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Sanità digitale: in Italia si farà solo con un nuovo approccio ai dati

La decisione del Governo di eliminare il consenso all’attivazione e all’alimentazione del Fascicolo Sanitario Elettronico è stata un fallimento. Strumenti come il Fasciolo sanitario elettronico o la cartella clinica digitale e la telemedicina potranno decollare solo se si restituirà ai cittadini il controllo sui loro dati

Pubblicato il 15 Giu 2022

Enforcement del Garante privacy in sanità negli ultimi anni: spunti di riflessione

Fascicolo Sanitario Elettronico, Cartella Clinica digitale, Telemedicina: gli strumenti protagonisti della rivoluzione digitale in sanità non hanno ancora prodotto i risultati attesi. Ma qual è il vero motivo?

Nulla, a mio parere, potrà cambiare se non restituendo ai cittadini il diritto pieno di gestire i propri dati garantendone la portabilità, evolvendo verso un concetto di consenso decentralizzato.

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Fascicolo Sanitario Elettronico: dati di utilizzo imbarazzanti

A riprova di ciò basta consultare i dati sull’utilizzo del Fascicolo Sanitario sul sito del Ministero per scoprire che nel 1° trimestre 2022 l’accesso dei cittadini ai propri FSE nei quali sia stato reso disponibile almeno un nuovo documento negli ultimi 90 giorni è a dir poco imbarazzante:

  • 372 cittadini ripartiti su sole 11 Regioni su 21 su 58.93 milioni di residenti.
  • Calabria – 65 cittadini
  • Lazio 47 cittadini
  • Puglia 18 cittadini
  • Campania 1 cittadino
  • Liguria 23 cittadini
  • Sicilia 13 cittadini
  • Umbria 4 cittadini
  • Emilia-Romagna 96 cittadini
  • Lombardia 61 cittadini
  • Toscana 26 cittadini
  • Valle d’Aosta 18 cittadini

La centralizzazione del consenso: una scelta fallimentare?

Non è un caso se l’art. 11 del DL 19.05.2020 n. 34 ha eliminato il consenso all’attivazione e all’alimentazione del Fascicolo Sanitario Elettronico e se la circolare a firma congiunta MEF e Salute aveva già fornito indicazioni puntuali per l’alimentazione del FSE di tutti gli assistiti a partire dal 1° marzo 2021, con l’auspicio di accelerare l’attivazione e l’utilizzo da parte di tutti gli assistiti.

In buona sostanza, a partire dal 19 maggio del 2021 tutti gli eventi di assistenza sanitaria ricevuti dai cittadini sia nell’ambito del SSN che al di fuori degli stessi alimentano il FSE in maniera automatica, a prescindere dal consenso dei singoli, per norma di legge. Restano fuori dal FSE i documenti relativi alle prestazioni sanitarie accessibili in anonimato da parte del cittadino.

Il nuovo modello ministeriale, dunque, ha scommesso sulla centralizzazione del consenso in capo alle istituzioni, privando il cittadino della facoltà di scelta per accrescere l’utilizzo del FSE da parte dei cittadini. Intanto va registrata l’immediata (e in parte scontata) presa di posizione del Garante per la Privacy con il parere del 5 ottobre 2020. Di cosa si è preoccupato il Garante?

  • Di ribadire che il consenso automatico e centralizzato riguardasse esclusivamente l’alimentazione del FSE e non fosse estensibile in maniera automatica alla consultazione, dei dati da parte dei terzi (gli operatori sanitari);
  • di garantire il diritto dell’interessato ad opporsi alla alimentazione automatica del fascicolo per le prestazioni antecedenti il 19 maggio 2020.

Ebbene, a distanza di un anno i dati che abbiamo appena rappresentato certificano il fallimento della scelta di centralizzazione del consenso.

