La sanità è la più grande industria del mondo. Più dell’automotive, dell’elettronica di consumo e della logistica. Il valore complessivo e i costi della sanità sono tre volte più grandi del settore bancario. Eppure sui media e negli spazi di approfondimento è un fiorire di esperti di spread, intermediazioni finanziarie, titoli di stato, ecc. Pochi si preoccupano di dibattere sul nostro sistema sanitario e su come migliorarlo per rendere compatibile la qualità delle cure con i relativi costi. E così in soli tre anni l’Italia è scivolata dal 15° al 21° posto tra i 34 paesi censiti dall’Euro Health Consumer Index 2012. Nel frattempo gli sprechi aumentano, molte risorse rimangono vincolate, l’inefficienza cresce e l’intero Paese è rallentato. Una buona sanità è fondamentale non solo per la nostra salute, ma anche per la nostra economia. È con questo spirito che bisogna parlare del futuro della sanità italiana e di quanto — se lo volessimo veramente — potrebbe essere diverso dall’attuale scenario caratterizzato da sprechi e malaffare.
Per parlare con cognizione di causa del futuro della sanità bisogna parlare di tecnologie digitali. Tutti gli addetti ai lavori concordano nel considerare tali tecnologie un ingrediente irrinunciabile di ogni ricetta di miglioramento del nostro sistema sanitario. Il digitale porta trasparenza, permette di efficientare i processi, riduce gli errori e consente di aumentare il controllo sulle prestazioni erogate e la loro appropriatezza. I dati degli Osservatori del Politecnico di Milano parlano chiaro: se realizzassimo a pieno il potenziale delle tecnologie digitali, si potrebbero erogare servizi sanitari di qualità in modo economicamente sostenibile. Se si investisse seriamente in tecnologie digitali ogni cittadino potrebbe risparmiare 130 euro l’anno ed evitare di perdere tempo per prenotare le prestazioni mediche o ritirare i relativi referti. Altri 115 euro procapite potrebbero essere risparmiati dalle aziende sanitarie, che potrebbero evitare di stampare referti e cartelle cliniche, curare i pazienti direttamente a casa e razionalizzare le proprie spese. Si tratta di 7,6 miliardi di euro che non uscirebbero dalle tasche degli italiani e 6,8 che rimarrebbero nelle casse del Sistema sanitario. In totale circa 15 miliardi di euro di risparmi a fronte di investimenti di un ordine di grandezza inferiori.
Per ottenere tutti questi benefici è bene lavorare in modo costruttivo a partire dalla situazione attuale. Sostanzialmente la principale sfida di chi oggi si occupa di digitale in sanità riguarda l’integrazione di risorse e dati. Perché propria questa necessità? Per rispondere bisogna fare un bilancio delle politiche di regionalizzazione e aziendalizzazione operate dalla sanità italiana negli scorsi decenni. Non è un bilancio positivo: il nostro paese ha un sistema sanitario estremamente frammentato e inefficace, con grandissime differenze nella gestione di dati amministrativi e clinici, un’infruttuosa proliferazione di applicativi incapaci di parlare tra di loro, nessuna condivisione di buone pratiche e pochissime sinergie realmente sfruttate. In questo scenario una maggiore integrazione non è un’opzione ma una scelta obbligata e le tecnologie digitali stanno dimostrando di essere la leva più efficace — se non l’unica — su cui lavorare per ottenere risultati in questo senso. Il Decreto Balduzzi e la sezione dedicata alla sanità del Decreto Passera l’hanno sottolineato con decisione — focalizzando l’attenzione sulla necessità di digitalizzare cartelle cliniche e fascicoli sanitari scambiati all’intero e fra aziende ospedaliere. Sarebbe buona cosa dire anche come fare, e non solo che sia necessario farlo, ma che il passato Governo abbia puntato in quella direzione è già qualcosa. Speriamo che l’attuale consiglio dei Ministri continui su questa via.
E poi? Cosa ci aspetta una volta raggiunti ottimi livelli di integrazione, trasparenza ed efficienza? Bisogna capire che questi sono solo i primi passi di un lungo percorso di innovazione digitale che è auspicabile subisca un’accelerazione nel prossimo futuro. Certamente il focus cambierà e gli attori si interesseranno maggiormente a come estrarre valore da tutte le risorse digitalizzate. Quello che è certo è che l’Information and Communication Technology (ICT) ha ancora molto da offrire al nostro sistema sanitario — sia in termini di miglioramento della qualità della cura che in termini di abbattimento dei relativi costi. Proviamo ad alzare lo sguardo e pensiamo ai prossimi 10 anni. Come cambierà la sanità digitale da qui al 2023? Tre ambiti di innovazione digitale aiutano a capire meglio quanto ci aspetta.
Per prima cosa si diffonderanno soluzioni a supporto della presa di decisioni in ambito clinico-sanitario. Tali soluzioni navigheranno intelligentemente le moli di dati digitali presenti all’interno e all’esterno delle aziende ospedaliere alla ricerca di correlazioni da suggerire a medici e infermieri. È importante ricordare che quest’ultimi manterranno la propria discrezionalità, ma avranno a disposizione strumenti per orientarsi più agevolmente in un mondo di archivi clinici che raddoppia ogni 5 anni. Le diagnosi saranno più veloci e accurate, non solo perché il personale sanitario potrà rapidamente testare l’efficacia delle sue intuizioni su un consistente storico di dati, ma anche perché i software diventeranno progressivamente più intelligenti e saranno in grado di interpretare dati non strutturati (la maggior parte dei dati sanitari), fare scenari sempre più precisi, testare ipotesi e suggerire in tempo reale percorsi di cura ritagliati sullo specifico paziente e ottimizzati con riferimento alle risorse a disposizione.
