca questa tra le novità in tema di trasformazione digitale previste dal decreto-legge Semplificazioni approvato in Consiglio dei Ministri: l’entrata in campo un nuovo soggetto pubblico nel panorama digitale. Ma non è la sola. Novità previste anche per la Pec, mentre per ora vengono meno le disposizioni per dare valore giuridico alla blockchain (previste in una versione preliminare del decreto).
Cerchiamo di analizzare l’impatto di queste novità dirompenti sul panorama del digitale pubblico italiano a partire dal prossimo anno.
PagoPa, punto unico di accesso e Piattaforma Digitale Nazionale dei Dati
Spicca il venir meno della competenza di Agid sulla piattaforma PagoPA, quella utilizzata per i pagamenti elettronici in favore delle pubbliche amministrazioni, che viene trasferita alla Presidenza del Consiglio che si avvale del Commissario Straordinario, ossia del capo del cosiddetto Team digitale.
Viene anche prevista – come richiesto dall’ex commissario Piacentini al Governo – la costituzione di una società ad intera partecipazione pubblica, a cui sono trasferiti i fondi oggi assegnati ad Agid (pari a 11,5 milioni di euro nel 2017-2019 per l’accordo Sia-Agid), per la gestione delle piattaforma. Piacentini prevedeva una struttura con 30 persone, in grado di auto sostenersi finanziariamente a regime, ed è questa al momento l’ipotesi più accreditata, anche se si rimanda a un ulteriore decreto per le modalità operative.
Tra i compiti anche assicurare la diffusione dei sistemi di pagamento elettronico, lo sviluppo e l’implementazione del punto di accesso telematico che dovrebbe svolgere il ruolo di unico portale di accesso della pubblica amministrazione; e la realizzazione della Piattaforma Digitale Nazionale dei Dati, già di “competenza” del Team Digitale, che dovrebbe realizzare il punto informativo unico del patrimonio “digitale” della pubblica amministrazione.
In pratica, con questa norma assistiamo all’accorpamento in unica società delle attività che prima erano suddivise tra Presidenza del Consiglio dei Ministri, Team Digitale ed Agid. Soprattutto relativamente a PagoPA, ossia al sistema che si pone come “connettore” dei fornitori di servizi di pagamento e la pubblica amministrazione, è opportuno evidenziare che in realtà ad oggi tale sistema è funzionante e vede già accreditati numerosi attori dei cui servizi i cittadini si possono avvalere per effettuare i pagamenti alla PA.
Non è così, ovviamente, per il punto di accesso unico e per la Piattaforma Nazionale Digitale dei Dati, che già nelle norme attuali erano di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri e che ora rientreranno nella nuova società pubblica.
Entra quindi in campo nuovo soggetto nel panorama digitale italiano, ossia la società pubblica che secondo la formulazione dell’art. 7 del decreto legge semplificazioni sembrerebbe avere un ruolo prettamente tecnico e di sviluppo delle soluzioni informatiche. Questa scelta potrebbe in effetti dare uno slancio all’attuazione delle ulteriori due piattaforme che già erano state introdotte nelle ultime modifiche del Codice dell’Amministrazione Digitale, ma che, fino ad oggi, non avevano trovato piena attuazione. Complice forse la mancanza di una struttura ben definita dipendente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e con capacità economiche autonome, che potesse realizzare quanto previsto.
Uno scontro politico?
Secondo i commenti di molti addetti ai lavori in queste ore, l’avvio della nuova società è interpretabile come conseguenza di un braccio di ferro politico tra M5S e Lega per la gestione dell’Agenda digitale; e l’Agid – che sotto il ministro Bongiorno è in quota Lega – ha vissuto il decreto come un fulmine a ciel sereno.
Ciononostante, ieri al convegno dell’osservatorio Polimi sull’Agenda Digitale il commissario Luca Attias ha sottolineato l’importanza di collaborare con Agid; a conferma che – almeno tra le persone che direttamente si occupano di Agenda – è forte la consapevolezza che non ci si possa permettere uno stallo dei lavori a causa di contrasti di competenze. E che senza la collaborazione tra le parti interessate sarà impossibile completare la digitalizzazione della PA.
Il futuro della Pec
Il quinto comma dell’art. 7 modifica invece il comma 7 dell’art. 65 del d.l.vo n. 217/2017, ossia, per intenderci, quello che ha apportato le ultime modifiche al CAD.
Questa disposizione stabiliva l’abrogazione a decorrere dal primo gennaio 2019 dell’art. 48 del CAD, ed aveva creato qualche dubbio interpretativo, in realtà non così reale, circa la permanenza della posta elettronica certificata (pec) dopo tale data.
Il decreto interviene affidando alla Presidenza del Consiglio dei Ministri il compito di emanare un apposito decreto per “garantire la conformità dei servizi di posta elettronica certificata” al Regolamento (UE) n. 910/2014, cd. eIDAS, disponendo quindi l’abrogazione dell’art. 48 solo a decorrete dall’entrata in vigore di detto futuro DPCM, per la cui emanazione è prevista l’acquisizione dei pareri di Agid e del Garante per la protezione dei dati personali.
Niente disposizioni per la blockchain
Infine, nelle precedenti versioni del decreto-legge in commento si ricorderà che era presente una apposita disposizione per la disciplina delle “Tecnologie dei registri distribuiti” ossia delle Distributed Ledger Technology, tra cui la blockchain.
Nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri non è più presente alcuna norma di disciplina di tale tecnologia (salva la possibilità di recupero in fase di conversione in legge da parte del Parlamento). D’altra parte, l’inserimento di una norma definitoria all’interno di un testo che trova la sua giustificazione giuridica nei requisiti Costituzionali di necessità ed urgenza avrebbe potuto essere oggetto di critiche proprio in merito alla reale sussistenza dei suddetti requisiti.
Inoltre, non dimentichiamo che nelle intenzioni del Ministero dello Sviluppo Economico, che ha avviato un’apposita Call per esperti al fine della costituzione di un tavolo di studio, un framework normativo in materia avrebbe dovuto essere prodotto entro il mese di marzo 2019, e, probabilmente, inserire adesso una norma definitoria potrebbe portare a risultati controproducenti, ovviamente non voluti, rispetto alla creazione di una più ampia regolamentazione sulla scia di quanto già hanno fatto, e stanno facendo, altri Paesi europei.