Circola in queste ore la versione definitiva del programma di governo M5S-Lega. Nelle stesse ore, l’ultimo indice DESI che ci inchioda in 25esima posizione su 28, per il digitale. Posizione invariata dal 2015. Una coincidenza temporale che obbliga a riflettere sulla nostra profonda incapacità di liberarci dal retaggio di Paese analogico.
L’assenza di visione politica per lo sviluppo digitale
Nel programma si trovano riferimenti alla cittadinanza digitale, al fisco digitale, al turismo digitale e persino alla scuola digitale (cit. ‘Un intervento importante dovrà riguardare l’innovazione didattica ed in particolare quella digitale. Sarà incentivata l’offerta formativa on line e telematica delle università statali attraverso finanziamenti finalizzati, nonché meglio regolamentata l’offerta formativa delle università telematiche private’); accenni alla Green economy, ai Big Data da sfruttare, alla Cyber security (purtroppo confusa con il cyber bullismo), al Fascicolo sanitario elettronico, così come all’Innovazione e ricerca da finanziare.
Ovvio che la declinazione in provvedimenti è tutta da definire e sostanziare con apposite coperture. Ed è anche evidente che manchi una visione complessiva sul digitale e la sua governance, che finora si è rivelato in Italia il tema politico più critico. Quello che finora di più ha impedito la realizzazione di progetti di Agenda digitale con impatto sui cittadini.
Per il digitale, il programma insomma sembra un pastiche di slogan con concetti copia-incollati. Senza un filo conduttore, una visione. Insomma, una politica. Manca una politica del digitale in Italia e non ci sono segnali che la situazione cambierà.
Guardando il bicchiere mezzo pieno, diciamo però che il digitale c’è, tutto sommato, nel programma di Governo e questo è un aspetto positivo che la politica prova a fare suo. Magari poi potrebbe anche declinarsi in un Ministero all’Innovazione? Chissà.
Indice DESI, siamo in ritardo e non miglioriamo
Tutto ciò avviene mentre lo spietatissimo DESI (Digital Economy and Society Index) ci inchioda al quartultimo posto fra i 28 paesi membri della UE per capacità (o meglio incapacità) di rendere il digitale profittevole, utile e strategico per la crescita del paese. Perdiamo un posto in connettività e capitale umano. La Commissione europea denuncia che le competenze digitali restano il nostro problema più grosso.
Politica senza visione e burocrazia frenano il digitale
Fra i colpevoli di tutto ciò non c’è solo la politica che non dispone di visione, lungimiranza e coraggio. C’è anche quell’incrostazione ormai ossidata e arrugginita che risponde al nome di ‘apparato’, ovvero la burocrazia e le sue menti che hanno trasformato l’occasione digitale in un puro adempimento normativo. La Pubblica Amministrazione insomma, quel Moloch (la grande entità che esige grandi sacrifici) che mai e poi mai rinuncerà al suo potere di veto sull’innovazione, rendendola ancora e poi ancora e ancora una volta rito amministrativo e adempimento burocratico.
Team digitale e sistema operativo del Paese
Quando nel 2016 Diego Piacentini iniziò a dare sostanza e obbiettivi al suo Team Digitale, coniò il termine Sistema operativo paese per significare l’importanza strategica dell’operato che si apprestava a compiere.
Un compito che andava svolto distaccandosi dalla PA: ‘system cannot be changed from inside’. Insomma come piace a me, con un po’ di sana Open Innovation, reclutando competenze, creatività e passione dal di fuori.
Cito dal suo manifesto (Dicembre 2016): ‘L’obiettivo che ci poniamo è quello di attivare un processo di cambiamento e di fare in modo che la digitalizzazione non sia più “straordinaria” ma diventi la normalità nella PA’ e ancora ‘l’innovazione non è un punto di arrivo ma un percorso continuo e non ci si può mai permettere il lusso di sentirsi arrivati: domani si deve sempre far meglio di oggi’.
Quali sono i prodotti digitali innovativi promessi?
Al netto degli applausi sinceri e dovuti, restano slogan, perché nei fatti ci era stato promesso altro, ovvero: ‘una serie di componenti fondamentali sui quali costruire servizi più semplici ed efficaci tra i cittadini, le imprese e la Pubblica Amministrazione attraverso prodotti digitali innovativi’.
Prodotti, si prodotti. E quando si tratta di prodotti è giusto immaginare qualcosa di tangibile, immediatamente fruibile e ovviamente performante.
Ma quali sono questi prodotti?
Lo so già, il giorno che ci incontreremo a ForumPA i ragazzi del Team Digitale ci mostreranno quello che hanno realizzato con passione e con grande tenacia (PagoPA, il DAF, le Linee guida per il design dei siti e delle app, SPID, il censimento DC, e la community dei developer e poi quella dei designer, ecc.). Tutte cose bellissime, ma B2B. O meglio G2G: Government to Government. Ovvero pezzi di un sistema operativo che la gente comune non usa.
Il sistema operativo vincente è quello che facilita le operazioni di tutti i giorni, quello che riduce il numero di azioni per raggiungere il risultato, quello leggero e veloce, quello che non richiede tempo e competenze per essere sfruttato al meglio.
I ragazzi, SPID e open data
Durante quell’incontro con il Team a ForumPA spero di riuscire a mostrare l’approccio di un diciottenne con SPID e il numero di passaggi per arruolarsi, autenticarsi e poi accedere a un servizio. Non credo sia solo colpa del Sistema Operativo, ma avremo modo di discuterne in quel panel a ForumPA.
Nel contempo, proprio in queste ore mi sono abbeverato alla fonte della giovinezza. Ho partecipato al Festival Galileo di Padova (Festival dell’innovazione dedicato agli studenti universitari a cui parteciperà oggi anche Diego Piacentini) e ho provato a chiedere ai ragazzi se sapessero cos’era l’Agenda Digitale. Poi ho chiesto se sapevano cos’era L’Open Data, o SPID, ecc: due, massimo tre mani alzate. Triste realtà.
Però sapevano tutto di Elon Musk, erano affascinati dal potere dei dati e dell’Intelligenza Artificiale. Vorrebbero servizi che comunicano solo come loro sanno comunicare (chattando o parlando) e non accedono mai e poi mai a un portale pubblico.