Un secondo ambito di innovazione digitale riguarda il mobile health. Secondo un recente rapporto di McKinsey il 20% del valore che le tecnologie mobili genereranno nel 2025 sarà prodotto in ambito sanitario. Al di la dei numeri specifici, la pervasività di smartphones/tablet e la diffusione della connettività consentiranno di curare diversamente — senza che ci sia la continua necessità da parte dei pazienti di recarsi per ogni tipo di diagnosi in una struttura ospedaliera e/o presso un medico di medicina generale. Del resto solo in un caso su cinque è necessario che un medico visti fisicamente un paziente. Per il resto molto si potrà fare a distanza e contestualmente all’esigenza del paziente. Realizzando questo scenario, le tecnologie mobili rappresenteranno il volano grazie al quale finalmente sarà realizzata la più volte annunciata deospedalizzazione del nostro modello sanitario. Si andrà in ospedale molto meno e solo per esigenze vere. La gente sarà curata in modo più flessibile, in mobilità e con enormi benefici di natura economica e sanitaria per la collettività. È sufficiente pensare che, con uno device mobile sempre con sé, molto potrà essere fatto in termini di prevenzione, benessere e correzione di alcuni comportamenti errati.
C’è infine da prendere in considerazione la diffusione di social network in ambito sanitario. Dopo buoni livelli di integrazione tra risorse e dati, molta attenzione sarà posta sull’integrazione di pazienti e personale sanitario. Non si tratta solo di supporto reciproco a livello sociale, psicologico o assistenziale ma anche nuovi modi più efficaci ed economici di curare le persone e fare ricerca medica. Chi storce il naso, pensando a tutti i problemi legati a privacy e sicurezza, consideri PatientsLikeMe: un social network fondato nel 2004 che oggi — non nel 2023 — consente a oltre 180.000 pazienti di tutto il mondo di condividere volontariamente dati sul proprio stato di salute, sui farmaci e le decisioni prese durante un percorso di cura. Confrontandosi virtualmente con diverse persone affette dalla stessa patologia, tali pazienti sviluppano comunità di interesse virtuali, si supportano l’un l’altro, sono maggiormente coinvolti nel trattamento delle proprie malattie e sono interessati a mettere a disposizione della ricerca scientifica moltissimi dati per accelerare la scoperta di soluzioni ai loro problemi. I risultati diventeranno presto più efficaci dei costosissimi trial clinici in condizioni controllate che hanno storicamente rappresentato il modo di fare ricerca e di validare percorsi di cura in sanità.
Diagnosi più precise e in minori tempi grazie a un’efficace interazione tra medici, infermieri e software. Un modello sanitario più flessibile, vicino ai cittadini e basato su un utilizzo estensivo delle tecnologie mobili. Community di pazienti coinvolti nel mantenimento del proprio benessere e in grado di collaborare pro-attivamente con il personale sanitario nella definizione dei propri percorsi di cura. In poche parole: una sanità più precisa, flessibile e collaborativa. Queste sono solo alcune delle innovazioni che le tecnologie digitali potrebbero portare una volta integrati risorse e dati sanitari. Ed è solo uno squarcio di un quadro che si fa sempre più interessante man mano che viene scoperto. Si pensi alla scalabilità e all’efficienza offerte dalle soluzioni di cloud computing, all’estensione della capacità diagnostica non invasiva promessa dalle soluzioni digitali di scansione e visualizzazione medica e ai benefici che la realtà aumentata potrebbe portare solo in ambito chirurgico. Quanto si riesce a traguardare è solo la punta di un iceberg le cui potenzialità sono ancora tutte da esplorare.
E non è finita qui. Quella digitale è la prima di una serie di ondate tecnologiche che influenzeranno enormemente la sanità nei prossimi anni. Stiamo assistendo a una progressiva convergenza tra ICT e almeno altre quattro tecnologie dallo stesso potenziale dirompente:
· Stampa 3D: centrale nella creazione a distanza di organi per trapianti e cure;
· Robotica sanitaria: che sta già rivoluzionando il modo di operare e cambierà il concetto di disabilità;
· Device biomedicali: che diventeranno sempre più miniaturizzati e integrabili tra di loro;
· Genomica: che permetterà di anticipare il verificarsi di alcune malattie e di fornire cure personalizzate.
La sanità sta per essere investita da una “tempesta perfetta” che cambierà in modo radicale non solo il modo con il quale i servizi sanitari saranno erogati ma anche il modo in cui il sistema sanitario si strutturerà per erogarli. Si profilano enormi cambiamenti all’orizzonte. Possiamo subirli o governarli — imparando a collaborare con e grazie alla tecnologia. Il digitale è il primo banco di prova che abbiamo a disposizione per imparare come usare efficacemente la tecnologia al servizio della sanità. È bene ricordarlo a chiunque si preoccupi del presente ma soprattutto del futuro della sanità e dell’economia italiana.