Lo switch-off dei servizi pubblici è ancora un miraggio per la maggior parte dei Comuni italiani impegnati nello sviluppo della cittadinanza digitale. Nonostante non rappresenti necessariamente una tappa obbligata del processo di digitalizzazione, viene visto dalle amministrazioni più innovative come esito inevitabile in futuro: se non per tutti, perlomeno per diversi servizi erogati dalla PA. Questo è il panorama fotografato dall’Osservatorio Agenda digitale della School of Management del Polimi.
Italia retrocessa nell’indice DESI
Chi ancora pensa non sia un problema può leggere l’ultima edizione del Digital Economy and Society Index (DESI), fatto sulla base dei dati raccolti nel 2019. Rispetto ai 28 Paesi europei analizzati, l’Italia si posiziona 25esima, perdendo due posizioni rispetto all’anno precedente e registrando la peggior performance rispetto a quando è stato istituito questo indicatore.
Infatti, sebbene l’Italia abbia migliorato il proprio posizionamento rispetto alla connettività (+2 rispetto al 2019) e al livello di digitalizzazione del sistema industriale (+1) perde una posizione nei macro-indicatori relativi al livello di digitalizzazione della PA e di utilizzo di internet da parte della cittadinanza e ben due posizioni nell’indicatore relativo al livello di competenze digitali del Paese, posizionandosi all’ultimo posto in Europa.
Tralasciando qui un’analisi puntuale delle motivazioni che hanno portato a questi risultati, vorrei concentrarmi sull’indicatore relativo alla digitalizzazione dei servizi pubblici (eGovernment), che a sua volta si compone di 5 sotto-indicatori:
- Utenti eGovernment: 28esima posizione
- Form pre-compilati: 20esima posizione
- Completezza dei servizi online: 12esima posizione
- Servizi pubblici digitali per le imprese: 6a posizione
- Open data: 8a posizione
Dal posizionamento dell’Italia su questi sotto-indicatori, emerge in prima istanza una forte differenza tra gli indicatori relativi alla disponibilità dei servizi digitali messi a disposizione della PA (“completezza dei servizi online” e “servizi pubblici digitali per le imprese”) e l’utilizzo di questi servizi (utenti di eGovernment).
Domanda e offerta di Egov: la forbice
Quale il motivo di questo divario? Parte della risposta potrebbe arrivare da un’analisi di come sono stati valorizzati questi indicatori. In particolare, il sotto-indicatore “Utenti eGovernment” è calcolato grazie a dati statisticamente rappresentativi forniti da EUROSTAT a sua volta alimentato dagli istituti statistici nazionali, ISTAT ad esempio per quanto riguarda l’Italia. Gli altri due sotto-indicatori (“completezza” e “servizi pubblici”) sono stati invece valorizzati attraverso i dati dell’eGovernment Benchmark europeo prodotti attraverso la tecnica del Mystery Shopping.
In poche parole, per ogni Paese sono selezionati due esperti (Mystery Shopper) a cui viene chiesto di simulare il comportamento di un utente (cittadino o impresa) che deve interagire con la Pubblica Amministrazione per soddisfare specifiche necessità, ad esempio aprire una nuova attività imprenditoriale o ricercare un nuovo lavoro.
Durante la sua “esperienza” il Mystery shopper, seguendo un rigido protocollo, dà una valutazione a tutti quegli aspetti e rileva tutti quei parametri che saranno poi utili a creare gli indicatori sintetici di “completezza dei servizi online” e “servizio pubblici digitali per le imprese”.
Appare quindi evidente che, se la gestione di questi servizi non è centralizzata a livello nazionale, questa tecnica non permette di valutare la diffusione dei servizi di eGovernment ma solo se questi esistano da qualche parte. L’eventuale valutazione della bontà di questi servizi sarà inoltre limitata agli specifici servizi oggetto di analisi. Ecco quindi che la presunta discordanza si risolve al punto che l’indicatore “Utenti eGovernment” diventa più significativo degli altri due per valutare la diffusione dei servizi di eGovernment.
Servizi digitali per obbligo normativo
In un precedente articolo, avevamo già accennato a un’indagine condotta nel 2019 nell’ambito dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano su un campione di 806 enti locali condotta per capire il livello di digitalizzazione di 11 servizi al cittadino e 7 alle imprese[1].
Da quest’indagine è emerso che, nei Comuni italiani oggetto dell’indagine, solo circa il 14% dei servizi ai cittadini e alle imprese è erogato tramite procedure svolte interamente online. D’altra parte, ben il 39% dei servizi è ancora accessibile solo su base interamente analogica e richiede all’utenza di recarsi agli sportelli e/o ai punti fisici di contatto per il ritiro, la compilazione e la riconsegna della modulistica cartacea.