Lo Spazio europeo dei dati sanitari

Tra poco proveremo a dare una spiegazione del fenomeno e una risposta ragionata, ma non prima di aver rappresentato che il 3 maggio del 2022 la Commissione Europea – Direzione generale della Salute e della sicurezza alimentare – ha pubblicato la scheda informativa sullo Spazio Europeo dei dati Sanitari (EHDS) che declina in ambito sanitario la Strategia Europea per i dati ed il regolamento sulla governance europea dei dati (Data Governance Act) che mira a promuovere la disponibilità dei dati da utilizzare, aumentando la fiducia negli intermediari dei dati, e rafforzando i meccanismi di condivisione dei dati in tutta l’UE mediante 4 linee di intervento:

  1. mettere a disposizione i dati del settore pubblico per il riutilizzo
  2. condivisione dei dati tra imprese, contro qualsiasi forma di remunerazione
  3. consentire l’utilizzo dei dati personali con l’aiuto di un “intermediario per la condivisione dei dati personali” progettato per aiutare le persone ad esercitare i propri diritti sui dati
  4. consentire l’uso dei dati per motivi altruistici

La distanza di approccio e visione tra la Ue e Italia

Appare dunque evidente la distanza di approccio e di visione tra la Commissione Europea e l’Italia in materia di approccio ai dati. Ma tale divario diventa ancora più profondo se ci spostiamo dai dati generici ai dati sanitari, oggetto della scheda informativa sull’EHDS. L’assunto è straordinariamente semplice: finalmente si prende atto (almeno a livello Europeo) della imprescindibilità del dato dalla programmazione e dall’approccio dei percorsi di cura e di ricerca in sanità. E si afferma (finalmente) che questo approccio è vincente per tutti gli stakeholders (win-win):

  • garantisce un accesso semplificato ai dati sanitari personali ai cittadini, con un approccio che assicura che i dati seguono le persone ovunque le stesse si muovano, non restando prigionieri nei repository locali;
  • favorisce una rapida crescita per il mercato di prodotti e servizi di sanità digitale per le aziende
  • genera regole chiare e semplici per l’uso dei dati sanitari individuali ed anonimizzati per la ricerca, l’innovazione le attività di programmazione e regolazione sanitaria delle istituzioni pubbliche

L’approccio dello European Health Data Space è un approccio moderno e coraggioso che sposta finalmente il baricentro del controllo e del governo dei dati dalle istituzioni ai cittadini, creando i presupposti per un approccio inclusivo sull’uso dei dati sanitari per finalità utili alla collettività.

Che benefici hanno i cittadini da dati sanitari non condivisibili?

Ma torniamo ai motivi del mancato utilizzo del Fascicolo Sanitario in Italia. La domanda cui bisogna dare risposta è per chi crea valore questo approccio ai dati? Che benefici hanno i cittadini dal poter consultare i propri dati bloccati su un repository di una azienda sanitaria ed esposti su una piattaforma nazionale se questi dati non sono facilmente esportabili, condivisibili?

Se gli operatori sanitari (ed i terzi in generale) hanno bisogno di un consenso rafforzato (in molti casi ancora tramite apposizione di una firma autografa su un modulo cartaceo) per accedere ai dati sanitari dei pazienti quale è il valore che si crea e per chi? Dove sono i vantaggi di avere banche dati di dati clinici e diagnostici se non possono essere utilizzati o condivisi per la ricerca scientifica e di terapie innovative?

Un cambio di approccio per fare la sanità digitale

Ecco che emerge forte la necessità di un cambio di approccio con riferimento al tipo di utilizzo dei dati sanitari. In altre parole è necessario evolvere verso un concetto di consenso decentralizzato, restituendo ai cittadini il diritto pieno di gestire i propri dati garantendone la portabilità.

Ora si inizia ad intravedere all’orizzonte un modello di sanità futuribile, nel quale ogni cittadino possa alimentare in totale autonomia un set ampio a discrezione di dati personali, stili di vita e sanitari cui possa accedere ai propri dati ovunque si trovi, decidere in totale autonomia verso chi, a quali condizioni e per quali specifiche finalità e per quanto tempo condividere tutti o parte dei suoi dati.

Il grande vantaggio di questo approccio consiste in una completa rimodulazione della catena del valore generato dai dati capace di garantire e contemperare per ciascuno degli stakeholder che popolano l’ecosistema vantaggi personali e collettivi.

Utopia? Opportunità?

Termino la prima parte di questo articolo lasciando al lettore il tempo di rimuginare sui tanti spunti emersi, ma con una promessa ed una certezza: le tecnologie per realizzare l’approccio oggi solo accennato esistono.

Ne parleremo.

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