Prima della presentazione del progetto Libra da parte di Facebook si respirava un forte scetticismo intorno al tema criptovalute.
Negli ultimi mesi, al contrario, assistiamo a un radicale cambio di percezione del fenomeno, dal momento che sono le stesse banche centrali dei Paesi a prendere in seria considerazione la possibilità di dotarsi di una propria valuta virtuale.
La prima ad esordire dovrebbe essere la stablecoin della PBoC (la banca statale cinese).
Il progetto della Cina, come vedremo, è quello di favorire la circolazione e, soprattutto, l’internazionalizzazione della propria moneta corrente.
Il significato di questa aspirazione è di facile comprensione: cela l’obbiettivo di minare l’egemonia del dollaro sui mercati internazionali e, perché no, arrivare anche a sostituirlo.
Libra, per la criptomoneta Facebook servono più garanzie
Negli ultimi due mesi abbiamo assistito ad uno strano fenomeno nel mondo delle criptovalute, la presentazione di Libra di Facebook, metodo di pagamento definito anche stablecoin, differente dalle criptovalute già in circolazione, come Bitcoin o Ethereum, è stata accolta con grande clamore e ha suscitato un forte interesse da parte degli addetti ai lavori, ed ha anche acuito la curiosità delle masse, futuri utilizzatori finali, questo almeno nella fase iniziale.
In seguito, l’annuncio di un imminente lancio della criptovaluta targata Zuckerberg, previsto per i primi mesi del 2020, ha scatenato un vero e proprio terremoto.
Autorità politiche ed esperti legati al mondo cyber-finanziario, hanno sollevato diversi dubbi e posto interrogativi rilevanti, in merito ad alcune zone d’ombra che potrebbero celare criticità nell’utilizzo di questo metodo di pagamento.
Soprattutto si è posto l’accento sul fatto che il social network colosso del web, con miliardi di utenti, possa coniare una propria moneta virtuale senza che ci sia trasparenza e una regolamentazione adeguata.
Alla fine della fiera, il progetto non partirà fin quando Libra Association non darà risposte e garanzie chiare oltre che convincenti.
Tuttavia, la multinazionale californiana, seppur dilatando i tempi, rinviando il lancio e cercando nel frattempo aperture tra i vari governi ed enti watchdog, procede a passo svelto con lo sviluppo del suo progetto, ponendo come obbiettivo il 2020.
Criptomonete, una corsa contro il tempo
L’annuncio di fine giugno circa il varo imminente di Libra, stava per mettere fretta a Pechino che, per non lasciare tutta la scena e tutta la gloria a Zuckerberg, era pronta ad alzare il velo sul proprio progetto di valuta virtuale.
Nelle ultime settimane però, si registra un dietro front da parte del governo cinese in merito alla questione valuta digitale. Voci di corridoio imputano tale frenata al rimpasto in atto nel governo cinese, anche se i più maliziosi potrebbero pensare che tutto sia dovuto alle perplessità, o per meglio dire delle difficoltà riscontrate sul progetto Libra.
Se Libra non parte, la Cina ha un margine di tempo più ampio per raffinare la metodologia della sua valuta digitale.
Proprio il lancio di quest’ ultima, nonostante le problematiche relative alle regolamentazioni nei vari Stati, ha certamente acceso i riflettori e spinto tutti i paesi a voler progredire a livello tecnologico per quanto riguarda i pagamenti digitali.
Si tratta di una corsa contro il tempo, a cui molti Stati hanno interesse a partecipare, la Cina pur essendo un paese all’avanguardia non è l’unico ad aver mosso passi in tale direzione, infatti, anche Regno Unito, Venezuela, Corea del Nord e Svezia hanno iniziato a volgere lo sguardo su progetti che riguardano pagamenti digitali ed un’apertura si registra anche dalla BCE che non ha affatto chiuso la porta.