I dati rilevano i risultati migliori per i servizi soggetti a digitalizzazione per obbligo normativo quali la segnalazione di inizio attività allo Sportello Unico delle Attività Produttive (72%), spesso digitalizzato insieme allo Sportello Unico per l’Edilizia (50%). Tra i servizi ai cittadini più digitalizzati, quelli legati ai servizi scolastici, indirizzati a un target di utenza più giovane e generalmente con maggior propensione all’utilizzo del digitale. In generale e a conferma di quanto emerso già in passato, emerge la difficoltà soprattutto dei Comuni più piccoli a digitalizzare l’erogazione dei servizi (Figura 1).
Figura 1 – Digitalizzazione dei servizi per dimensioni del Comune. Le possibilità dell’utenza in relazione all’elenco di servizi proposto
Da analogico a digitale: mappa dello switch-off
Categorizzata come ultimo stadio della digitalizzazione, l’Osservatorio ha inoltre voluto approfondire la diffusione dell’erogazione dei servizi in modalità esclusivamente digitale. Questa scelta delle Amministrazioni è ormai comunemente indicata come “switch-off”, ossia “spegnimento” del canale analogico a favore del canale digitale. Lo switch-off, dunque, non è una tappa obbligata del processo di digitalizzazione. Il canale digitale, infatti, può coesistere con un’erogazione analogica o parzialmente analogica. In questo caso, non si parlerà di switch-off, ma sarà stato comunque garantito all’utenza un accesso al servizio interamente indipendente dalla carta e dal punto di contatto fisico con l’Amministrazione.
Che caratteristiche hanno dunque gli Enti locali che scelgono lo switch-off? Per rispondere a questa domanda, un utile aiuto viene dalla cluster analysis condotta dall’Osservatorio sui risultati della survey, che ha consentito di categorizzare i Comuni rispondenti in tre gruppi omogenei, i cluster appunto:
- i beginners, ossia i Comuni che si trovano al principio del processo di digitalizzazione, tipicamente di piccole dimensioni;
- i digital believers, Comuni che hanno digitalizzano parte dell’interazione utenza-amministrazione, tendenzialmente di dimensioni medie;
- i digital champions, che hanno diversi servizi interamente accessibili online e sono per la maggior parte Comuni di oltre 40.000 abitanti.
Come mostra la Figura 2, i dati sulla diffusione delle iniziative di switch-off sono allineati a quelli sullo stato di digitalizzazione dei servizi: lo switch-off è una possibilità portata avanti dai Comuni soprattutto sui servizi alle imprese e, nel caso dei servizi al cittadino, nelle aree con utenza giovane. Emerge chiaro un forte divario tra i Comuni più attivi (il 18% facenti parte dei digital champions) e tutti gli altri (i beginners e i digital believers). Ai primi, infatti, si ascrivono mediamente l’87% delle iniziative di switch-off dei servizi al cittadino (con una variabilità tra il 57% e il 100% a seconda del servizio).
Figura 2 – Servizi oggetto di switch-off nei tre cluster di Comuni
Obbligo digitale: più vantaggi che disagi
E qual è la prospettiva dei Comuni italiani sul processo di digitalizzazione e sullo switch-off? Innanzitutto, è necessario evidenziare che, a dispetto di una disparità nella digitalizzazione e nella scelta dello switch-off, i Comuni si sono mostrati concordi nel ritenere che la digitalizzazione porti benefici soprattutto nei confronti dell’utenza, dal punto di vista della qualità del servizio erogato e della trasparenza (Figura 3).
Figura 3 – Opinione dei Comuni sulla digitalizzazione, dove 1=per niente d’accordo e 5 = molto d’accordo
Coerentemente, nella visione dei Comuni, i benefici generati da questo tipo di iniziative, ad esempio in termini di maggior semplificazione per il Comune, superano gli eventuali disagi creati alla cittadinanza “obbligata” a interagire con la PA solo attraverso il canale digitale (Figura 4). I cluster sono inoltre concordi nel ritenere che lo switch-off richieda supporto da parte dei propri fornitori e un progetto di cambiamento interno complesso. Proprio per questo sono viste come determinanti la volontà politica e ancor più quella della dirigenza. Più degli altri, sono i Comuni digital champions a vedere nello switch-off un’opportunità di semplificazione dei processi interni e, forse anche su questa scia, a ritenerlo un esito inevitabile in futuro, se non per tutti, perlomeno per diversi servizi erogati dalla PA.
Note
[1] I servizi alle imprese sono: SCIA SUAP, SCIA SUE, SCIA Eventi, Domanda di permesso di costruire, Richiesta di autorizzazione per l’organizzazione di eventi, Richiesta di occupazione di suolo pubblico. I servizi ai cittadini sono: Iscrizione mensa scolastica, Iscrizione asili e scuole comunali, Iscrizione trasporto scolastico, Richiesta certificato di nascita, Richiesta cambio di residenza, Richiesta iscrizione/cancellazione dall’Albo degli Scrutatori, Presentazione denuncia occupazione per tassa sui rifiuti, Prenotazione visite musei, Richiesta bonus energia, Richiesta contributo o sostengo economico alle associazioni senza scopo di lucro, Richiesta contrassegno di parcheggio per disabili.