identità e firma digitali

Servizi fiduciari, se l’Italia azzoppa il mercato: ecco i rischi per gli operatori nazionali

La direzione intrapresa dallo Stato di costruire un’infrastruttura di wallet centralizzata solo indirettamente collegata alle identità digitali rischia di porre in una situazione di svantaggio gli operatori italiani e di azzoppare un mercato, quello della firma digitale, che al momento è il più avanzato d’Europa

Pubblicato il 28 Nov 2022

Stefano Quintarelli

Imprenditore digitale, già parlamentare e ideatore di Spid nel 2012

identità digitale digital

A meno di riallineamenti della rotta, l’Italia pare destinata a perdere il suo vantaggio competitivo relativo sui servizi fiduciari digitali (principalmente identità e firma digitale) a causa della direzione intrapresa dallo Stato di fornire direttamente un servizio che, in futuro, sarà gestito in Europa in regime di concorrenza di mercato.

Questa anticipazione, disallineata rispetto alla futura regolamentazione Europea sottrarrà mercato agli operatori italiani, che non potranno avvantaggiarsi della loro posizione attuale per rafforzarsi in vista della futura apertura del mercato alle Identità digitali europee e servizi connessi, ma che anzi si troveranno a competere con operatori di altri stati membri che nel frattempo, al contrario, si saranno rafforzati nei loro paesi di origine.

Nuovo regolamento eIDAS, verso l’Identità digitale UE: ecco la proposta

L’evoluzione dei servizi fiduciari nell’UE (regolamento eIDAS) comprenderà wallet digitali e una firma digitale qualificata direttamente legata alle identità digitali (che a loro volta saranno organizzate in un sistema federato).

Il mercato italiano della firma digitale è il più avanzato d’Europa

In Italia il mercato della firma digitale è il più avanzato d’Europa, con un know-how e una tecnologia di livello mondiale, e diversi operatori italiani già attivi in altri Stati dell’UE e in Sud America.

SPID, l’infrastruttura italiana per l’identità digitale, è un sistema federato con attualmente 10 Identity Provider operativi e un ecosistema di Service Provider molto ampio e in crescita, sia del settore pubblico che privato. L’Italia vanta (ad oggi) oltre 33 milioni di identità digitali.

La normativa italiana presenta alcuni elementi chiave e vantaggi rispetto ad altre normative simili in Europa

  • è un’infrastruttura federata pubblico-privata,
  • prevede disposizioni per garantire l’autosostenibilità del sistema (serve però un decreto per fissare la data di inizio),
  • include disposizioni per
      • I. identità individuali e aziendali
      • II. le attribute authorities (in fase di implementazione) e un
      • III. sistema di gestione delle deleghe (anche se migliorabile, in fase di implementazione);
  • consente una firma digitale qualificata basata sull’identità digitale.

Queste caratteristiche hanno posto l’Italia all’avanguardia nello sviluppo delle Identità Digitali, anticipando molte delle caratteristiche chiave della prossima normativa europea.

Questa sembrerebbe una condizione ottimale per portare grandi benefici all’industria italiana del Digital Trust, se non fosse per un dettaglio che potrebbe far deragliare molti degli sforzi fatti finora, esponendo potenzialmente l’industria al rischio di perdere non solo il relativo vantaggio competitivo per il futuro, ma anche di perdere terreno sul mercato attuale.

Perché l’Italia rischia di uscire dalla traiettoria di evoluzione dell’Ue

In ragione dell’assenza di una definizione dettagliata di ciò che dovrebbe fare l’app IO, c’è una tendenza a costruire accanto alle funzioni attuali un’infrastruttura di wallet centralizzata, gestita dallo Stato e collegata solo indirettamente alle identità digitali.

Una catena è forte quanto il suo anello più debole. Questa soluzione, se perseguita come sembra oggi, porrà l’Italia al di fuori della traiettoria di evoluzione europea, anticipando i portafogli digitali ma perdendosi gli innumerevoli benefici di una sana dinamica competitiva di mercato e in un modo che presenta criticità rispetto all’evoluzione del quadro normativo europea. L’effetto netto sarà una preemption del mercato da parte di un operatore statale che potrebbe (eventualmente) essere intaccata solo quando i danni al mercato si saranno verificati.

L’intervento dell’impresa di proprietà pubblica nel mercato di servizi digitali liberalizzati è già stato oggetto di una segnalazione al Governo da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, segnalazione che non ha sortito azioni correttive.

La Corte Europea di Giustizia si è già espressa contro simili tipologie di interventi a fronte di ricorsi da parte di concorrenti. Va detto che i ricorsi richiedono tempo e le alterazioni del mercato difficilmente possono essere sanate in tempi utili.

Conclusioni

È quindi molto probabile che le imprese italiane perderanno l’opportunità di capitalizzare i risultati ottenuti e gli sforzi fatti finora (e ne hanno fatti molti, finanziando tra l’altro il lancio di SPID, in attesa che il governo facesse la sua parte come previsto dal Codice dell’Amministrazione Digitale per determinare meccanismi di sostenibilità del sistema).

Non solo gli operatori di servizi fiduciari perderebbero il loro vantaggio competitivo relativo in un mercato di 470 milioni di utenti e 30 milioni di PMI, ma sarebbero in una situazione di svantaggio competitivo sul loro stesso territorio nazionale rispetto a fornitori di altri Stati membri.

Saremo attori o spettatori del crescente mercato della fiducia digitale? Dipenderà in larga misura dalle prossime decisioni del governo.

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