Quando nel 2013 mi fu chiesto da questa stessa testata di dare qualche indicazione al governo che si insediava allora, dissi che l’Agenda Digitale sarebbe diventata veramente operativa quando “non ne avremmo parlato più”, perché il digitale sarebbe stato una leva integrata in ogni nuova azione e scelta politica, economica e sociale.
Oggi possiamo dire che il nostro Paese ha fatto sicuramente dei passi avanti importanti, assumendo come dato di fatto la necessità di attivare una strategia di lungo termine legata alla crescita del Paese nel quadro di un mondo digitalizzato.
Sulla scia del Piano Triennale sono stati attivati molti progetti che, su diverse direttrici, costituiscono una buona base di partenza su cui è assolutamente necessario continuare a lavorare. Su alcuni aspetti e settori chiave del nostro paese, come l’industria 4.0, sono state investite risorse importanti – con l’obiettivo di accelerare un percorso di innovazione non rimandabile, pena la perdita di rilevanza sui mercati. Si è scelto di lavorare sul “sistema operativo del Paese” per migliorare l’erogazione di servizi al cittadino e iniziando a razionalizzare sistemi tecnologici e piattaforme. Si sono prodotti risultati, ma non si è ancora completata la svolta che fa della tecnologia un elemento integrato indissolubilmente nel Paese: non abbiamo ancora raggiunto la necessaria accelerazione e sistematicità.
Il ritardo dell’Italia nel contesto europeo
Se guardiamo ai dati recentemente diffusi per il DESI – Digital Economy & Society Index, vediamo che siamo ancora ancorati al terzultimo posto sui 28 paesi dell’Unione Europea. Ci sono delle “fughe in avanti” su alcuni aspetti – la diffusione delle reti NGA, la disponibilità (ma non l’uso) di servizi di eGovernment, l’adozione di open data, ad esempio – ma non si registrano miglioramenti sostanziali, e non per il primo anno, soprattutto negli indicatori più interconnessi con la vita sociale ed economica e proprio là dove è più vivo il nostro tessuto imprenditoriale. Continuiamo ad avere un livello di utilizzo dei principali servizi internet inferiore alla media, solo poco più del 7% delle PMI fa e-commerce, siamo gli ultimi utilizzatori dei servizi di eGovernment che pure abbiamo; il tasto più dolente in assoluto resta il tema delle competenze digitali, che ormai sono competenze di cittadinanza.
Un’occasione senza precedenti
In una congiuntura economica che oggi si presenta leggermente più favorevole, con un’economia che sta dando segnali di crescita – ma che affronta ancora problemi strutturali quali l’elevato tasso di disoccupazione e la produttività stagnante – il nuovo governo ha davanti a sé una occasione senza precedenti.
Abbiamo l’occasione di accelerare in un momento in cui è critico proseguire alla massima velocità. Il nuovo esecutivo può raccogliere il testimone del precedente, può fare propri i risultati prodotti finora dal Piano Triennale, dal lavoro del Team per la Trasformazione Digitale, dalle normative che incentivano l’investimento in tecnologie e innovazione – per portarli avanti in coerenza con la visione che ha del futuro del nostro Paese.
Alcune difficoltà di fondo
Il lavoro fatto negli ultimi anni ha portato in superficie alcune difficoltà di fondo. C’è un disallineamento tra la gestione del cambiamento interno alle pubbliche amministrazioni e la velocità con cui le tecnologie cambiano e si affermano; ci sono silo informativi e organizzativi da superare. Il nuovo governo ha la possibilità di prendere queste difficoltà di petto, affrontandole con un approccio che superi logiche consolidate. Non solo.
Oggi rispetto anche a pochi anni fa abbiamo a disposizione una tecnologia semplice, sicura, aperta, programmabile – ovvero flessibile e capace di ridurre la sua stessa complessità, che ci mette in mano strumenti potenti. Continuando nel percorso di innovazione e creazione di servizi digitali per i cittadini e di trasformazione dei processi amministrativi con l’obiettivo di creare efficienze, trasparenza, risparmi, il nuovo governo potrà trovare e mobilitare le risorse necessarie ad un intervento radicale, “industrializzato”, incisivo sulle competenze.
Un intervento incisivo sulle competenze
Un governo che si propone come vicino alle reali esigenze delle persone, dei cittadini, ha l’occasione senza precedenti di fare in modo di dare a tutti i suoi cittadini ciò che serve oggi nella “società della conoscenza”: la conoscenza, appunto. Una conoscenza fatta di competenze da sviluppare individualmente a partire dalla scuola, ma anche di competenze da applicare in un contesto lavorativo in cui il digitale è rivoluzionario – in ottica di riqualificazione professionale, di nuovi lavori – ed infine anche di competenze cosiddette di e-leadership, che esprimono la capacità di comprendere e attivare il potenziale della tecnologia possedute da di chi ha potere decisionale e di indirizzo, a tutti i livelli, dalla piccola impresa all’ente pubblico locale o centrale.
Una svolta basata sulla conoscenza
Un governo che consenta all’Italia di fare una svolta decisa basata sulla conoscenza darà al nostro Paese una ricchezza che non si disperderà del tempo: darà all’Italia uno strumento senza il quale, anche adottando le misure più efficaci e necessarie per creare le condizioni favorevoli all’innovazione, non si andrebbe mai lontano. Con le competenze possiamo trasformare l’Italia in un paese dove fare impresa innovativa sia naturale, un paese dove le aziende possano crescere, un paese in cui le nostre eccellenze di ricerca e sviluppo abbiano spazio per brillare, un paese in cui i cittadini abbiano voglia di investire e restare. Non resta che mettersi al lavoro.
Agendadigitale.eu sta chiedendo ai massimi esponenti del mondo della politica, industria e accademia un parere sul e per il digitale nel nuovo governo. Questo non è un articolo sponsorizzato