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Innovare i servizi demografici per svecchiare la PA e l’Italia

I servizi demografici rappresentano un’area amministrativa particolare, che si occupa dei servizi essenziali del cittadino dalla nascita, al matrimonio, dalle unioni civili ai divorzi, dalla residenza alla carta d’identità per poi passare ai servizi dell’area elettorale. Ecco perché serve un vero rinnovamento digitale

Pubblicato il 01 Giu 2017

Alessandro Francioni

Dirigente Comune di Cesena - Settore Servizi al Cittadino e Innovazione Tecnologica 

identità digitale - digital wallet

In questi anni i Servizi Demografici sono oggetto di una forte attenzione del legislatore proprio perché è cresciuta la consapevolezza che in questo settore si collocano importanti scelte strategiche dell’Agenda Digitale Italiana che avranno ricadute fondamentali anche su altri settori della Pubblica Amministrazione.

La Carta d’identità Elettronica, l’ANPR (Anagrafe nazionale della popolazione residente), lo Stato Civile informatizzato, la trasmissione telematica delle comunicazioni demografiche fino al domicilio digitale rappresentano alcuni importanti esempi di progetti che rientrano nelle competenze di questa area amministrativa del tutto particolare in cui si sovrappongono le competenze del Ministero dell’Interno e il ruolo degli enti locali. Negli anni è cresciuta la professionalità degli operatori, anche grazie al ruolo propulsivo di una Associazione come l’Anusca che organizza ogni anno centinaia di iniziative formative su tutto il territorio nazionale, a partire dalla propria Accademia di Castel S.Pietro Terme; tutto questo lavoro “oscuro” ha consentito di delegare in questa area funzioni e competenze anche complesse, senza particolari disagi per i cittadini. Dal riconoscimento delle sentenze straniere ed europee in materia di filiazione e famiglia (superando le competenze delle Corti d’Appello), alle competenze sulla registrazione dei cittadini dell’UE. Dalle separazioni e divorzi, fino alle recenti unioni civili e convivenze di fatto.

Nel 2012 il legislatore ha compreso che se non si informatizza e centralizza la principale delle banche dati nazionali, quella che certifica i dati essenziali dei cittadini, dati che, ricordiamo, compaiono in tutte le restanti banche dati nazionali, il rischio è quello di rallentare tutto il processo di gestione dell’azione amministrativa. Il disallineamento ha ricadute sulla qualità dei servizi in termini di efficacia nel garantire i diritti e difficoltà nell’imporre i doveri.

I servizi demografici rappresentano un’area amministrativa particolare in quanto si occupa dei servizi essenziali del cittadino che riguardano i suoi eventi principali, dalla nascita, al matrimonio, dalle unioni civili ai divorzi, dalla residenza alla carta d’identità per poi passare ai servizi dell’area elettorale.

Proprio perché i servizi erogati intercettano la generalità dei cittadini, di ogni fascia di età, cittadinanza e ceto sociale, sono effettivamente i Servizi Demografici, il luogo ideale in cui misurare la qualità prodotta dalla nostra Pubblica Amministrazione Italiana. Tutti possono entrare in un ufficio Anagrafe per poter richiedere un certificato o una carta d’identità. Tutti hanno conosciuto, almeno una volta nella vita, un ufficio Elettorale dove richiedere una tessera elettorale non dimenticando che ci occupiamo dal punto di vista amministrativo, di tutti gli eventi principali nella vita del cittadino: dalla nascita, al matrimonio, dall’unione civile, al divorzio, dall’acquisto della cittadinanza italiana, fino al decesso.

Sviluppare in questa area un’importante azione di rinnovamento digitale, può consentire di far crescere il Paese, tutto insieme, da nord a sud. La tecnologia può accelerare vorticosamente questa distribuzione della qualità recuperando decenni di frattura tra uffici moderni e polifunzionali da una parte e polverosi locali in cui si respira l’area stantia di una pubblica amministrazione ben fotografata da Checco Zalone, nella scena dell’impiegato della Provincia. Ma attenzione, la tecnologia può anche accelerare il divario. Tra chi ha visione strategica e competenza rispetto a chi vive nel contingente. Tra chi ha risorse e chi non ne ha. Abbiamo bisogno di competenze; non basta scrivere che le PA devono avere un digital manager.

Oggi se vogliamo rimanere in Europa con orgoglio e autorevolezza, dobbiamo ripartire da tanti fattori. Uno è la nostra Pubblica Amministrazione. Per arrivare al Digital First e quindi far si che i cittadini abbiano un approccio inizialmente digitale nel presentare una domanda alla PA, dobbiamo lavorare su più fattori: Servizi; Strumenti di accesso; Banche dati abilitanti; Competenze.

Digitalizzare i processi non vuol dire necessariamente sviluppare servizi avveniristici super evoluti con integrati le banche dati. Questo è il traguardo finale di un percorso in cui si possono collocare tappe intermedie, non meno importanti, per garantire i diritti di cittadinanza digitale. Il Codice ci dice che il cittadino deve poter interagire informaticamente in un procedimento, o richiede dati o atti che lo riguardano. Nel Codice non c’è scritto che tutto deve avvenire in tempo reale, a portata di smart phone. Certo, poter contare su questa architettura a cui tutte gli uffici pubblici devono aspirare, non vuol dire rinunciare a sviluppare un approccio “digital first” anche per la pubblica amministrazione. Se i servizi si mettono online senza che l’ufficio li abbia metabolizzati, rischiano di divenire delle procedure parallele rispetto all’approccio “sportello”. È fondamentale che il personale sia consapevole e conscio delle procedure avviate, per essere i primi a promuoverle e sensibilizzarle.

Se dunque sviluppare on line i servizi è un percorso graduale, per avviare il processo basta applicare le norme vigenti che ritengono valida una istanza telematica se inoltrata con allegato la scansione della carta d’identità (articoli 38 DPR 445/2000 e 65 Dlgs 82/2005). Ma questo in realtà non avviene; forse per inconsapevolezza sia dei cittadini ma soprattutto degli stessi uffici che non promuovono buone pratiche quotidiane.

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