Libra, da minaccia a opportunità
Sia che l’operazione vada in porto o meno, abbiamo comunque avuto la dimostrazione, se mai fosse stato necessario, circa le abilità dei banchieri centrali, i quali sono riusciti, in breve tempo, a tramutare la “minaccia” Libra in un’opportunità, che potrebbe segnare un passaggio epocale, di dimensioni inestimabili.
Stiamo parlando della sostituzione del contante con una moneta digitale emessa, a differenza di tutte quelle in circolazione, da una banca centrale.
Una Libra sponsorizzata dallo Stato, insomma una rivoluzione su scala mondiale.
La prima criptovaluta di Stato sarà Made in China?
“Una criptovaluta nazionale della Banca Centrale della Cina ( People’s Bank of China) starebbe per arrivare sul mercato”
È quello che ha dichiarato Mu Changchun, Vicedirettore del Dipartimento per i pagamenti della medesima banca centrale, durante il Forum di China Finance tenutosi nel mese di luglio.
Il numero due della People’s Bank of China ha poi proseguito affermando che le ricerche relative al progetto di una valuta digitale propria vanno avanti già dal 2014, quindi già da un quinquennio.
La CBDC cinese assomiglierà a Libra
La valuta digitale cinese, che in senso stretto non sarebbe una criptovaluta in tutto e per tutto, poggerebbe le sue basi su un “sistema operativo a doppio livello”, ciò sta a significare che l’emissione spetterebbe alla stessa Banca Centrale, ma una volta effettuato questo passaggio, quello successivo, vale a dire la distribuzione al pubblico, verrebbe affidata alle banche commerciali o ad altre agenzie governative.
In sintesi, un’architettura simile a quella di Libra, emessa dall’Associazione Calibra, ma scambiabile solo attraverso piattaforme di terze parti.
Adottando questo metodo non cambieranno né il debito in valuta né il volume della moneta in circolazione, in quanto gli istituti commerciali i quali vorranno aderire al progetto, saranno chiamati a versare alla banca centrale una riserva in valuta corrente, pari all’importo equivalente che verrà loro stornato in valuta digitale.
Possiamo affermare che la finalità sia di natura prettamente tecnica, ossia si voglia sostituire la massa monetaria, banconote e monete metalliche, con la valuta digitale della banca centrale al fine di migliorare l’efficienza dei pagamenti.
Mu Changchun, ha poi rilasciato qualche informazione sul possibile funzionamento della CBDC (Central Bank Digital Currency) made in China, asserendo che la valuta virtuale cinese sarà supportata attraverso le principali piattaforme di e-payment del paese, ossia WeChat ad Alipay, sulle quali ad oggi si effettua il 90% delle transazioni del paese.
Inoltre ha specificato che i token potranno essere utilizzati anche in assenza di connessione Internet, così da garantire la disponibilità dell’utilizzo dei pagamenti digitali anche in caso di down della rete.
Ulteriori indiscrezioni sono giunte nel corso dell’ ultimo mese, grazie al report sul tema, pubblicato da Binance Research, il quale racconta che la nuova moneta crittografica emessa dalla People’s Bank of China, la banca centrale cinese, sarà utilizzabile pur non essendo titolari di conto bancario, esattamente come succede per qualunque altra criptovaluta.
Questo aspetto potrebbe, di primo acchito, sembrare di poco conto, in realtà non lo è, di fatto è fondamentale, perché in caso contrario, avrebbe snaturato una delle caratteristiche centrali delle valute virtuali, vale a dire quella di permettere agli utenti di diventare loro stessi la propria banca.
Privacy e riciclaggio
L’aspetto più interessante, però, del rapporto diffuso da Binance Research, riguarda come abbiamo visto gli obiettivi che il governo cinese si è prefissato di raggiungere per mezzo dell’emissione di questo nuovo strumento.
Ancora Mu Changchun, numero due della banca centrale cinese, ha dichiarato che:
“Il motivo per cui abbiamo deciso di dare vita a una CBDC è che ci stiamo preoccupando di proteggere la nostra sovranità monetaria e lo stato legale della valuta. La nostra valuta digitale nazionale mirerà a offrire disposizioni per pagamenti anonimi, prevenendo al contempo il riciclaggio di denaro”
A parere di chi scrive questa dichiarazione potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio, in quanto se si conoscono, anche per grandi linee, le politiche sulla protezione dei dati poste in essere dal governo cinese, risulta pressoché difficile credere che nell’emettere una propria CBDC, questo possa davvero preoccuparsi di proteggere a pieno la privacy degli utenti.
Inoltre, è da tenere in considerazione un’altro aspetto, ossia che tale criptovaluta si prefigge il compito di prevenire il riciclaggio di denaro, tale aspirazione dimostra e chiarisce come il governo si sia evidentemente garantito la possibilità di risalire alla persona fisica che sta dietro a un determinato portafoglio e, in questo modo, ogni possibilità di reale privacy delle transazioni viene minata sul nascere.
L’ennesimo punto su cui porre attenzione risiede nel fatto che se, come dichiarato, la nuova CBDC assomiglierà a Libra, questo potrebbe comportare che si tratterà di una moneta tutt’altro che decentralizzata, in cui la presenza di nodi validatori definiti dall’alto, metterà nelle mani di un numero ristretto di persone i dati finanziari dei cittadini cinesi.
Un quadro del genere appare poco rassicurante sotto l’aspetto della privacy, soprattutto se immaginiamo che dietro un determinato progetto ci siano delle aziende, come nel caso di Libra, ma diventa ancora meno rassicurante se alle spalle c’è uno stato, che in questo caso non fa della protezione dei dati una sua prerogativa.
La smentita della People’s Bank of China (PBoC)
L’annuncio della possibile emissione della criptovaluta cinese, paradossalmente, non ha suscitato lo stesso interesse che ha accompagnato Libra.
Questo è un fatto abbastanza singolare, se si pensa a quanto possa influire l’emissione di una criptovaluta controllata da una banca centrale a confronto di quella emessa da privati.
Ad ogni modo, proprio nelle ultime settimane, la Banca centrale cinese è intervenuta in maniera decisa al fine di spegnere le voci, sempre più incontrollabili che circolavano in merito all’ipotetico lancio della sua valuta digitale, affermando che la Cina non ha ancora definito una data precisa affinché questo avvenga e contraddicendo le precedenti dichiarazioni di fine agosto, che addirittura segnalavano l’11 novembre prossimo, come data utile per l’ufficializzazione della criptovaluta made in China.
La Banca Popolare Cinese, a quanto sembrerebbe, necessita di più tempo per affinare la tecnologia della propria valuta digitale, e ha negato con decisione che il debutto del suo nuovo asset finanziario sia imminente.
Il lancio era inizialmente ipotizzato prima dell’11 novembre, giornata in cui si manifesta il festival dell’e-commerce cinese.
La People’s Bank of China ha improvvisamente negato ogni progresso tecnologico senza delineare in modo chiaro una tempistica o alcun termine di scadenza entro il quale la valuta digitale avrebbe fatto il suo ingresso nel mercato delle criptovalute.
La PBoC ha fatto sapere che verranno rilasciati comunicati ufficiali in futuro, senza tuttavia annunciare alcuna scadenza, in merito all’argomento.
Restando in attesa di prossimi sviluppi, non ci si può esimere dall’asserire che la nascita delle valute digitali emanate da banche centrali, e quindi avallate dagli stati, quando accadrà, sarà l’ulteriore tassello di un puzzle iniziato con la nascita di criptovalute come bitcoin, nate all’apparenza per sostituire o aggirare l’azione degli istituti bancari.
Ad oggi si ha la percezione che la nascita delle criptovalute, invece di indebolire gli istituti bancari e limitarne le capacità, nel prossimo futuro ne favorirà ed anzi ne amplierà l’azione ed il potere finanziario.